"Non possiamo accettare quanto deciso dalla Conferenza Stato-Regioni a proposito dei criteri fissati per le aree da inserire nella Carta degli aiuti di Stato. Il terremoto, che ha devastato il territorio aquilano ed ha fiaccato l'economia e lo sviluppo di un'intera regione, non puo' essere confinato a problema locale, lasciando agli amministratori regionali il compito di risolvere i grandi problemi ancora in attesa di soluzione. Il Governo italiano e l'Europa, per le proprie competenze, hanno il dovere di supportare con tutti i mezzi a disposizione il rilancio e la ricostruzione dell'economia, senza per questo penalizzare altri ambiti del territorio abruzzese".
A denunciarlo - in una lettera inviata al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi - il presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi. "Sta accadendo qualcosa di gravissimo", incalza il governatore ai microfoni di NewsTown.
Cosa, esattamente? La Conferenza Stato-Regioni ha bocciato la proposta avanzata dalla Regione Abruzzo di riconoscere, nella zonizzazione delle aree da inserire nella Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale, una quota di popolazione pari a 377mila abitanti. Proposta irricevibile, a quanto pare, perché sfora i parametri stabiliti nella Conferenza delle regioni, che prevedono un plafond massimo di 251mila abitanti per la nostra Regione. "Se passasse questa tesi - spiega Chiodi - ci troveremmo a dover escludere la città dell'Aquila dall'area che dovrebbe beneficiare delle risorse. Senza contare che verrebbe a interrompersi quel cammino di ripresa delle attività produttive che sta interessando le grandi imprese".
Cos'è la Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale? Ruota tutto intorno all'articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità Europea. Stabilisce che "salvo deroghe contemplate dal trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".
In sintesi: è vietato qualsiasi provvedimento che implica un trasferimento di risorse dello Stato o di altri enti pubblici a imprese, pubbliche o private che siano. A meno di deroghe. I paragrafi 2 e 3 dell'articolo 87, infatti, specificano un certo numero di casi in cui gli aiuti di Stato possono essere considerati ammissibili. Deroghe, appunto, che giustificano il controllo preventivo della Commissione Europea, previsto dall'articolo 88: "gli Stati membri debbono notificare alla Commissione qualunque progetto diretto a istituire aiuti prima di provvedere alla sua esecuzione".
Le disposizioni di deroga più rilevanti sono quelle di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera 'a' (aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita è assolutamente basso o con gravissimi problemi di disoccupazione) e 'c' (aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività e di talune regioni economiche). Possiamo distinguere tre principali categorie di deroga ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera 'a' e 'c': norme orizzontali, norme settoriali e aiuti regionali, che interessano in questo caso. Si tratta di aiuti concessi, a mezzo di leggi statali o regionali, al fine di favorire lo sviluppo delle Regioni o parti di Regioni considerate svantaggiate, attraverso incentivi iniziali delle imprese o, più raramente, tramite l'erogazione di aiuti al finanziamento. Ora, l'elenco delle regioni che possono beneficiare delle deroghe è stabilito dalla Commissione europea su proposta degli Stati membri.
Al fine di fornire un quadro complessivo delle zone che possono beneficiare di questa tipologia di aiuti, la Commissione adotta - per un periodo corrispondente al ciclo di programmazione dei fondi strutturali - la così definita Carta degli aiuti regionali contenente l'elenco delle regioni di uno Stato ammesse a beneficiare delle deroghe, in cui cioè possono essere concessi alle imprese aiuti pubblici agli investimenti, e i massimali d'intensità degli aiuti autorizzati, regione per regione.
Così è andata, fino a ieri. Per il ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2014-2020, infatti, ci sono delle novità: l'articolo 87, paragrafo 3, lettera 'c', assumerà una nuova veste secondo i dettami dell'articolo 107 del nuovo regolamento. A farla breve, l'Unione europea ha fissato per l'Italia il tetto massimo di popolazione di 2milioni e 700mila abitanti che godranno dei benefici della deroga all'impossibilità di godere degli aiuti di Stato, cambiando anche i criteri di individuazione delle aree. In precedenza la scelta veniva fatta su ambiti censuari, ora diversamente, le aree vengono individuate in base agli abitanti per comune.
Gli aiuti di stato potranno essere concessi a imprese i cui stabilimenti siano ubicati in aree considerate svantaggiate allo scopo di incentivare lo sviluppo regionale. In particolare, sono consentiti aiuti agli investimenti iniziali delle PMI in misura maggiorata di 10 punti percentuali rispetto a quanto è consentito nelle aree “non assistite”. Parallelamente, sono permessi aiuti alle grandi imprese fino ad un massimo del 10 per cento del costo degli investimenti iniziali purché questi siano finalizzati alla creazione di nuove attività economiche o alla diversificazione degli stabilimenti esistenti in nuovi prodotti o in nuove innovazioni nei processi. Un bel vantaggio, per i territori che avranno la fortuna di godere dei benefici.
E arriviamo alla 'questione' abruzzese. La Regione - in sede di tavolo tecnico - ha formalizzato la richiesta di rivedere la proposta di riparto decisa dalla Conferenza Stato-Regioni. Per l'Abruzzo, sono previste agevolazioni per una popolazione pari a 251mila abitanti sui 2milioni e 700mila totali. Cosa chiede il governatore Chiodi? Di espungere dal plafond imposto dall'Unione Europea gli abitanti del cratere sismico, stimati in 150mila unità. In parole povere: la Regione Abruzzo ha chiesto che per calcolare il riparto regione per regione venisse prima detratta la quota dei 150mila abitanti dei comuni del cratere, procedendo solo successivamente al riparto secondo i criteri individuati dal tavolo tecnico delle Regioni.
Dunque, la proposta: ai 2milioni e 700mila abitanti, sottraiamo i 150mila abitanti del cratere, per 'straordinaria' emergenza che ancora soffre il territorio sconvolto dal sisma del 2009. E poi suddividiamo i 2milioni e 550mila abitanti che restano regione per regione. In modo che il 'peso' della popolazione del cratere, venga sostenuto da tutte le regioni italiane, non solo dall'Abruzzo.
Come detto, la proposta è stata bocciata. All'Abruzzo - ad oggi - resta un plafond di 251mila abitanti. "Se passasse questa tesi - ha sottolineato Chiodi - ci troveremmo a dover escludere la città dell'Aquila dall'area che dovrebbe beneficiare delle risorse".
Gianni Chiodi sta sfidando il Governo. Nonostante il parere tecnico negativo, infatti, la Regione Abruzzo non ha intenzione di recedere dalla volontà politica di chiedere con fermezza la revisione della proposta di riparto della popolazione per le aree ammissibili al regime degli aiuti di Stato. Se L'Aquila è davvero una questione nazionale, lascia intendere Chiodi, la ricostruzione del tessuto economico del cratere non può essere liquidata come fatto locale, lasciando che sia la Regione Abruzzo a doverla sostenere. Pagherebbero duramente gli altri territori sofferenti della nostra Regione. Se L'Aquila è davvero una questione nazionale, "il Governo italiano e l'Europa, per le proprie competenze, hanno il dovere di supportare con tutti i mezzi a disposizione il rilancio e la ricostruzione dell'economia, senza per questo penalizzare gli altri ambiti del territorio abruzzese".
In caso contrario, la minaccia neanche troppo velata, "ci troveremmo a dover escludere la città dell'Aquila dall'area che dovrebbe beneficiare delle risorse". Così è scritto nella missiva indirizzata da Chiodi al premier Renzi.
Un braccio di ferro che ha delle evidenti implicazioni elettorali. Non è un caso che la questione sia esplosa a undici giorni dal voto. Chiodi sta sfidando il centrosinistra: dimostri di considerare L'Aquila una emergenza nazionale. "Incredibile che tra tanti paladini della città", sottolinea il governatore a NewsTown, "sia la mia Giunta a dover combattere questa battaglia. Mi meraviglio del silenzio assordante intorno alla vicenda. Eppure, il governo è guidato dal segretario del Partito Democratico, c'è un sottosegretario all'economia con delega alla ricostruzione del Partito Democratico (Giovanni Legnini, ndr), un grillo parlante in Senato come la Pezzopane, una vera e propria filiera. Che nulla - però - sta facendo per risolvere la questione".
Staremo a vedere cosa accadrà nelle prossime ore. E' certo, però, che il cratere non può pagare - ancora - scontri politici che poco hanno a che fare con il bene del territorio. E che potrebbero minare - definitivamente - le speranze di rinascita economica e sociale. Bisogna trovare una soluzione, e bisogna farlo in fretta.