L’ultimo autore protagonista di questa riflessione sulla prassi musicale nella novellistica minore è Masuccio Salernitano con la sua opera il Novellino, pubblicata nel 1476 dopo la morte dell’autore.
Masuccio Salernitano era lo pseudonimo di Tommaso Guardati, autore quattrocentesco, che è ricordato per questa raccolta di novelle che rappresenta anche l’unica sua opera.
Tommaso Guardati nacque a Sorrento intorno al 1410; durante la sua vita frequentò la corte aragonese svolgendo anche compiti diplomatici per Ferdinando I. Nel 1440 aveva sposato la nobile Cristina de Pandis da cui ebbe cinque figli, e dal 1463 fu segretario del principe Roberto di Sanseverino a Salerno dove morirà nel 1475.
L’ambiente umanistico napoletano fu sicuramente di stimolo al Salernitano che cominciò a scrivere novelle in volgare dedicate a esponenti della famiglia reale e a personaggi della corte aragonese e dove poté stringere amicizie non solo con nobili ed intellettuali napoletani, ma anche con letterati provenienti da altre città italiane.
La sua opera, di cui prima della pubblicazione circolavano novelle in forma sparsa, figura nel 1557 nell’Indice dei Libri proibiti promulgato dalla Santa Inquisizione Romana per il suo carattere fortemente anticlericale, sicché la circolazione dei racconti avveniva in forma semiclandestina.
Il Novellino si compone di cinquanta racconti divisi in cinque parti ognuno con un tema ed un prologo. Ogni novella è dedicata ad un personaggio della corte di Napoli ed è preceduta dall’esposizione dell’argomento e seguita da un commento di Salernitano in cui l’autore manifesta il significato morale della storia narrata.
La divisione dell’opera in decadi, con l’inserimento della cornice, nasce dal desiderio di emulazione del Decameron, del quale il Novellino riprende anche struttura e stile. Le cinque parti presentano cinque differenti argomenti che costituiscono il punto di partenza delle novelle di un dato gruppo.
Il primo ha per oggetto il clero regolare e secolare che viene spesso deriso e punito, il secondo gruppo presenta figure di mariti gelosi e mogli infelici che però spesso cedono ad astuti corteggiatori. Nel terzo sono messi in risalto i difetti delle donne. L’amore è protagonista del quarto gruppo che narra storie di amanti felici e amori tragici ed infine, nella quinta parte, al centro dei racconti c’è spesso una donna di origine nobile ed il finale è quasi sempre lieto.
Il pubblico a cui si rivolge Masuccio è costituito dalle dame e dai cavalieri della corte ai quali rivolge un messaggio morale facilmente riconoscibile. Si rileva inoltre che mentre rispetto al Salernitano per alcuni autori l’aspetto musicale, le danze ed i canti sono elementi indispensabili alla cornice che le conferiscono la facoltà di contestualizzare la narrazione nel tempo e nello spazio, nel Novellino i riferimenti musicali sono per lo più presenti all’interno delle narrazioni. Solo alla fine della cornice della terza parte c’è un breve accenno ad una «suavissima armonia de diversi istromenti, che dentro il giardino faceano accordante melodia» che conforta l’autore dalle sue preoccupazioni.
Il mondo in cui si muovono i personaggi del Novellino non è comunque avvolto nel silenzio; la vita quotidiana è infatti cadenzata e sottolineata da tipi differenti di suoni che segnano lo scorrere delle ore della giornata, così anche nell’opera di Salernitano campane e campanelle scandiscono la vita dei protagonisti delle novelle.
Ecco quindi frati e popolo chiamati a raccolta dal suono delle campane come ad esempio nella novella seconda e nella quarta: «E fatta sonar la campanella a capitolo, congregati insieme tutti i frati», «Onde veduto le brigate quest’altro manifesto miracolo, ciascuno territo e stupefatto – Iesú! Iesú! – similmente chiamava, e cui a sonar le campane correa».
Nella quinta novella è interessante come uno strumento, la cornamusa, diventa parte integrante della storia in quanto denota l’indole del suo proprietario, il sarto Marco, più incline al divertimento che al lavoro. Narra Masuccio che Marco infatti «si era dato ad andare per le feste, che in quelli lochi dintorno si faceano, sonando con una sua piva molto bella ch’egli avea».
La cornamusa è così presentata da Salernitano con la caratteristica di essere uno strumento musicale adatto ad un contesto festoso e alla realizzazione di brani strumentali con un forte impatto sonoro adeguato quindi a quelle situazioni che prevedevano il coinvolgimento di un gran numero di persone. Uno strumento perciò che non richiedeva un ascolto così raccolto e attento come quello che invece era rivolto alle esecuzioni di Francesco Landini nel Paradiso di Gherardi.
Nella XXIX novella Masuccio si diverte a giocare con l’equivoco creato dal nome della viella (strumento ad arco medievale) che, nella letteratura del Trecento e del Quattrocento, viene quasi sempre chiamata viola. Viola nella novella è invece una fanciulla e così l’autore si serve di questa omonimia per sviluppare un intreccio salace e divertente, non scevro da spiritosi doppi sensi. Le rubriche che introducono le novelle XXXVIII e XLVII segnalano, ancora una volta, l’uso degli strumenti per l’esecuzione di musica per danza; tra gli strumenti citati nella trentottesima novella è l’arpa che realizza questo accompagnamento musicale: «E cossí lui, sorta la barca, e presa l’arpa del suo missere, con nova melodia cominciò a sonare…a la suavitá de tale musica ferono de piú acconzi balli trivisani».