E' arrivato a L'Aquila giovedì 20 aprile, invece che il 23 marzo come era inizialmente previsto dal cartellone del TSA che lo ospita, e ha strappato risate alla platea dell'Auditorium della Guardia di Finanza: Maurizio Battista si è prodotto in racconti della sua Roma, tra politica e gente che la popola, aneddoti della propria vita privata e di quella pubblica, improvvisazioni col pubblico e barzellette. Tutto questo in "Che sarà? Boh!", il suo nuovo spettacolo.
Ho colto l'occasione per intervistarlo.
Ogni anno proponi a teatro uno spettacolo di cabaret differente...
M.B.: Differente, perdonami se ti interrompo, no! Perché io metto e levo, metto e levo, aggiungo... Cioè: uno spettacolo nuovo, totalmente, non si può portare. Uno spettacolo nuovo è un kamikaze!
Lo dicevo perché io leggevo i titoli dei tuoi spettacoli e mi ponevo il problema: chissà dove trova l'ispirazione per tutti questi sketch.
M.B.: No, se dura due ore e mezza, non può essere due ore e mezzo nuovo! Parliamoci chiaro: è un po' di classico, un po' di novità. E' un minestrone di cose, perchè lo spettacolo nuovo di due ore e mezzo ogni anno non ci riesce manco Proietti; e infatti non lo fa!
Lavori da tanti anni nel cabaret. Pensi che, come tipo di spettacolo, sia cambiato nel tempo?
M.B.: Be', è cambiato il pubblico soprattutto. Ormai il pubblico è svezzato, ormai il pubblico c'ha internet, ormai il pubblico legge su Twitter delle battute più comiche dei comici, perciò è cambiato il pubblico, non so se in meglio o in peggio, questo non me lo chiedere! Però è cambiato, è cambiato!
E il fatto che in televisione ci siano tanti show e talent per il cabaret, secondo te, ha giovato allo sviluppo del settore?
M.B.: No, negativo! L'ultimo "Eccezionale veramente", fatto in maniera scandalosa, l'hanno pure tagliato. Non è facile fare un programma di comici. E' che prima ti servono i comici. E dove li trovi i comici se non c’è una gavetta, se non c'è, diciamo, una scuola di vita che ti prepara? Il comico non è mica il metalmeccanico che ti metti lì, ti impari a fa' il torchio... Il comico è ispirazione, è un dono, è talento. E infatti gli ultimi spettacoli li vedi: anche "Made in sud" ieri sera, ha fatto un ascolto da schifo.
Tu come sei diventato comico?
M.B.: Be' è il carattere. Levando stasera che sto un po' giù di morale, ma le altre sere sono su di morale. E' il carattere. C'ho un carattere un po' solare, così, invento, guardo, osservatore... Chiamiamolo un 'talento'. Chiamalo il talento, chiamalo come ti pare, perchè vista la cultura che c'ho io non potrei neanche parlare per strada. Però poi il dono mi permette di intrattenere l'altra gente e divertirla.
Tra i comici quali sono quelli che a te fanno ridere?
M.B.: Ma, nessuno, proprio nessuno! Ma non è che te lo sto dicendo per fare la battuta è proprio che non c'è. E' che so' tutti tecnici. Cioè: uno che lavora con l'auricolare, uno che lavora col gobbo, uno che lavora col suggeritore che comico è? Perdonami, il comico è comico: è spettacolo! Entri e racconti le cose, no!? Che me serve l’auricolare? E’ come nella vita: per parlare c’hai l’auricolare? E certe cose li fanno diventare meccanici, li fanno diventare operai di questo lavoro e a me non mi piace. Io faccio l’improvvisazione... che stasera inizio e non so che cosa succede.
Hai lavorato molto anche al nord, in programmi come "Zelig" e "Colorado". Trovi che ci siano delle differenze fra il cabaret romano e quello milanese?
M.B.: Guarda, non lo so, perché io vado da Roma, da Latina in su, fino a Lugano arrivo, per dirti. E io trovo un pubblico eccezionale, in teatri eccezionali. Mi trovo benissimo. Se no non c’andavo. Se ci vado vuol di' che trovo un pubblico caldo, affettuoso, ride, capisce quello che dico, a differenza di molti romani. Capito? Siamo un po' prevenuti su certe cose. Io vado al nord con grande piacere e grande onore.