Riceviamo e pubblichiamo dal Coordinamento Via Roma - Santa Croce, la seguente nota:
L’Aquila, quartiere Santa Croce, una delle “Aree a breve” previste dal piano di ricostruzione della città, la prima che doveva essere ricostruita: mura e pietre squadrate emergono dal sedime di un cantiere di ricostruzione appena avviato (v. foto).
Ed ecco che tutto si blocca, basta un ciottolo e addio casa.
Dopo via Roma 207, archeologi al lavoro in questi giorni in un nuovo sventurato cantiere, in via Santa Croce ai civici 6 ed 8, in cui sono recentemente avvenuti ritrovamenti archeologici, presumibilmente riconducibili alle antiche mura urbiche ed al trecentesco convento adiacente alla chiesa di Santa Croce.
I due condomini oggetto delle nuove indagini archeologiche sono già nel decreto di vincolo gravante in maniera indefinita sull’area cosiddetta S. Croce-Porta Barete; decreti su cui pendono due ricorsi al Tar.
La Soprintendenza scriveva della presenza in quell’area dell’”antico convento”, “ahinoi, demolito per far spazio a due palazzine che, anche in quel contesto, avrebbero potuto avere maggior grazia”. E che “in una città ricostruita e da ricostruire risulta prioritario ricercare quanto è possibile conservare” .
Priorità alla ricerca ed alla conservazione, dunque: le famiglie, dopo 7 anni sfollate non dal sisma ma dai cantieri archeologici, si arrangino.
Il tracciato originale delle mura urbiche passerebbe proprio sotto i due condomini in ricostruzione, per i quali il Piano di ricostruzione del Comune dell’Aquila prevede un “progetto strategico”. Intanto le famiglie sono fuori casa: che sia questa la “strategia”?
Come è noto, le mura su via Vicentini, che tanto spazio hanno avuto sulla stampa, sono rifacimenti recenti, ed il restauro ne ha messo a nudo persino i rinforzi in cemento armato. Se alcuni concittadini, evidentemente privi delle enormi difficoltà quotidiane che affliggono gli aquilani da quel 6 aprile, si sono appassionati all'apertura di un varco da battezzare Porta Barete, che è diventata la soluzione di tutti i mali che affliggono la città dell’Aquila, la “brioche” lanciata in pasto dal re ai suoi sudditi, ora si coglierà il pretesto per riedificare l'antico convento al posto dei due sventurati condomini che avevano appena ricevuto dal Comune autorizzazione e contributi per ricostruire.
Spunterà un nuovo rendering, un mix di archi e finestre ogivali al posto delle abitazioni dei terremotati, con l'insegna dell'ennesimo caffè/pizzeria (unico tipo di edilizia che a L'Aquila si adatta al medioevo): “Bar Ete”.
Per la gioia della manciata di attivisti ed amministratori che al calduccio, nelle loro case già ricostruite, pontificano sulle case altrui, lamentandosi al contempo della desertificazione del centro storico.
Un intero quartiere paralizzato da una storia inventata dal nulla e che ora si trova nell'impasse più totale, nella prospettiva di restare un buco vuoto coperto da un telo bianco. Si costringono le persone ad andare via per stanchezza, facendo violenza sulle loro volontà.
Se non si darà finalmente priorità alle persone e se non si andrà a riavviare immediatamente la ricostruzione di tutti gli edifici, di Via Roma 207 e di via S. Croce, gli abitanti di un intero quartiere rischiano di essere sacrificati ad analogo destino di quelli di Pompei, ma attenzione: senza Pompei, bensì per una Disneyland - Las Vegas tutta aquilana!
In un Paese in cui si tutelano pietre, piante ed animali, non c'è tutela per le persone perseguitate che non hanno davanti a sé il tempo di aspettare il corso della giustizia.