Mercoledì, 30 Marzo 2016 02:47

Maxxi a L'Aquila, (forse) a fine anno. Sul museo tante ombre e poche luci

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Lo scorso ottobre Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali, ha annunciato l'apertura di una succursale del Maxxi - il Museo delle Arti del XXI secolo che ha sede a Roma - a L'Aquila.

Il nuovo museo sarà ospitato nei locali di Palazzo Ardinghelli, a piazza S. Maria Paganica, in pieno centro storico.

L'edificio, uno dei più begli esempi di barocco aquilano, è ancora in fase di ristrutturazione. I lavori, finanziati dalla Russia con una donazione di circa 7,2 milioni di euro (parte dei quali destinati anche al restauro della chiesa di S. Gregorio Magno), dovrebbero terminare nei prossimi mesi: “Se tutto va bene” afferma il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente “e non avremo problemi con gli allacci, il museo dovrebbe essere inaugurato per la fine del 2016”.

A gestire il nuovo spazio espositivo sarà la Fondazione Maxxi (ma, afferma il primo cittadino, anche il Comune vorrebbe avere voce in capitolo), ente privato che amministra già la sede di Roma.

Tra pochi giorni, un paio di settimane al massimo - fa sapere sempre Cialente - la presidente della fondazione, l'ex ministro Giovanna Melandri, sarà a L'Aquila per visitare Palazzo Ardinghelli e incontrare i rappresentanti istituzionali locali, con i quali, presumibilmente, parlerà di tutti gli aspetti dell'operazione che vanno ancora definiti.

Per ora, va detto, se ne sa molto poco. Non è ancora stato deciso, ad esempio, se il museo avrà una collezione permanente alla quale verranno affiancate, di volta in volta, mostre tematiche temporanee o se invece punterà più su queste ultime. Così come è ignoto, al momento, il budget sul quale il museo potrà contare, se sarà destinatario di trasferimenti specifici o se invece dovrà “accontentarsi” di una parte degli ingenti finanziamenti che lo Stato eroga al Maxxi di Roma.

La notizia dell'apertura del Maxxi L'Aquila è stata accolta con entusiasmo sia dagli amministratori locali che dai cittadini. “Un nuovo centro per l'arte contemporanea” aveva detto a ottobre, dando l'annuncio, Franceschini “contribuirà al processo di rinascita e rivalutazione del centro storico. Chiederemo a grandi artisti internazionali e istituzioni di donare un'opera per la sua collezione”.

Non è tutto oro, però, quel che luccica. Anzi, a leggere ciò che hanno scritto alcuni autorevoli esperti, quella del Maxxi è una storia fatta, finora, più di ombre che di luci. Tanto che viene da domandarsi se quel che sta per aprire all'Aquila sia la succursale di un museo di livello europeo o la filiale dell'ennesimo carrozzone italiano mangiasoldi.   

Trione: "Il Maxxi? Un'anomalia italiana che va sanata"

Poco meno di due settimane fa, il Corriere della sera ha pubblicato un articolo di Vincenzo Trione - critico, docente di arte e media allo Iulm di Milano nonché direttore di Valencia 09 e curatore di varie mostre in Italia e all’estero, colui al quale lo stesso Franceschini ha affidato il Padiglione Italia dell'ultima Biennale di Venezia – intitolato “Finanziamenti a pioggia al Maxxi di Roma. Un'anomalia italiana che va sanata”.

Riprendendo molte argomentazioni e informazioni contenute in un pamphlet scritto dall'economista Alessandro Monti (Il Maxxi ai raggi X, edito da Johan&Levi), Trione ha definito il Maxxi “una struttura che appare ancora irrisolta e incompiuta, che non ha ancora assunto un ruolo centrale nel panorama internazionale, con costi di gestione molto elevati, un personale gonfiato rispetto a qualsiasi analoga istituzione museale europea, spazi espositivi più scenografici che funzionali”.    

“Pur attivo e dinamico” scrive Trione “impegnato nell’organizzazione (un po’ frenetica) di mostre e di eventi (spesso dal carattere episodico), il Maxxi non è mai diventato davvero un luogo popolare. Ma, in fondo, questa non è una stranezza: in Italia i musei d’arte contemporanea non riescono mai a essere attrattivi per il grande pubblico. Il punto più delicato, però, è un altro: il Maxxi assorbe il 50% dei fondi del Piano per l’arte contemporanea approntato dal Mibact. Evidenti le conseguenze: la drammatica riduzione del sostegno riservato ad altre sedi museali d’arte contemporanea. Le ragioni di questo trattamento sono riconducibili al sistema di potere consociativo romano di cui il Maxxi è clamorosa (e inquietante) espressione”.

Monti: "Il privilegio di essere Maxxi"

Quella di Trione è un'analisi piuttosto severa. Ma val la pena leggere anche ciò che ha scritto nell'ottobre scorso (a pochi giorni di distanza dall'annuncio di Franceschini) Alessandro Monti, l'economista autore del già citato Il Maxxi a raggi X, Indagine sulla gestione privata di un museo pubblico.

Sono diverse le anomalie e le falle elencate da Monti. La più importante è proprio “il 'modello fondazione' scelto per la gestione, che” scrive l'economista “ha avuto esiti controversi e sollevato critiche da più parti, da ultimo anche dalla prestigiosa rivista Storia dell’Arte (n.40/2015) diretta da Maurizio Calvesi”.

“In un decennio” osserva sempre Monti “il Maxxi ha beneficiato di una spesa d’investimento amplificatasi a dismisura fino a triplicarsi: da 55 a 180 milioni di euro. Alla Fondazione è stata affidata la gestione di una struttura assai costosa per l’erario (11,7 milioni di euro i trasferimenti ne  2014, di cui 6,5 milioni di contributi), più scenografica che funzionale (appena 10mila mq l’area espositiva su un totale di oltre 21mila mq), sede di due musei sovrapposti alle attività della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea (Gnam) della quale è lasciato in abbandono l’ampliamento di ottomila mq. (Ala Cosenza)”.

Il commissariamento

La fondazione” prosegue Monti “si è rivelata uno strumento utile ad ampliare al massimo la discrezionalità e ridurre al minimo la trasparenza nei processi decisionali. Così la scelta di far amministrare un museo statale da un ente privato ha portato prima a squilibri di bilancio e al commissariamento nel 2012; poi, con il nuovo Cda, alla nomina di un segretario generale privo di esperienze museali e del cinese Hou Hanru, esperto di mostre, a direttore artistico, figura non prevista dallo Statuto e sovraordinata ai due direttori responsabili. Ne è derivata un’abnorme moltiplicazione di mostre ed eventi, con lo svuotamento del museo dalle collezioni permanenti per un anno”.


Una struttura costosa con poco appeal. Funzionerà a L'Aquila?

Alla luce delle analisi condotte da questi due autorevoli studiosi (ma si potrebbe citare anche il più lapidario giudizio di Tomaso Montanari, secondo cui il Maxxi è un "fallimento") la conclusione che si può trarre è che il Maxxi è una struttura molto costosa, finanziata con soldi pubblici ma gestita da un ente privato, con poco appeal sia in Italia che in Europa. Un luogo che finora ha funzionato soprattutto come "mostrificio" ma che non è ancora riuscito ad affermarsi, sempre per citare Monti, come istituzione capace di "favorire una creazione artistica genuina". La domanda che sorge spontanea è: potrà funzionare a L'Aquila quel che non ha funzionato a Roma?

Ultima modifica il Mercoledì, 30 Marzo 2016 22:31

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