Domenica, 03 Aprile 2016 22:50

Sotto il balcone crollato: CASE problema enorme per la città di domani

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Se ce ne fosse bisogno, la foto del balcone crollato a Cese di Preturo - il secondo, in due anni - è l'immagine plastica del fallimento della gestione post-sisma, a L'Aquila. Sette anni dopo, sta lì a rappresentare visivamente quello che è stato, meglio di tanti servizi televisivi e approfondimenti di stampa che, pure, torneranno a raccontare la città. Purtroppo, sta lì a rappresentare anche quello che sarà. Nei prossimi anni, infatti, il progetto Case sarà un problema enorme per la città, difficilissimo da gestire. Si dice da tempo, ora i nodi sono venuti al pettine.

A NewsTown, la dirigente Enrica De Paulis ha spiegato che saranno sgomberate altre 12 piastre, oltre alle 6 che erano già state evacuate a Cese di Preturo, Arischia e Sassa. L'ordinanza di sgombero riguarderà tra le 120 e le 150 famiglie. Complessivamente, dunque, saranno 18 le piastre sgomberate, in seguito alle analisi sugli edifici costruiti dalla stessa impresa di Cese di Preturo, dove si sono verificati i due crolli, l'uno a settembre 2014, l'altro ieri mattina.

Sei anni dopo la costruzione, il 10% dell'intero progetto Case è, dunque, inagibile, evacuato, sgomberato. Gli alloggi di "durevole utilizzo", 4.449 in 183 edifici sparsi su 19 quartieri, per una superficie occupata - comprensiva di opere di urbanizzazione - pari a 1.278.648 mq, costati fino al 158% in più rispetto ai prezzi di mercato, quasi 1 miliardo di euro, 350 milioni da fondi comunitari, presentano, in molti casi, enormi problemi strutturali che necessitano di importanti opere di manutenzione. Sono mal collegati tra loro e con la città, isolati in una enorme e dormiente periferia oltre la periferia. E sono stati acquisiti a patrimonio dal Comune dell'Aquila, che ne ha assunto totalmente gli oneri, senza che fossero neppure istruite le verifiche dovute sullo stato di costruzione degli alloggi, dagli isolatori ai balconi.

Una decisione irreversibile, e che segnerà drammaticamente il futuro della città e del comprensorio. Che fare, infatti, delle piastre sgomberate? In febbraio, il Consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno che impegna il Sindaco e l'amministrazione attiva ad elaborare un piano di abbattimento graduale, "nella misura e con le modalità derivanti da valutazioni di carattere urbanistico, sociale e demografico", e a farsi promotori, presso il Governo, "per il reperimento delle somme necessarie agli interventi". Cialente ha preso carta e penna e ha scritto al premier Matteo Renzi: "Cosa facciamo di questo progetto Case?", ha domandato. "Vogliamo parlare con la commissione europea e chiarire se le strutture sono nostre o meno?".

E' questo, il punto. Cosa facciamo del progetto Case? Chi garantirà al Comune dell'Aquila i fondi necessari all'eventuale dismissione delle piastre inagibili? E anche il Governo garantisse le somme necessarie, difficile immaginarlo, cosa impone l'Europa, che ha finanziato la realizzazione dell'opera per 350 milioni di euro? Di chi sono le strutture, si possono abbattere, oppure no? Tra l'altro, altre piastre necessiterebbero di una manutenzione straordinaria che, al momento, è in capo al Comune dell'Aquila. Dove prendiamo i soldi per ottemperare alle opere necessarie a mettere in sicurezza gli alloggi? "O il Governo garantirà un sacco di soldi per rimettere a posto in particolare gli alloggi dove ci sono i balconi pericolanti e nei quali si stanno incurvando anche i solai a causa delle infiltrazioni di acqua - ha scritto Cialente nella lettera a Renzi - o, in caso contrario, il Comune non li risistemerà". E quindi? Resteranno alloggi abbandonati, tutt'intorno alla città?

Ci sono altri problemi, di difficile risoluzione. 5mila isolatori sismici sui 7mila montati al di sotto delle piastre del Progetto Case, un problema tra gli altri, non sono omologati né omologabili. La società Alga spa - stando alle risultanze dei procedimenti avviati innanzi alla Procura della Repubblica - ha fornito 4896 isolatori sismici a pendolo scorrevole di tipo Algaped per un importo complessivo di euro 7.274.990,00 e, parte di questi, sono risultati inidonei e non funzionanti atteso che il campione testato non ha superato le prove rompendosi macroscopicamente. Altri, pur risultando idonei alle prove di funzionamento, non hanno risposto alle prescrizioni normative, sia in riferimento allo spessore minimo dell'acciaio, sia alle caratteristiche dell'acciaio fornito.

Che fare? Sono al sicuro - in caso di scossa violenta - le famiglie che abitano gli alloggi che insistono sugli isolatori non omologati e non omologabili? Non è chiaro. L'unica certezza è che sostituirli costerebbe 10 milioni di euro. Di nuovo: chi garantirebbe la copertura delle spese richieste?

C'è poi un altro problema: il mancato pagamento delle utenze ha generato un buco nei conti dell'Ente che si allarga sempre di più, a macchia d'olio. Vicenda spinosa, che abbiamo già trattato, e che si spiega a partire da una doppia premessa: la prima, lo scarso senso civico degli assegnatari del progetto Case e Map e, in particolare, delle famiglie più abbienti; la seconda, il disastro amministrativo, oramai conclamato, nella gestione del patrimonio lasciato in eredità dalla Protezione civile e, nello specifico, l'incapacità di far pagare a tutti gli assegnatari il dovuto per quanto effettivamente consumato.

Dal 2010 al 2015, le fatture relative ai consumi del progetto Case per il riscaldamento, la produzione di acqua calda e l'illuminazione delle parti comuni, ammontano a circa 19 milioni e 200 mila euro, per una media annua di 3 milioni, 700 euro l'anno ad alloggio. In realtà, nei costi sono ricomprese anche le spese di energia elettrica dei Map, pertanto le medie ad alloggio sarebbero più basse. Ad oggi, sono state emesse bollette per 16 milioni e 482 mila euro, con un incasso di 11 milioni e 759 mila euro. Nelle casse comunali, mancano 7 milioni e 441 mila euro: 2 milioni e 807 mila euro devono essere ancora emessi, non sono state ancora istruite le bollette in altre parole, 4 milioni e 723 mila euro si devono alla morosità dei cittadini assegnatari, attestata al 28.66%. E' interessante evidenziare che sul totale della morosità, circa l'83% è relativa ad assegnatari con fasce di reddito ISEE superiore ai 12 mila euro annui, mentre solo il 17% è addebitabile alla fascia di popolazione meno abbiente, con redditi inferiori.

Se è vero che c'è un alto tasso di morosità, in particolare tra le fasce più abbienti della popolazione che usufruisce, o ha usufruito, degli alloggi del progetto Case, è vero anche, però, che in questi anni l'amministrazione attiva ha gestito la vicenda in maniera disastrosa. Il buco nei conti pubblici si è aperto per una precisa scelta politica: le prime bollette, infatti, sono state inviate con colpevole ritardo, a partire dall'estate 2012, a elezioni celebrate. A dire che per oltre due anni si è deciso a tavolino di non far pagare le utenze agli assegnatari del progetto Case e Map. Di lì, una serie di scelte sbagliate hanno portato al disastro attuale: mega bollette da migliaia di euro recapitate ai cittadini, mancata lettura degli effettivi consumi di ogni alloggio, ammontare delle spese suddivise per abitazione e, dunque, a metro quadro.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti.

Come non bastasse, gli alloggi del Progetto Case dovrebbero avere consumi energetici sensibilmente inferiori ai limiti previsti dalla legge, in media 30% in meno, con punte di oltre il 40%", con un risparmio di 28.500 KW/anno per singolo edificio. Nel bando di gara, infatti, erano attribuiti 20 punti al rispetto dell’ambiente sui 65 totali assegnati agli aspetti tecnici (in efficienza energetica, qualità degli impianti e sostenibilità ambientale). Era garantito, inoltre, l'isolamento acustico e termico di tutte le abitazioni. E gli impianti di riscaldamento dovevano essere realizzati con le migliori tecnologie, per limitare il consumo energetico, con impianti a bassa temperatura. Invece, alcune palazzine mostrano consumi elevatissimi. E le differenze tra le piastre sono rilevanti. Il consumo di acqua va dai 3.600 Euro di una palazzina Iter (Sassa) fino ai 26.354 di un’altra della stessa tipologia Iter (Coppito 2), e viene da chiedersi, se non vi sia qualche perdita laddove il consumo è quasi 7 volte di più del minimo.

L’elettricità ha poi del paradossale: le quote da corrispondere raggiungono differenze pazzesche, da 5.000 a quasi 23 mila euro. Non solo: i piani terra delle palazzine, costruiti a ridosso dei garage e, dunque, non perfettamente coibentati, presentano una dispersione di calore del 40% maggiore rispetto ai piani superiori.

Proprio in questi giorni, dal primo di aprile, i conteggi dei consumi, sia per l'acqua calda che per il riscaldamento, dovrebbero tornare ad essere individuali, con la sostituzione di tutti i contatori e la telelettura. Si sta facendo, o il Comune dell'Aquila è in ritardo rispetto alla dotazione dei contatori negli alloggi del Case? Che poi, il problema non sono soltanto le utenze: ci sono ammanchi, in effetti, anche nei pagamenti dei canoni concessori. Dal 2011 al 2015, il canone concessorio dovuto ammonta complessivamente a circa 7 milioni di euro, in parte ancora da emettere. Ad oggi, risultano incassati circa 5 milioni di euro, con una morosità pari al 24%.

C'è tutto questo, e molto altro, dietro la fotografia del balcone crollato che, stamane, 'campeggia' su tutte le prime pagine dei quotidiani. La fotografia di quel che è stato, all'indomani del sisma, e di quel che sarà, nei prossimi anni, se non si prendono delle decisioni non più rinviabili. A sette anni dal terremoto.

Ultima modifica il Lunedì, 04 Aprile 2016 19:48

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