Mercoledì, 19 Ottobre 2016 15:44

'Casa Serena' di Fontecchio, l'arresto dei titolari: cosa sappiamo fino ad ora

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Ha suscitato scalpore l'arresto di Piero Melonio, 65 anni, e di sua moglie Gilda Bernabei, di un anno più giovane. Per la gravità delle accuse e perché la coppia era assai nota, non solo a Fontecchio dove vivevano.

Melonio, infatti, è rappresentante legale e direttore di due case di cura per anziani, una a Fontecchio appunto e l'altra a Rocca di Mezzo, entrambe gestite dalla onlus Casa Serena Santa Maria della Pace, di proprietà della fondazione Spes nostra di cui Bernabei sarebbe - ne sono convinti gli inquirenti - l'amministratrice di fatto.

Sono finiti in carcere con l'accusa - tutta da dimostrare, ovviamente - di aver sottratto 2 milioni di euro circa a tre anziani incapaci di intendere e di volere, affetti da schizofrenia o malati di Parkinson, ricoverati nella struttura di Fontecchio. Tre donne, le prime due decedute nel 2013, la terza nel 2015. In particolare, a Piero Melonio viene contestata la circonvenzione reiterata di incapace; alla moglie, l'impiego di denaro e altre utilità provenienti dall'attività illecita del marito.

L'inchiesta non sarebbe affatto conclusa: a quanto si apprende, infatti, sarebbero in corso altri riscontri sulle movimentazioni economiche dei conti correnti di altri cinque pazienti della casa di cura di Fontecchio, di cui Melonio risulta cointestatario. E c'è un terzo indagato, Sandro Battista, membro del Consiglio d'amministrazione della struttura sanitaria.

Le azioni criminose contestate

Come detto, a Melonio è contestata la circonvenzione reiterata di incapace: sfruttando l'infermità mentale dei tre pazienti e il fatto che non avessero parenti stretti che li assistevano, si sarebbe appropriato di tutti i loro averi facendo firmare loro una serie di atti aventi effetti giuridici e patrimoniali.

In particolare, per una delle anziane, affetta da schizofrenia accertata fin da aprile 2010, Melonio avrebbe acceso un conto corrente cointestato, nel 2011, su cui ha depositato 1.8 milioni di euro provenienti da un altro conto, intestato alla donna ovviamente, per mezzo di assegni circolari a lei intestati. Con i soldi, Melonio avrebbe investito in titoli e polizze assicurative, ricavandone 162 mila euro. Inoltre, avrebbe utilizzato più di 460 mila euro per pagare liberi professionisti e costruttori, per alcune lavorazioni.

Come non bastasse, il direttore delle case di cura si sarebbe cointestato, nel 2010, un libretto a risparmio con la donna: da qui, sarebbero stati effettuati prelievi, anche dopo la morte dell'anziana, per 23 mila euro circa. E ancora: alla fine del 2010, Melonio avrebbe fatto una donazione alla Curia di Teramo - estranea ai fatti - di terreni e fabbricati di proprietà della sfortunata anziana. Poi, nel 2015, avrebbe presentato innanzi ad un notaio un testamento olografo della paziente con cui si donavano ulteriori somme alla Curia di Teramo e alla fondazione Spes Nostra.

Con la seconda vittima di raggiro, invece, Melonio sarebbe riuscito a cointestarsi il conto corrente postale su cui veniva versata la pensione, sottraendo, prima della morte della paziente, 31 mila euro. Stesso meccanismo criminoso sarebbe stato messo in atto con la terza anziana, per 63 mila euro.

E la moglie, Gilda Bernabei? Perfettamente consapevole da dove proveniessero le somme di denaro, ne avrebbe speso una parte per pagare compensi e oneri previdenziali a professionisti che lavoravano per la struttura ma anche per realizzare una serie di lavori come l'installazione di un impianto fotovoltaico, la sostituzione degli infissi e il montaggio di una nuova cucina industriale.

La segnalazione

L'inchiesta è partita da una segnalazione della Banca d'Italia al Nucleo di Polizia valutaria delle Fiamme Gialle e da questo ai colleghi della Compagnia dell'Aquila per gli approfondimenti del caso. Ad insospettire i militari delle Fiamme gialle i cospicui trasferimenti di denaro da parte del Melonio.

Come mai gli indagati sono finiti in carcere? Il Gip ha disposto la misura cautelare perché le indagini non sono concluse e c'è il fondato sospetto che gli indagati potrebbero "sottrarre documentazione contabile relativa alla gestione delle due case di cura e documentazione sanitaria relativa agli anziani ospiti delle stesse", aiutati magari, dal personale dipendente delle due strutture.

 

Ultima modifica il Giovedì, 20 Ottobre 2016 09:09

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