Un accordo tra calabresi e siciliani per "spartirsi" Abruzzo e Molise. Ne parla la Direzione investigativa antimafia (Dia) nella relazione semestrale al Parlamento. Il documento [qui integrale] si riferisce al secondo semestre del 2016.
Nella relazione gli inquirenti citano più volte l'operazione "Isola Felice", che un anno fa portò all'arresto di 25 persone, a circa 150 avvisi di garanzia, con un dispiegamento di circa 200 carabinieri operativi in sei diverse regioni. Tra cui Abruzzo e Molise, appunto, terreno naturale (e di confine) per la criminalità organizzata originaria delle regioni a sud.
Le evidenze investigative emerse con Isola felice vengono definite dalla Dia come importanti tessere del mosaico espansionistico della 'ndrangheta, verso regioni "solo all'apparenza meno appetibili". Forte e "operativa" sarebbe la presenza del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (Crotone) nelle due regioni, con il capo 'ndrina che, prima di essere arrestato, aveva la propria residenza in provincia di Campobasso, e nel sud Abruzzo si era reso promotore di un'organizzazione composta sia dai "suoi" calabresi, che dal clan Marchese di Messina. Un sodalizio tra 'ndrangheta e mafia siciliana, insomma, per il controllo degli stupefacenti nel sud Abruzzo - nella zona del vastese - e per aprire un nuovo fronte nelle due regioni.
"Le indagini - si legge nella relazione - hanno ben delineato come la cosca Ferrazzo volesse ricompattarsi in Abruzzo, arrivando, appunto, in un'isola felice per rinsaldare le proprie attività criminali". I Ferrazzo si erano rafforzati in seguito alla "caduta" del clan Cozzolino, della camorra campana, che era precedentemente egemone in Abruzzo e fu fortemente ridimensionato a seguito dell'operazione Adriatico, anch'essa della procura distrettuale antimafia dell'Aquila.
Ma il dato rilevante è che per la prima volta la direzione nazionale parla di un'organica spartizione della "regione verde d'Europa" da parte di associazioni di criminalità organizzata ('ndragheta e mafia), che addirittura si accordano per un maggiore controllo del territorio.
Di questo ha parlato al Giornale di Sicilia anche l'ex procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci: "Non sorprende che la mafia si accodi
alla 'ndrangheta per cercare nuovi sbocchi ai propri interessi", perché secondo Agueci "non c’è guerra tra loro (mafia e 'ndrangheta, ndr) o con la camorra, altrimenti conteremmo i morti, ma gli equilibri si basano sui rapporti di forza che di volta in volta esistono. Ora è più forte la 'ndrangheta".
Impossibile non pensare alla ricostruzione dopo i terremoti del 2009 e quello, più recente, dello scorso gennaio. Ma la mente va anche agli ingenti fondi per il rimboschimento, che in molti imputano come movente degli incendi accesi nelle ultime settimane, in diverse zone dell'Abruzzo interno.
Non è un mistero la presenza di clan campani anche in zone periferiche (come la Valle Subequana), mentre in queste ore tanti in Valle Peligna parlano di una strategia dei roghi (finora purtroppo vincente) messa in pratica da professionisti.