Non stupisce affatto, quanto sta accadendo in città. Lo scriveva Marzio Barbagli più di dieci anni fa: laddove si crea dis-ordine e disorganizzazione, si possono rilevare condizioni oggettive di inciviltà tali da contribuire all’insorgenza, oltre che di fastidio, di irritazione, disgusto, repulsione e anche di un sentimento diffuso di insicurezza. I contesti analizzati dallo studioso erano le grandi città, i quartieri dove si determinavano significative ridefinizioni con processi di trasformazione dovuti a modificazioni del tessuto sociale.
A L’Aquila, i cambiamenti sono stati rapidissimi. Negli ultimi quattro anni, la città ha vissuto un profondo processo di trasformazione, disordinato e disorganizzato, dovuto al terremoto. Di qui, il senso di insicurezza. Lo racconta Sonia Stefanizzi in un bel libro pubblicato qualche mese fa, “Il teatro della sicurezza”: il sentimento del rischio non è legato a mere evidenze statistiche, o meglio non solo a quelle, ma dipende da un numero molto variegati di fattori. In primo luogo, l’alterazione della estetica urbana e i mutamenti demografici. Fenomeni che viviamo ogni giorno, in un veloce divenire. Il volto della città è profondamente cambiato e sono arrivati tanti cittadini stranieri, in cerca di un lavoro nei cantieri della ricostruzione. E’ ampiamente dimostrato che l’immigrato è più riconoscibile e, dunque, più facilmente indicabile come capro espiatorio: un circolo vizioso fatto di sovraesposizione e segregazione, oltre che di “paura del nuovo”, porta all’idea che lo straniero sia in qualche modo più colpevole a priori. Vederne arrivare in città così tanti, e così velocemente, non può che alimentare la diffusa sensazione di insicurezza. E non va sottovalutato neanche il ruolo dei media: l’insistenza sul racconto di crimini, contribuisce in massima parte a rinforzare lo stato di presunta emergenza.
Perché di questo stiamo parlando, di uno stato di presunta emergenza: nella giornata di ieri, il sindaco Massimo Cialente ha reso nota una tabella relativa agli atti delinquenziali verificatasi nel capoluogo, da tutto il 2007 sino al giugno del 2012. I dati sono pervenuti al Comune dell’Aquila a seguito di una richiesta specifica rivolta dal sindaco al Prefetto Alecci. Ed è interessante analizzarli alla luce delle notizie che circolano in queste ore: in molti centri del circondario aquilano, i cittadini si stanno organizzando per controllare le loro case ed evitare furti e rapine. Ebbene, lo conferma il Prefetto, la situazione non è particolarmente critica.
Il numero complessivo dei furti, nel 2011, è tornato ai livelli del 2007-2008. Scesi nel 2009, e si chiude così la triste pagine dell’allarme sciacalli scattata nei mesi che seguirono il sisma, i casi di furto sono aumentati nel 2010 fino ai 1252 del 2011. I dati relativi ai primi 6 mesi del 2012, sono perfettamente in linea con quelli dell’anno precedente. Sono aumentati, invece, i furti in abitazione: 391 i casi denunciati nel 2011, a fronte dei 195 registrati nel 2007. Le cose sono leggermente migliorate nel 2012.
Non si può non tenere conto, però, della specificità che L’Aquila sta vivendo: era preventivabile che i casi di furto aumentassero, visto che moltissime abitazioni private sono in stato di abbandono. Isolate, spesso, in vie buie. Un bersaglio troppo semplice per i malviventi. Anche il numero di rapine complessive, nel 2011, è tornato ai livelli del 2007. Nei primi 6 mesi del 2012 sono in leggero aumento. Preoccupano un pochino di più le rapine in abitazione: erano stati solo due i casi nel 2011, fino a giugno del 2012 invece se ne sono registrate già cinque.
L’evidenza statistica, però, non giustifica l’allarme scattato nelle ultime settimane. Oltre alle specificità della città, infatti, bisogna tenere conto del difficile momento economico che il paese sta attraversando. I dati diffusi dal Viminale parlano chiaro: in Italia, nel 2012, il totale dei furti è aumentato del 17,3%, quello delle rapine in abitazione del 25,8%.
Insomma, le cose a L’Aquila vanno meglio che nel resto d’Italia. Ci vuole grande attenzione, dunque, e un controllo del territorio più marcato. Senza lanciare pericolosi allarmi, però. La questione sicurezza deve essere analizzata con la massima razionalità, tenendo in considerazione le specificità del nostro territorio. I cambiamenti repentini che sta vivendo. Se si vogliono immaginare soluzioni che non scadano nella cultura del controllo ad ogni costo, bisogna ripensare modelli preventivi che sappiano ottenere livelli di sicurezza ottimali per la popolazione, evitando di amplificare le paure.