Perdita di due mesi di anzianità sia per aver svolto un'attività imprenditoriale, incompatibile con la sua attività di magistrato, sia per aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei giudici popolari del processo di primo grado sulla discarica Bussi, di cui lui era presidente.
E' la condanna inflitta dalla Sezione disciplinare del Csm al giudice Camillo Romandini, ora consigliere alla Corte d'appello di Roma, ma all'epoca dei fatti presidente della Corte d'Assise di Chieti.
Il cuore del procedimento disciplinare a carico del magistrato riguardava vicende legate al processo sulla mega discarica Montedison di Bussi sul Tirino (Pescara).
Quel processo celebrato a Chieti in primo grado si concluse con l'assoluzione di 19 imputati dal reato di aver avvelenato le falde acquifere, mentre il reato di disastro ambientale venne derubricato in colposo e, quindi, prescritto.
Una sentenza ribaltata in appello: all'Aquila fu riconosciuto l'avvelenamento colposo delle falde, seppure prescritto, e ci fu la condanna di dieci imputati per disastro colposo.
Il comportamento scorretto per il quale Romandini è stato condannato è legato a una cena a cui partecipò tre giorni prima della sentenza con gli altri giudici popolari.
A loro, secondo l'accusa, avrebbe "paventato infondatamente" le conseguenze dell'eventuale condanna degli imputati per disastro ambientale doloso invece che per disastro ambientale colposo, anche "mistificando gli effetti della normativa sulla responsabilità civile dei magistrati".
Romandini è stato invece assolto dalle accuse di aver in questo modo compiuto un'interferenza nell'attività di un altro giudice e di non essersi astenuto dal procedimento. Quest'ultima contestazione era legata all'ipotesi che qualche giorno prima della sentenza avesse anticipato il suo parere in una cena con il governatore dell'Abruzzo Luciano D'Alfonso.