Trentuno opere del pittore e monaco celestino Carl Borromaus Ruthart provenienti dal Museo Nazionale d'Abruzzo, saranno esposte al Museo Nazionale di Danzica dal prossimo 28 febbraio.
L'esposizione si colloca nell'ambito di un progetto avviato due anni fa con la Campagna di restauro dei dipinti di Ruthart su iniziativa di Lucia Arbace, direttore del Polo Museale dell'Abruzzo con l'obiettivo di documentare il fascino del periodo abruzzese del pittore polacco, che, fattosi monaco celestino, trascorse l'ultimo decennio della sua vita in Abruzzo a Sulmona e a L'Aquila, dove morì nel 1703.
Le opere in partenza per Danzica sono state realizzate mentre il pittore lavorava a Collemaggio. La maggior parte di esse non è mai andata in mostra, ed è stata sottoposta ad accurati restauri, grazie alla generosità di alcune associazioni e a risorse pubbliche, proprio per partecipare a questa esposizione.
Tutte aquilane le ditte esecutrici degli interventi di restauro: la Fidam- Federazione Italiana delel Associazioni degli Amici dei Musei, l'Associazione Aquilana degli Amici dei Musei, Italia Nostra - Sezione dell'Aquila "Carlo Tobia", il Serra Club International L'Aquila 444 e Circolo Aquilano e il Serra Club International L'Aquila 444 e Circolo Federico II.
"Dopo anni di successi come pittore di quel genere amatissimo dagli aristocratici del seicento che furono denominate cacce -spiega Arbace- Carl Borromaus Ruthart si fece oblato e poi monaco celestino. Tracce importanti della sua lunga attività, di fede e di arte insieme sono custodite ancora oggi nel Museo Nazionale d'Abruzzo, provenienti in gran parte dal Monastero di Santa Maria di Collemaggio: trenta dipinti tra bozzetti per il ciclo realizzato per la basilica aquilana, ritratti di celestini, paesaggi e nature morte, restaurati per l'occasione grazie al concorso di associazioni e di fondi ministeriali, sono proposti in mostra a Danzica dal 28 febbraio al 31 maggio 2019 assieme a molti altri in prestito da diversi musei europei, nella Green Room, il suggestivo refettorio dell'antico monastero che oggi ospita il Museo Nazionale".
"Si celebra così -conclude Arbace- un artista di grande valore, ammiratissimo e conteso dai collezionisti d'arte del suo tempo,assai apprezzato ancora oggi, il quale guadagnò la sua prima menzione ancora vivente nelle Memorie di viaggi per l'Europa cristiana del 1685. E fu proprio l'abate Pacichelli, autorevole fonte contemporanea, a coniare l'epiteto di pittore 'Celebre nelle cacce' e a tramandare la sua provenienza dalla città di Danzica".
All'esposizione di Danzica, farà seguito la mostra che verrà inaugurata il prossimo 22 giugno a Sulmona, all'Abbazia di Santo Spirito al Morrone.
Carl Borromaus Ruthart (1630-1703)
Carl Borromaus Ruthart è un artista misterioso. Della sua vita si conosce poco, in particolare della prima metà di essa. È stato un pittore ricercato ed ha rinunciato alla sua carriera all’apice della fama, per diventare monaco celestino.
Passò la maggior parte della sua esistenza in Italia, ma era nato a Danzica da cui si era allontanato giovanissimo per imparare il mestiere di pittore. Non ci sono tracce nella sua città natale, all’infuori di una lettera del padre al Municipio di Danzica, datata 1652. Qui Veit Ruthart chiedeva al Municipio di prendere posizione in merito all’eredità della moglie Anna, madre di Carl e dei suoi 4 fratelli. Carl (l’unico figlio ad essere citato per nome) viene descritto come un buon pittore operante a Roma. Il giovane artista abitava in Strada Felice (oggi Via Sistina), vicino alla chiesa di Trinità dei Monti, dove si trova la celebre scalinata di Piazza di Spagna. Sappiamo che tre anni dopo si era ormai già trasferito a Venezia, come testimonia la firma apposta sul bozzetto raffigurante Cane a riposo del Museo Nazionale di Danzica. È difficile, tuttavia, dire quanto tempo sia rimasto nella città lagunare. La sua carriera fiorì negli anni intorno al 1660 e i suoi dipinti divennero popolari presso le classi più elevate della società dell’epoca, come è attestato dalla presenza di sue opere in molti palazzi nobiliari del Sacro Romano Impero, ovvero gli odierni stati di Germania, Austria, Repubblica Ceca, Ungheria.
Nel 1664-1665 fu citato in qualità di membro della Corporazione dei pittori di Anversa e, in seguito, lavorò a Ratisbona e a Vienna.
Nel 1670 aveva già cambiato vita rinunciando alla carriera; a Roma prese i voti come monaco celestino con il nome di Frate Andrea. Dopo aver dimorato presso il Monastero di Sant’Eusebio, si traferì al Monastero di Santa Maria di Collemaggio all’Aquila; frequentando anche l'Abbazia di Santo Spirito al Morrone a Sulmona. Trascorse in Abruzzo il resto della sua vita fino alla morte nel 1703.
Scegliere l’Ordine celestino non fu certo un caso: San Pietro Celestino, fondatore dell’Ordine, era stato un eremita, diventato papa fu il primo ad abdicare al soglio pontificio, rinunciando a onori e privilegi per una vita spirituale.
Carl Borromaus Ruthart fu un appassionato pittore di animali, specializzato in scene di caccia o di combattimento, temi molto popolari tra l’aristocrazia del tempo. Dipinti con tali soggetti erano destinati principalmente a decorare le sale dei palazzi. Le sue opere rivelano due tipi di rappresentazione: scene con predatori esotici, per esempio la Lotta tra un orso e un leopardo del Museo Nazionale di Danzica, eseguito tra il 1665 e il 1667. L’altro tipo è quello cosiddetto delle “cacce nobili”, con animali da preda, in cui le armi sono utilizzate soltanto per strappare gli animali alla sofferenza. Tali dipinti rappresentano, di solito, il momento drammatico in cui il cane è sul punto di catturare la preda. Una caccia di questo tipo è quella raffigurata in dipinti quale la Lotta tra orsi e cani del 1667, presso la Galleria Nazionale di Lubiana
L’artista era un acuto osservatore del mondo animale, che aveva forse osservato direttamente presso i suoi committenti o nei territori dove visse.
Nei dipinti di Ruthart la natura è una forza inarrestabile, con ammassi di rocce, quasi completamente privi di vegetazione e animali in lotta su questo sfondo provocano quasi una sensazione d’ansia. L’artista dipingeva paesaggi simili anche nelle opere a carattere religioso.
Ruthart continuò a dipingere come Frate Andrea. Vicino a paesaggi e immagini di animali, cui non rinunciò mai, dipinse scene religiose, tra cui soprattutto scene legate alla vita di San Benedetto. Del resto l’ordine celestino fu fondato secondo la regola di San Benedetto, un legame celebrato da Ruthart nel suo San Benedetto dispensa la regola all’Ordine celestino. L’artista dipinse anche scene della vita del santo, ad esempio, il suo ultimo incontro con la sorella Santa Scolastica: Scolastica aveva presagito che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro e aveva supplicato Dio di scatenare una tempesta, in modo che Benedetto non potesse tornare a casa e fosse obbligato a trattenersi ancora un po’ di tempo (San Benedetto bloccato da una tempesta impetrata da Santa Scolastica)
Alcuni dei dipinti raffigurano San Pietro Celestino, fondatore dell’ordine. Rappresentano scene tratte dalla vita dei santi eremiti che, di solito, addomesticano animali feroci o impediscono che altri animali vengano uccisi (San Fiorenzo affida il gregge alla custodia di in orso, Sant’Egidio salva una cerva dai cacciatori), il motivo dominante è l’ispirazione divina che permette ai santi di controllare le forze della natura.
La convenzionalità di questi dipinti trae origine dalla loro funzione: sono bozzetti preparatori utilizzati per realizzare i dipinti per la Basilica di Santa Maria di Collemaggio a L'Aquila. La chiesa fu fondata da Pietro dal Morrone, in seguito Papa Celestino V. Dipingendo frammenti di animali e paesaggio Ruthart trasformò i suoi primi interessi adattandoli alle immagini funzionali al messaggio che ordine intendeva divulgare.
Ruthart fu un artista di successo nel corso della sua vita, i suoi dipinti decorarono pareti di palazzi e ora appartengono a molti musei e spesso compaiono sul mercato antiquario. Ad ogni modo, la maggior parte di essi non è firmata e l’attribuzione è incerta.