“La Lopav Pima spa, azienda bergamasca leader nel settore delle pavimentazioni industriali e civili, si è aggiudicata l’appalto per il progetto C.A.S.E. all’Aquila, che prevede la costruzione in tempi record di 500 alloggi da destinare agli sfollati del terremoto dello scorso 6 aprile. Lopav dal 22 luglio scorso sta eseguendo la fornitura e la posa del cellulare alleggerito e delle caldane di sabbia e cemento degli appartamenti. Si tratta di un lavoro particolare, non solo perché gli alloggi daranno finalmente la serenità che manca da tempo a migliaia di persone, ma anche perché c’è la necessità di fare bene e in fretta. Lopav per questo ha messo in campo tutte le sue forze, i suoi mezzi e i suoi uomini migliori per consegnare al Ministero degli Interni le abitazioni il prima possibile”.
Così scriveva sul suo sito internet, nell’agosto del 2009, la nota azienda bergamasca. Un’azienda che si è espansa in pochissimo tempo, un boom pubblicizzato senza timore e amplificato dai lavori a L’Aquila. Un primo subappalto da 500 mila euro, firmato il 18 settembre 2009 per sottofondi e posa di pavimenti esterni. E, poi, una estensione del subappalto per 400 mila euro.
La Lopav è finita nel nuovo libro di Roberto Saviano, “Zero Zero Zero”: a pagina 276, si legge che è gestita da uno dei figli di Pasquale Locatelli, uno dei più importanti broker di cocaina che ha commerciato e trattato decine di tonnellate di polvere bianca con i narcos colombiani. Noto nell’ambiente come “Mario di Madrid”, a conclusione di una indagine iniziata cinque anni prima, viene arrestato in Spagna nel giugno 2010. Era latitante, dopo essersi sottratto all’esecuzione di una sentenza di condanna definitiva inflittagli per il coinvolgimento nel mercato illecito campano. Era legato a doppio filo al clan camorristico dei Mazzarella, che alla fine degli anni ’50 ha iniziato ad imporsi sulla scena criminale con le “paranze” del contrabbando di tabacco e che è stato protagonista, alla fine degli anni ’90, della terribile faida con l’Alleanza di Secondigliano.
Secondo la direzione distrettuale antimafia, che ha condotto l’operazione “Box”, anche l’azienda del figlio sarebbe coinvolta nel traffico di coca e denaro. Tanto che, dopo aver terminato i lavori a L’Aquila, nell’ottobre del 2010, gli uomini della Dda di Napoli hanno arrestato Patrizio Lovatelli, figlio di Pasquale e titolare della Lopav, con l’accusa di riciclaggio per aver ricevuto dal padre 290mila euro in contanti. Soldi che, secondo gli inquirenti, erano frutto dell’attività illecita del “Mario di Madrid” e dovevano essere investiti in lavori qui in Italia. La difesa di Locatelli ha invece sempre sostenuto che parte dei soldi erano stati utilizzati per pagare gli avvocati e parte per appianare i debiti di una società che poi chiuse i battenti. In galera è finito anche Massimiliano, l'altro figlio di Pasquale, per essere stato incaricato dal padre di consegnare denaro ad un uomo di fiducia spagnolo.
Le quote di Patrizio Locatelli nella Lopav-Pima vengono sequestrate, immediatamente dopo l'arresto, e affidate a un custode giudiziale. La vicenda non si è ancora conclusa. Il titolare della Lopav, però, non è più in carcere, è tornato in libertà ormai due anni fa, dopo 6 mesi di custodia cautelare. E ha intenzione di querelare Saviano, perché “quanto scritto nel suo libro è falso”.
Formalmente, risulta ancora indagato per riciclaggio, ma da tempo le sue quote societarie sono state dissequestrate e l'imprenditore è potuto tornare al timone della Lopav. L'azienda - con sede a Ponte San Pietro - è stata passata ai raggi "x" dalla Guardia di Finanza e sottoposta a perizia, senza che le autorità siano riuscite a riscontrare - stando a quanto trapelato - movimenti di denaro di sospetta provenienza illecita.
L'azienda, in sostanza, è risultata pulita, tant'è che Locatelli ne è potuto tornare al timone. Ora per la Lopav è in atto una procedura di concordato in continuità, accolta dal Tribunale, volta a ripianare i debiti e far proseguire l'attività. "Nel libro di Saviano – scrive l'avvocato Federico Cecconi, di Milano, che tutela l'azienda bergamasca - si dà per acclarato che la Lopav sia stata alimentata da soldi provenienti da attività illecite: questo è un falso storico". Di qui la decisione di querelare lo scrittore.
L’azienda, in passato, ha già querelato alcune testate giornalistiche che avevano ipotizzato un legame tra la Lopav, la criminalità organizzata e la scomparsa della giovane Yara Gambirasio. In particolare, si accennava a legami fra la Lopav e Fulvio Gambirasio, il papà di Yara.
Lo stesso Saviano, nel suo libro, sostiene che Fulvio Gambirasio avrebbe testimoniato in un processo contro Pasquale. E nel corso della trasmissione tv «Chi l'ha visto?», di recente, sono state mostrate le foto di una festa che la Lopav organizzò nel settembre 2010 per i suoi dipendenti e le loro famiglie, a cui presero parte 250 persone, e anche diverse autorità fra cui i magistrati Angelo Tibaldi, Carmen Pugliese e Mario Conte. Erano i giorni dei primi soldi arrivati da L’Aquila.
Mercoledì, anche il quotidiano «Libero» ha pubblicato le foto. "Erano occasioni in cui si invitava moltissima gente - ha dichiarato Patrizio Locatelli - c'erano i dipendenti con le loro famiglie, persone a cui ero legato da amicizia a prescindere dal loro ruolo, ma anche associazioni di ragazzi down. Erano solo momenti conviviali, non c'era nulla di male".