Che i numeri diffusi giornalmente dalla Protezione civile nel punto stampa delle 18, quelli certificati, siano largamente approssimati per difetto, sia per le persone contagiate che per i deceduti, è oramai chiaro a tutti; stamane, però, è arrivata una conferma anche dal capo Dipartimento Angelo Borrelli, commissario straordinario dell'emergenza. 

Intervistato da Corrado Zunino su Repubblica, Borrelli ha detto di ritenere credibile che il numero dei contagiati non censiti sia dieci volte superiore ai 63.927 casi finora registrati; d'altra parte, le diverse scelte e politiche regionali su quanti test eseguire e a chi sta determinando l'impossibilità di delineare un quadro puntuale della situazione: molte persone si ammalano o muoiono a casa, contagiate dal virus, senza che possano essere conteggiate nei dati ufficiali.

Uno stralcio dell'intervista di Zunino.

Il rischio, con i giorni, è diventato molto alto. In Lombardia ci sono stati ritardi e impreparazioni? I clinici hanno perso presto il controllo dei pazienti contagiati.

“Il numero dei casi lombardi è stato subito soverchiante, i medici si sono buttati nella cura e non hanno avuto più tempo di fare indagini. Fin dall’inizio, va detto, ci sono stati comportamenti pubblici che hanno alimentato il problema nazionale”.

Commissario, 63 mila contagiati contati in Italia. Quanti sono, in verità?

“Il rapporto di un malato certificato ogni dieci non censiti è credibile”.

Sono 600 mila, un numero impressionante. Di fronte a questo dato e alle difficoltà di controllo in Lombardia, ha senso offrire ogni sera alle 18 i numeri di positivi, nuovi positivi, deceduti e guariti?

“Mi sono posto anch’io il problema e ricevo molte mail che mi chiedono di fermarci. Possono essere dati imperfetti, ma dal primo giorno ho assicurato che avrei detto la verità, è un impegno che ho preso con il Paese. Se ora ci fermassimo ci accuserebbero di nascondere le cose. E poi eravamo in mano alle singole Regioni, ai numeri degli assessori alla Sanità. Nelle prime settimane è stato il caos. A fatica siamo riusciti a ricondurre i governatori alla ragione, adesso non possiamo fermare questo appuntamento nazionale”.

Nel corso dell’intervista Borrelli ha anche citato alcuni comportamenti sociali che nelle settimane scorse "sono stati decisivi" per la diffusione dei contagi in Italia: tra questi, il commissario ha parlato di una comitiva proveniente dal Lodigiano – zona in cui la diffusione del virus ha avuto inizio in Italia – che lo scorso 23 febbraio era andata ad Ischia, portando il virus sull’isola, e di ventinove bergamaschi che erano andati in vacanza in Sicilia, causando i primi contagi a Palermo. Dunque, il capo Dipartimento della Protezione civile si è soffermato sulla partita di Champions League Atalanta-Valencia, giocata il 19 febbraio allo stadio San Siro di Milano; da giorni si dice che la partita, a cui parteciparono circa 40mila tifosi bergamaschi, potrebbe essere stata la causa della diffusione di molti contagi in Lombardia: "Potenzialmente è stato un detonatore, ma lo possiamo dire ora, con il senno di poi", ha detto Borrelli.