Giovedì, 16 Aprile 2020 20:20

Il coronavirus ferma anche il Rito dei Serpari a Cocullo

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Con una lettera aperta, il parroco don Daniele Formisani, il sindaco di Cocullo, Sandro Chiocchio e il presidente della Pro Loco, Mario Dante Marchione, annunciano che quest'anno anche il tradizionale Rito dei Serpari, in onore di San Domenico abate, non si svolgerà a causa dell'emergenza coronavirus.

Unica nel suo genere e rinomata in tutto il mondo, oggetto di studi dei più importanti sociologi e antropologi, dopo centinaia di anni, la Festa dei Serpari non sarà celebrata.

"Il Primo Maggio" si legge nella lettera "sarà una data che tutti ricorderemo per la mancata festa a San Domenico, che verrà vissuta nella sua essenzialità senza l'atmosfera che ne caratterizza e connota l'unicità e la bellezza, una data che dobbiamo pensare possa rappresentare un nuovo inizio per ciascuno di noi con l'auspicio di poter ricominciare, più forti di prima, a vivere sotto lo sguardo benevolo del nostro Protettore".

La lettera

Il Primo Maggio, per i cocullesi e per tutti i devoti a San Domenico Abate, è una data importante. A Cocullo, da centinaia di anni in questo giorno, festeggiamo il nostro Santo, mirabile per la sua fedeltà al Signore che gli ha meritato prodigi a favore del popolo. In tanti ricorrono qui per pregare avanti all’immagine del Santo e invocare protezione per qualunque necessità ma soprattutto “dal morso di animali velenosi”. Per questo ogni anno rinnoviamo il rito “dei serpari” che porta nel nostro piccolo centro migliaia di fedeli e devoti, molti dei quali ormai sono parte integrante della comunità.

Abbiamo celebrato da poco una Pasqua insolita a causa della pandemia da coronavirus, insolita per quanto riguarda la tradizione, i riti esteriori, ma allo stesso tempo è stata vissuta nella sua essenzialità, con le celebrazioni liturgiche all’interno delle Chiese senza il popolo, ma seguite con devozione dall’interno delle abitazioni.

E’ un tempo difficile quello che sta attraversando il mondo, papa Francesco nella riflessione del 27 marzo scorso ebbe a dire: “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda.”

Tutti in questo momento siamo accomunati da un unico scopo, quello di poter uscire il prima possibile da questa emergenza né vincitori né vinti, ma consapevoli di essere uomini e donne che non si arrendono e hanno nel cuore quella grinta capace di infondere la forza per “risorgere” e dare inizio a un cammino diverso. Un cammino fatto di collaborazione, solidarietà, di speranza, un percorso che non si lascia ostacolare da discordie, liti e gelosie, ma per cui tutti insieme sentirci popolo che sa donare vita ad ogni cosa seguendo gli insegnamenti e l’esempio del nostro Patrono.

Saremo sfortunatamente i primi a raccontare di quella volta che, a causa di una maledetta epidemia, San Domenico non potè essere accolto sul sagrato della chiesa dai serpari e da una moltitudine di devoti in festa, accompagnato per le vie del paese dai canti struggenti delle compagnie e dalle musiche tradizionali che rappresentano la colonna sonora di quello che per noi cocullesi è, e sarà sempre, il giorno più bello dell’anno.

Il Primo Maggio 2020 allora, sarà una data che tutti ricorderemo per la mancata festa a San Domenico, che verrà vissuta nella sua essenzialità senza l’atmosfera che ne caratterizza e connota l’unicità e la bellezza, una data che dobbiamo pensare possa rappresentare un nuovo inizio per ciascuno di noi con l’auspicio di poter ricominciare, più forti di prima, a vivere sotto lo sguardo benevolo del nostro Protettore.

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