Sabato, 31 Maggio 2014 06:38

Dagli sfollati alle politiche sociali: come normalizzare il Progetto case

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Volente o nolente, le diciannove aree del Progetto Case e gli alloggi Map esistono. Costruite dallo Stato durante il governo Berlusconi, rappresentano oggi un ingente patrimonio immobiliare di proprietà del Comune dell'Aquila.

Man mano che la ricostruzione prosegue, gli alloggi (poco meno di 5mila) molto lentamente si svuotano e, per questo, sono necessari criteri di assegnazione diversi da quelli che furono stabiliti, durante lo stato di emergenza, cinque anni fa. Criteri che implichino sempre di meno lo status di cittadino assistito in seguito al sisma, e che considerino sempre di più parametri di valutazione legati alla condizione reddituale e sociale dei richiedenti. Case e Map, insomma, rappresentano un'opportunità, per l'amministrazione comunale e per tutta la comunità, di rispondere ai bisogni emersi con la pesante crisi economica e sociale, ancora in corso. Possono fungere, inoltre, da strumento di calmierazione degli affitti che, come noto, hanno raggiunto prezzi elevatissimi dopo il sisma, e che sono parzialmente scesi solo negli ultimi mesi.

Lo scorso anno l'Assessorato all'assistenza alla popolazione ha stabilito nuovi criteri di assegnazione degli alloggi di Case e Map. E' stato un primo passo verso la conversione del patrimonio immobiliare a disposizione del Comune. I nuovi criteri riguardavano soprattutto due macroambiti: le giovani coppie e le cosiddette "fragilità sociali". Se ne è discusso durante il corso della terza Commissione consiliare del Comune (politiche culturali, sociali e formative), presieduta da Adriano Durante. Presente all'incontro anche l'assessore all'Assistenza alla popolazione Fabio Pelini e la neo dirigente a incarico del settore Dania Aniceti, insediatasi da poco più di un mese.

Da quando è stato adottato il provvedimento che inseriva i nuovi criteri, sono stati assegnati 115 alloggi a giovani coppie. Il requisito stabiliva che, all'interno della coppia, almeno una delle due persone che si era precedentemente "disaggregato" dal proprio nucleo originario avesse una casa inagibile.

"Abbiamo dovuto dire stop alle domande (nello scorso settembre, ndr) perché erano troppe – ha affermato Pelini – anche chi non aveva i requisiti ha fatto richiesta per un alloggio, e per questo abbiamo dovuto schedulare le domande attraverso una verifica dei requisiti. C'erano moltissime richieste da evadere, perciò abbiamo chiuso i termini. Per non alimentare speranze e vane attese".

Per quanto riguarda la richiesta di alloggi da parte della cosiddette "fragilità sociali", invece, sono state soddisfatte 52 richieste. I termini sono tuttora aperti – e lo rimarranno fino al prossimo 22 agosto – e persistono ancora circa 180 domande da valutare, cui si sommeranno quelle che arriveranno da qui alla fine dell'estate.

La novità è rappresentata dall'annuncio in commissione, da parte di Pelini, della riapertura dei termini e della definitiva conversione (almeno nelle intenzioni dell'amministrazione) sulla destinazione degli alloggi dell'immenso patrimonio Case e Map. Tuttavia, non si sa ancora quando si riaprirà il nuovo bando: "Pensiamo di riaprire i termini a settembre – annuncia l'Assessore, in quota Rifondazione Comunista – dobbiamo valutare delle criticità nei criteri di assegnazione. Alcuni parametri, infatti, pensiamo siano opinabili: uno dei criteri riguarda la condizione di possesso di uno sfratto esecutivo, ma non per morosità. Significa che, ad esempio, si ha requisito per fare domanda anche se si è sotto sfratto perché il proprietario decide di non affittare più".

In effetti, le condizioni di reddito dovrebbero essere al centro dell'azione amministrativa del Comune, assieme all'attenzione verso il disagio sociale reale. I criteri nel bando dovrebbero andare in tal senso: reddito ISEE, composizione e reddito del nucleo familiare e figli minori a carico. Parametri che richiamano – giustamente – politiche sociali tout-court per l'assegnazione di contributi economici o alloggi. L'assessorato stilerà una lista di possibili requisiti e priorità, e nei mesi prossimi tornerà in commissione con la proposta in mano.

Un altro tema caldo è quello del contributo di autonoma sistemazione (cas). E' di martedì scorso la delibera di giunta che, di fatto, sancisce – a decorrere dal prossimo 15 giugno – lo stop del contributo per chi è titolare di un manufatto temporaneo costruito in base alla famosa delibera 58 del 2009, quella delle cosiddette "casette". Chi ha disponibilità di una situazione alloggiativa alternativa non può più percepire il contributo di autonoma sistemazione: afferma questo, in estrema sintesi, la delibera, equiparando di fatto le casette ad abitazioni vere e proprie e sospendendo, per questo motivo, ogni forma di assistenza agli sfollati che avevano costruito fai da te in seguito al sisma. Si tratta della formalizzazione di una decisione che farà discutere, nelle settimane a venire.

Nel frattempo, se ne è parlato anche durante la commissione. Pelini si è difeso sottolineando che non si tratta "né di un capriccio, né di un provvedimento vessatorio". Secondo l'Assessore, infatti, è una decisione doverosa alla luce dei dati di fatto. Ad oggi, ancora non viene erogato il cas di aprile (sono circa 3mila le persone coinvolte) perché, molto semplicemente, la cassa per l'assistenza alla popolazione è terminata. I finanziamenti previsti dalla delibera Cipe 135 del 2012, infatti, sono finiti e – sebbene l'Ufficio Speciale di Paolo Aielli abbia reperito altre risorse attraverso un nuovo stanziamento di una vecchia ordinanza – c'è liquidità per il cas ancora per qualche mese, ma non oltre. "Stiamo offrendo progressivamente un alloggio del Progetto Case a chi finora ha percepito il contributo", ha ribadito Pelini. Una scelta pragmatica, dettata dall'assenza dei fondi, e dalla contestuale sovrabbondanza di alloggi.

La sovrabbondanza degli alloggi. E' un problema che viene oltremodo sottovalutato. Nonostante i numeri ufficiali parlino chiaro – sono attualmente 55 gli appartamenti del report settimanale del Comune – è sentore comune che moltissimi alloggi nelle 19 aree del Progetto Case e dei Map siano vuoti: lasciati dagli ex inquilini, mai abitati e, in qualche caso, mai assegnati. Se a questo sommiamo le case (soprattutto in periferia) ricostruite ma sfitte, gli appartamenti non affittati a causa della notevole diminuzione della residenzialità universitaria e i nuovi palazzi costruiti in seguito al sisma, arriviamo a un numero consistente – si stima più di 3mila su tutto il territorio comunale – di alloggi vuoti. Un patrimonio immenso, eredità di una gestione dell'emergenza e del post-emergenza priva di una visione urbanistica (e non solo) della città. Latitanze evidenziate anche dalle goffe falle emerse in questi anni attorno a Case e Map: irregolarità (chiamiamole così) nell'assegnazione dei lavori per la costruzione, opinabilità - a voler usare eufemismi - nella localizzazione delle aree, evidenti limiti nella manutenzione, grottesca gestione del debito (di 8 milioni di euro) per la questione delle bollette mai pagate, fino all'indagine della Corte dei Conti, tuttora in corso.

Da qui agli anni a venire, sarà necessario – oltre che doveroso – normalizzare l'assegnazione degli appartamenti del Progetto Case, passando dal paradigma dell'assistenza post-sisma a quello della resistenza alla crisi economica e sociale. E destinando, magari, le Case di Coppito e Roio alla residenzialità universitaria e quelle di Camarda a Assergi al tanto agognato sviluppo turistico. La città è pronta a questo salto di qualità? Vedremo. In caso, speriamo che lo sia anche l'amministrazione.

Ultima modifica il Lunedì, 02 Giugno 2014 18:23

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