Mercoledì, 28 Aprile 2021 12:41

Pietrostefani: gli anni aquilani dell'ex leader di LC arrestato in Francia

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Questa mattina, in Francia, sono state arrestate sette persone di cui l’Italia aveva richiesto l’estradizione e che avevano ricevuto condanne da tribunali italiani per reati di violenza politica compiuti negli anni Settanta.

Gli arrestati sono Roberta Capelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, Giovanni Alimonti ed Enzo Calvitti, ex membri delle Brigate Rosse; Narciso Manenti, ex membro dell’organizzazione di estrema sinistra Nuclei armati per il contropotere territoriale; e Giorgio Pietrostefani, fondatore della formazione extraparlamentare Lotta Continua e condannato a 22 anni per l'omicidio Calabresi.

Non tutti sanno o comunque sono in pochi a ricordarlo che Pietrostefani, classe 1943, è nato e cresciuto all'Aquila.

Il padre, Stanislao, fu vice prefetto negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale mentre la madre, Elisabetta, era impiegata all'intendenza di Finanza. La zia di Pietrostefani, Emma, sorella della madre, era la proprietaria di una nota drogheria che si trovava sotto i portici, all'incrocio tra corso Vittorio Emanuele II e via Sallustio, all'epoca celebre, tra le altre cose, specie tra i ragazzi, per la "chinetta".

Pietrostefani lasciò L'Aquila nel 1962 per trasferirsi a Pisa per studiare ingegneria. Ben presto, però, lasciò gli studi per dedicarsi alla militanza politica. Fondò Lotta Continua e ne divenne, insieme a Adriano Sofri, uno dei principali leader e dirigenti.

Dopo aver abbandonato Lotta Continua, che si sciolse nel 1976, Pietrostefani si laureò in architettura e divenne dirigente d’azienda: all'Eni, alla Snam, alle Officine Meccaniche Reggiane. Fino al 1988, quando fu arrestato la prima volta.

Pietrostefani è stato condannato a 22 anni (anche se da scontare gliene rimangono di meno) con l'accusa di essere stato il mandante, insieme a Adriano Sofri, dell'omcidio del commissario Luigi Calabresi (1972). Tutta la sua vicenda processuale è riassunta ed esposta qui. Lui si è sempre dichiarato innocente.

Tra coloro che lo conobbero bene c'è Bruno Vespa. In uno dei suoi libri, Sale, zucchero e caffè, il celebre giornalista aquilano racconta di quando andò a intervistarlo, nel 1997, nel carcere di Pisa, dove era detenuto insieme a Sofri.

"Non ci vedevamo da 35 anni" scrive Vespa "Gli portai una Storia del tennis aquilano 1921-1995. C'era la nostra vittoria ai campionati abruzzesi juniores del 1960. Giocavamo il doppio senza amarci. Diversi nello stile come nel carattere: lui colpiva di potenza, io di precisione. Il più bravo era lui, che infatti mi lasciò soltanto due giochi nella finale del singolo. L'università divise i nostri destini: lui ingegneria a Pisa, io legge a Roma".

Pietrostefani tornò all'Aquila nel 1971, durante i cosiddetti "moti del capouogo", e poi molti anni dopo, nell'aprile del 1998, per partecipare ai funerali della madre. All'epoca era ancora detenuto a Pisa e, per essere presente alla cerimonia, alla quale presero parte anche anche altri ex leader di Lotta Continua, dovette chiedere un permesso.

Da un articolo che pubblicò, il giorno dopo il funerale, il quotidiano La Repubblica: "Per tutta la durata del rito funebre Giorgio Pietrostefani è rimasto accanto a suo padre, stretto a lui in un abbraccio. Della sua vicenda processuale, del ricorso in Cassazione, del "silenzioso" sciopero della fame, non ha voluto parlare: "Sono qui per una questione privata", ha detto ai cronisti [...] La famiglia Pietrostefani da molti anni si era trasferita a Roma, ma a L'Aquila molti ricordano ancora sia il padre di Giorgio, Stanislao, viceprefetto negli anni immediatamenti successivi alla guerra e oggi prefetto in pensione, che la madre Elisabetta Centofanti, impiegata all'Intendenza di Finanza. A officiare il rito funebre è stato un cugino di Stanislao Pietrostefani, che ha ricordato il sacrificio di Roberto Pietrostefani, fratello di Stanislao, ucciso 54 anni dai tedeschi fa a Leonessa, vicino Rieti [...] Accanto a Giorgio Pietrostefani, nella chiesa dell'Aquila, i suoi familiari e i suoi vecchi compagni di Lotta Continua Marco Boato, Mimmo Pinto, Paolo Liguori e molti altri ancora. Anche il figlio di Adriano Sofri, Luca, ha voluto stargli vicino, in questa giornata dolorosa senza sbarre".

Ultima modifica il Mercoledì, 28 Aprile 2021 12:59

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