Mercoledì, 22 Settembre 2021 11:08

Zafferano di Navelli: parte dai petali la ricerca per lo sviluppo di nuovi prodotti farmaceutici

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Lo zafferano al centro di una ricerca per valutare i suoi effetti benefici sul trattamento delle malattie infiammatorie. L'iniziativa, voluta dall’Università D’Annunzio di Cheti in collaborazione con l’amministrazione comunale di Navelli, ha dalla sua, anche l’aver vinto la selezione nell’ambito del dottorato PON FSE-FERS (2014-20) dal titolo: Valorizzazione e caratterizzazione biofunzionale dei petali di Crocus Sativus (zafferano) di Navelli e possibile uso nella terapia antinfiammatoria delle malattie croniche intestinali.

“Il nuovo progetto”, ha detto il sindaco di Navelli Paolo Federico “prevede la lavorazione a scopi terapeutici dei petali dello zafferano del nostro territorio che in questo modo potranno essere utilizzati dall’industria farmaceutica e non essere più considerati degli scarti. L'iniziativa voluta da un gruppo di esperti di alto livello promette, dunque, di dare nuovo impulso alla produzione del prezioso zafferano di Navelli”.

In particolare, a curare la parte scientifica ci saranno la prof.ssa Lorenza Speranza, docente di Biologia Applicata e Specialista in Scienze dell’Alimentazione del Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento dell’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti e del suo gruppo formato dalla dott.ssa Sara Franceschelli e dott.ssa Federica De Cecco, quest’ultima dottoranda finanziata dal progetto. “Crediamo”.

“Le caratteristiche del nostro prodotto sono, per alcuni versi, tutte ancora da scoprire" ha aggiunto il presidente del Consorzio di Tutela delle Zafferano dell’Aquila DOP, Massimiliano D’Innocenzo "per questo siamo fiduciosi nella nuova prospettiva aperta del progetto scientifico che potrebbe arrivare a sviluppare un processo ecosostenibile e di potenziale rilevanza industriale attraverso l’ottenimento di nuovi prodotti ad uso farmaceutico”.

Di fatto il progetto denominato SaffronMICI si occuperà della caratterizzazione dei petali di zafferano, attualmente materiale di scarto, prodotti ad alto valore aggiunto, da reimpiegare nell’industria farmaceutica, che potranno essere utilizzati nel trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Ciò potrebbe condurre a nuovi ritorni economici, a partire dai sottoprodotti agro-alimentari attraverso la riduzione/valorizzazione dello scarto nella filiera della coltivazione dello zafferano.

In tale contesto, il progetto presenta elementi di altissima innovazione, in quanto si avvale di metodiche che permetteranno di acquisire conoscenze indirizzate allo sfruttamento intelligente della biodiversità. Questo porterà all’ampliamento di una vasta gamma di sostanze bioattive idonee per la realizzazione e l’immissione in commercio di nuovi prodotti farmaceutici economici destinati alla cura delle MICI.

L’incidenza delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) è in continua crescita, esse sono dovute alla sregolazione del sistema immunitario associato al tratto gastrointestinale, che porta ad infiammazione cronica recidivante-remittente. Si stima che il costo medio per il trattamento delle MICI aumenti di 4 volte, in caso di refrattarietà alle terapie convenzionali. Anche i costi indiretti sono rilevanti, soprattutto in termini di assenza dal lavoro e perdita di produttività. Poiché studi epidemiologici dimostrano che dei molti affetti da MICI, 3000 sono abruzzesi, è necessario attuare dei programmi che incentivino nuove terapie, anche partendo dalle specificità dei singoli territori.

Il tema oggetto del progetto di ricerca, essendo rivolto all’identificazione e caratterizzazione biofunzionale dell’estratto dei petali di Crocus Sativus, per un possibile uso terapeutico nelle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), rappresenta una tematica dei principali obiettivi strategici del corso di dottorato “Innovative Technologies in Clinical Medicine & Dentistry” che è prettamente incentrato sulla ricerca inerente la salute pubblica di patologie non ancora completamente inquadrate. Le MICI, infatti, sono a tutt’oggi ampiamente studiate, ma i meccanismi molecolari eziopatogenetici, che ne innescano e ne amplificano la sintomatologia, non sono completamente noti.

Attraverso la realizzazione degli obiettivi di questo progetto, che sfrutterà le sinergie e gli sforzi comuni tra ente locale, aziende del territorio ed università, si andranno a definire e attuare nuovi programmi per l’apertura di nuovi orizzonti nella “bio-based economy” in Abruzzo. Inoltre, la prof.ssa Speranza, anticipa, “il progetto, amplierà gli orizzonti con partenariati di diversi paesi europei, che coopereranno attraverso specifici know-how per rendere lo studio, un fiore all’occhiello della ricerca italiana in ambito biomedico”.

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