“La nostra terra non è in vendita, la sicurezza dei cittadini non è negoziabile. Ci batteremo con tutte le nostre forze contro una infrastruttura pericolosa e che rischia di essere inutile quando diventerà operativa. E che intanto avrà un impatto ambientale enorme e distruggerà anche la produzione tartuficola, con danno stimato, da una nostra perizia, di ben 42 milioni di euro.”
A suonare la carica è Fernando Galletti, presidente dell'Amministrazione separata degli usi civici (Asbuc) di Paganica e San Gregorio, dopo che il governo ha dato via libera alla realizzazione del metanodotto Snam rete adriatica Sulmona - Foligno, che attraverserà anche il territorio di Paganica, frazione del comune dell’Aquila, per circa 15 chilometri interessando 40 ettari, gravati da uso civico, di assoluta valenza ambientale, classificato dal piano regolatore generale del Comune dell'Aquila come zona agricola di rispetto montano. Un territorio classificato a massimo rischio sismico (zona 1), duramente colpito dal terremoto del 6 aprile 2009, interessato da una pericolosissima faglia.
L'Asbuc di Paganica non è mai stata interpellata dalla Snam, che anzi sottolinea Galletti, "ha piuttosto preferito remunerare per l'attraversamento gli occupatori abusivi dei terreni di uso civico" “L’assenza ad oggi di uno studio sulla sicurezza sismica del metanodotto - spiega Galletti -, una condotta dal diametro di 120 centimetri e 40 metri di servitù a pochi metri di profondità, proprio sulle faglie sismiche, sta pertanto generando apprensione e contrarietà presso la popolazione".
"La notte del 6 aprile 2009 il sisma ha del resto tranciato di netto un tubo da 20 centimetri di diametro, della linea gas interna, aprendo un cratere di circa 20 metri quadri e ha fatto esplodere una tubatura dell'acquedotto da circa 60 centimetri di diametro”.
E ancora, incalza Galletti: “notevole sarà poi l’impatto ambientale e paesaggistico che non potrà in nessun modo essere sanato con il ripristino “integrale” dei luoghi che la Snam afferma di garantire. Il tracciato attraverserà, con una servitù di passaggio di circa 40 metri per lato, in particolare la valle a monte di Paganica, proprio di fronte al santuario della Madonna d’appari, risalente al XIII secolo, e dichiarato monumento nazionale nel 1902, importante meta turistica, anche internazionale, stretto com’è tra una parete rocciosa ed il corso del torrente Raiale, affluente dell'Aterno, che costituiscono un sagrato naturale".
"A rischio - prosegue - sono poi la portata ed anche la sopravvivenza delle preziose sorgenti d’acqua presenti lungo il tracciato e che saranno 'bucate' dal metanodotto, come le sorgenti 'Fonte Verrone, Acqua santa e Callarjello”. Forte elemento di contrarietà, non da ultimo, è che saranno irrimediabilmente distrutte dagli scavi per la messa in posa del metanodotto, le numerose cave spontanee di pregiato tartufo, presenti in tutti i 40 ettari, voce importante per l’economia del territorio".
“L’Asbuc ha commissionato nel luglio 2022 una perizia - ricorda Galletti -, per quantificare i potenziali danni cagionati dal passaggio del metanodotto, in termini di mancato guadagno della rivendita del raccolto e dei prodotti da loro derivati sia per gli anni del cantiere, sia per gli anni che saranno necessari alle piante per dare nuovamente frutti, circa 20 anni, sempre che il terreno una volta rimosso, lavorato e pressato dai mezzi meccanici non perda per sempre la sua fertilità".
Entrando nello specifico, per quanto riguarda “il danno della coltivazione e del recupero di essa”, i calcoli della perizia asseverano che il costo del terreno con tartufaia spontanea è pari a 15 euro a metro quadro. Per gli interi 40 ettari l’entità del danno si attesta ai 6.000.000 di euro.
C’è poi “il danno economico alla collettività dal mancato guadagno della rivendita del raccolto e dei prodotti derivati, sia per gli anni dei lavori sia per gli anni prima che le piante diano di nuovi frutti”: la perizia calcola che la produzione oscilla dai 50 ai 150 kg ad ettaro ad anno. Il costo medio per il tartufo nero pregiato invernale di 900 euro al kg. Ponendo come media di produzione 100 kg ogni anno per ciascuno di 40 ettari, e stimati gli anni per il ripristino in 20 anni, il danno ammonterà a 36 milioni di euro.
Solo in riferimento alla produzione tartuficola, il danno cagionato dal passaggio del metanodotto sarà per il territorio dunque di 42milioni di euro.