Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dalla Regione Abruzzo e dal Comune di Ovindoli contro la sentenza del Tar che aveva annullato il provvedimento regionale di autorizzazione unica (PAUR) del progetto di realizzazione di nuovi impianti da sci a Ovindoli.
Le associazioni ambientaliste protestano "passaggi della sentenza surreali, soprattutto in piena crisi climatica"
Il Consiglio di Stato ha sottolineato che "laddove si parta dal presupposto che qualsiasi attività che presenti controindicazioni rispetto alla significativa permanenza della vipera oggetto di tutela debba essere vietata, sarebbe necessario vietare anche il pascolo di animali indicato nello studio come fonte di pericolo, e la presenza di escursionisti".
E' stato invece delineato come sia "necessario contemperare le esigenze di carattere ambientali con altri interessi parimenti meritevoli di tutela tenendo conto nel caso in esame che il Piano Paesistico Regionale, la cui concreta articolazione è il PST Bacini Sciistici, ha previsto la realizzazione di nuove piste".
Un riferimento è stato fatto anche a una sentenza del 2013 che ha affermato che tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri.
I cinque motivi presentati nel ricorso della Regione sono stati quindi pienamente accolti da parte del Consiglio di Stato.
"È stata pienamente riconosciuta la regolarità della procedura amministrativa avviata dalla Regione e la bontà del progetto – ha sottolineato il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio – Il Consiglio di Stato ha riconosciuto anche la legittimità di tutto il percorso che avevamo intrapreso. Finalmente per Ovindoli si apre una pagina nuova. La gara era già stata effettuata utilizzando un finanziamento di 6 milioni di euro legato ai fondi FSC della vecchia programmazione, quindi, non appena la stagione lo renderà possibile, i lavori potranno iniziare e il cantiere sarà aperto. Ringrazio gli uffici della nostra Avvocatura, e il suo dirigente Stefania Valeri, che hanno saputo delineare il giusto percorso per far valere la legittimità del nostro operato e ribaltare la sentenza di primo grado".
“Per Ovindoli e l’intero Altopiano delle Rocche si apre una pagina nuova che sicuramente significherà maggior sviluppo per uno dei più importanti bacini sciistici d’Abruzzo, considerando che la gara era già stata effettuata utilizzando 6 milioni di euro e quindi i lavori potranno partire già nei prossimi mesi. Ora dobbiamo concentrare tutte le nostre attenzioni per il finanziamento degli ulteriori lotti”. Lo afferma il senatore di Fratelli d’Italia Guido Liris, eletto in Abruzzo.
“Un pronunciamento che infonde grande speranza nell’ambito dell’atavico dibattito, attorno al quale la nostra regione da troppo tempo si arrovella, tra sviluppo e conservazione, come se il primo compromettesse a tutti i costi la seconda”, osserva Liris.
“Emblematico il passaggio della sentenza in cui si afferma che ‘laddove si parta dal presupposto che qualsiasi attività che presenti controindicazioni rispetto alla significativa permanenza della vipera oggetto di tutela debba essere vietata, sarebbe necessario vietare anche il pascolo di animali’, che una volta per tutte stabilisce il principio per il quale la presenza dell’uomo e la sua sopravvivenza, sarebbe il caso di dire considerando che quotidianamente siamo chiamati a ragionare su politiche che combattano lo spopolamento, non può essere annichilita da integralismi ambientalisti oramai desueti”, dice a chiare note il senatore.
Ma per le associazioni ambientaliste SALVIAMO L'ORSO, STAZIONE ORNITOLOGICA ABRUZZESE, LEGA ITALIANA PROTEZIONE UCCELLI, MOUNTAIN WILDERNESS la sentenza “di fatto certifica che il patrimonio di biodiversità è sacrificabile sull'altare di una crescita che non deve avere limiti”.
A destare la preoccupazione delle associazioni sono soprattutto alcuni passaggi, in particolare quello che legittima i geometri nel lavoro di valutazione di dati che spetterebbe valutare ai biologi.
“Con la stessa logica usata dai giudici presto i biologi o gli avvocati negli uffici dei geni civili per valutare ponti in cemento armato?” è la provocazione che lanciano nella nota stampa le associazioni.
Inoltre “il passaggio del consiglio di Stato sul "bilanciamento" della tutela dei diritti costituzionali è veramente sconfortante, soprattutto quando questo "bilanciamento" vede guarda caso sempre soccombere la tutela del paesaggio e della biodiversità. Questo nonostante il nuovo Art.9 della Costituzione includa oggi tra i principi fondamentali della Repubblica la tutela dell'ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. L'art.41 della Carta stabilisce che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno all'ambiente.”
Una sentenza giudicata “del tutto surreale, soprattutto in piena epoca di crisi climatica, compreso impatto sullo sci, e con grandi chiacchiere sulla necessità di salvaguardare un Pianeta ormai ridotto ai minimi termini”
Neanche l'intervento dei Carabinieri Forestali sulla carenza degli studi è stato ritenuto sufficiente a fermare il progetto.
“Ovviamente non possiamo che prendere atto della sentenza sfavorevole che permetterà presto di sbancare con milioni di euro di fondi pubblici oltre dieci ettari di preziosi habitat in cui vivono specie sulla carta tutelate che presto verranno spazzate via. Però nella Costituzione ci potremo fregiare di belle parole da ricordare in convegni e comunicati stampa.” concludono le associazioni ambientaliste.
Anche Sinistra Italiana afferma di apprendere "con rammarico la notizia della sentenza. Non ci stupiscono le scomposte reazioni di giubilo della destra nostrana, capace di bollare come “terrorismo ambientalista” qualsiasi critica razionale a progetti di infrastrutture sciistiche “nate già vecchie”, completamente sconnesse dalla realtà degli stravolgimenti climatici a cui assistiamo ormai da anni sui massicci italiani. Continuare a costruire impianti sciistici in aree che in futuro vedranno precipitazioni sempre più rarefatte, facendo credere che lo si faccia per “dare un futuro’”alle aree stesse invece che per biechi interessi privati, significa prendersi gioco dei cittadini e delle cittadine che quelle aree le vivono 365 giorni l’anno e che di certo non possono basare la loro sussistenza su poche settimane di apertura degli impianti. Eppure, non sono passati neanche due mesi dagli appelli disperati degli operatori sciistici di Campo Imperatore che chiedevano sovvenzioni pubbliche perché la mancanza di neve rischiava di far saltare l’intera stagione. Non possiamo più permetterci di avere memoria corta. Non stiamo andando incontro ad una crisi climatica epocale, ci siamo già dentro. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: servono soluzioni di lungo respiro, serve ripensare il modello di sviluppo delle aree interne integrando le attività produttive tradizionali con un “turismo lento”, capace di esaltare le bellezze naturalistiche e culturali dei luoghi lungo tutto il corso dell’anno."
"Detto ciò, ci stupisce invece leggere nella sentenza del Consiglio di Stato passaggi che equiparano l’impatto ecologico inevitabiledelle attività di costruzione di un impianto sciistico (sbancamenti, innalzamento dei pilastri per le teleferiche, costruzione di bacini diraccolta dell’acqua per l’innevamento artificiale) con quellipotenziali derivanti dal pascolo o dalla presenza di escursionisti. Il sovrapascolo e un eccessivo afflusso di escursionisti sono attività potenzialmente impattanti, sì, ma che possono essere gestite tramite appositi regolamenti e un attento controllo del territorio. Diversamente, una volta che ettari di prateria di alta quota e altri habitat tipici delle nostre montagne vengono devastati per la costruzione di un impianto la perdita di biodiversità che ne deriva è irreversibile. Può sembrare una sciocchezza il rischio di perdere alcune popolazioni della “vipera oggetto di tutela”, come la Corte definisce Vipera ursinii ursinii, sottospecie presente solo in Appennino centrale e sulle Alpi francesi e oggetto di massimaprotezione a livello comunitario, ma non lo è. Nessun elemento dei delicati ecosistemi montani può essere sacrificato con disinvoltura alla brama di infrastrutturazione: gli ecosistemi naturali persistono nel tempo, fornendo all’umanità svariati “servizi” (acqua potabile, cibo, controllo dei patogeni ecc.), proprio perché ogni elemento contribuisce al loro funzionamento. È saggio tagliarsi spontaneamente una delle dita di una mano perché ‘tanto ne ho altre quattro’? Noi crediamo di no, e crediamo che, a prescindere dall’esito sfavorevole di questa sentenza, la battaglia per far uscire la transizione ecologica dalle gabbie della propaganda rendendola invece chiave di volta del nostro futuro sia appena iniziata. Noi non ci tireremo indietro; ci auguriamo che anche il PD del ‘nuovo corso ecologista’, che starebbe prendendo piede nel partito dopo la vittoria di Elly Schlein, faccia lo stesso abbandonando definitivamente i rigurgiti sviluppisti e prendendo posizioni chiare su questi temi. Giustizia sociale e tutela ambientale sono orizzonti politici inseparabili ed imprescindibili se vogliamo consegnare alle future generazioni un Pianeta e una società a misura di esser umano: il tempo di agire è ora." conclude Francesco Cerasoli e Pierluigi Iannarelli del Circolo Sinistra Italiana L’Aquila.
Abbiamo ascoltato anche l’ambientalista Enrico Perilli che racconta come ci siano “dei passaggi oggettivamente bizzarri: un geometra non ha nessuna competenza in campo delle Scienze Ambientali, è una questione che ne apre un’altra sul valore legale del titolo perché un geometra non può fare il biologo”
Ma oltre i passaggi formali, è la visione di sviluppo del territorio ad essere problematica: “si continua a pensare che il futuro delle aree interne e l’antidoto allo spopolamento siano modelli del 1950: riempire la montagna di impianti, trasformando i luoghi in non luoghi, trasformando la montagna in un luna park, ammassando il sabato e la domenica migliaia di persone. Non è questo il modello del futuro” dichiara Enrico Perilli.
“Non si creano le condizioni per vivere in quel posto, come le zone balneari che l’estate si riempiono e poi si svuotano, in più si tratta di un modello dal fiato corto, perché tra venti anni lì non si potrà piu sciare e non si potrà neanche fare un innevamento artificiale perchè a quel punto saremo in crisi idrica, e già lo siamo” conclude Perilli.