La mafia è un tema sempre attuale e, negli ultimi anni, anche grazie ad associazioni come “Libera contro le mafie”, se ne parla molto di più di quanto non si sia mai fatto. Grazie a questo, molti luoghi comuni vanno via via svanendo.
Sappiamo tutti ormai che la mafia non è più un fenomeno territoriale ma che è ampiamente diffusa, sappiamo tutti che la mafia ha avuto una sostanziale metamorfosi al suo interno passando dalla fase stragista ad una fase più “affaristica”, continuando a macchiarsi di crimini efferati e deprecabili.
Un’altra cosa che sappiamo è che sul fronte dell’antimafia il sistema italiano è un orgoglio a livello internazionale, un’importante arma di contrasto ad un male così subdolo e crudele.
Nel nostro territorio però di mafia forse non abbiamo parlato abbastanza. Ne abbiamo parlato sicuramente moltissimo negli ultimi tempi, da quando il boss Matteo Messina Denaro è stato ristretto in stato di detenzione all’interno del carcere di massima sicurezza dell’Aquila. Da quel giorno ci si è occupati in maniera ipertrofica dei dettagli della vita del boss, dei suoi spostamenti e delle sue passioni, stimolando una sorta di feticismo per il crimine ed il criminale che si distanzia ampiamente da quel parlare di mafia necessario e doveroso a cui ci si riferiva nelle prime righe dell’articolo.
Un momento però in cui di mafia, forse, ci si è interessati poco, è stato quando tutte le organizzazioni mafiose sono venute a bussare alle porte aquilane tentando di insinuarsi nel sistema locale. Il riferimento è all’immediato post sisma, quando qualcuno rideva prefigurando affari per l’arrivo del denaro necessario a ricostruire case, vite e tessuti sociali.
L’arrivo prossimo di somme così consistenti e la possibilità di inserirsi nel sistema della ricostruzione non poteva non far gola a coloro che, su truffe e crimini, vivono e costruiscono imperi del male. Il primo ad insegnarcelo è stato Giovanni Falcone con il suo metodo del “segui i soldi, trovi la mafia”.
Nel corso di questi quattordici anni dal sisma si è discusso ad intermittenza di questo fatto e di questo fenomeno, ma oggi possiamo dire che abbiamo delle certezze e che possiamo ragionare con contezza di quanto accaduto.
Il tema è stato trattato nel corso della trasmissione “Qvision” in onda su LaQtv e trasmessa in prima visione venerdì 30 marzo. Il programma era dedicato al fenomeno delle cosiddette baby gang e della devianza minorile. Fra gli ospiti in studio era presente il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minorenni dell'Aquila il dottor David Mancini, insieme al Comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri, Colonnello Nicola Mirante.
Mancini è un magistrato con grande esperienza e fra i suoi incarichi vanta proprio un ruolo di primo piano nel contrasto alle infiltrazioni mafiose nel post sisma dell’Aquila 2009. Nel corso della trasmissione, Mancini, fra le altre cose, ha parlato proprio di mafia, ammettendo che allora, in quel tragico 2009, tutte le organizzazioni mafiose più conosciute bussarono alla porte dell’Aquila. Tutte si presentarono per gustare una fetta della torta ma, come ha affermato lo stesso Mancini, dinanzi a loro hanno trovato un muro.
I fatti a cui fa riferimento il Procuratore riguardano le ingenti somme di denaro dedicate ai puntellamenti degli edifici danneggiati. La necessità di agire in emergenza, richiese una risposta pronta delle istituzioni per difendersi dalle infiltrazioni della criminalità organizzata.
Di certo si tratta di un vanto per il nostro Paese e per la nostra città. Ad essere stato puntellato oltre ai palazzi, è stato anche il nostro Stato e la nostra Giustizia.
Queste le parole del Procuratore, il dottor David Mancini nel corso della sua intervista su LaQtv:
“A proposito di infiltrazioni mafiose, è un tema che probabilmente non è stato mai sviscerato a fondo però subito dopo il 2009 all’Aquila sono arrivati veramente tutti nel tentativo di entrare, tutte le organizzazioni criminali italiane note alle cronache sono arrivate o hanno tentato di arrivare.
Qui hanno trovato un muro fortunatamente perché il sistema di barriere che è stato creato in quel primissimo momento, quando si trattava dei puntellamenti, ha funzionato. La maggior parte sono ritornati indietro, ovviamente non escludo che ci sia potuto essere stato qualche caso in cui questo non è successo, ma il sistema ha funzionato e questo è documentato”.