Venerdì, 15 Maggio 2015 10:38

Bussi, giudici popolari volevano denunciare i togati: Csm apre un fascicolo

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Assume contorni sempre più inquietanti la denuncia de 'Il Fatto quotidiano' che, con una serie di articoli, ha svelato presunte pressioni ricevute dai giudici popolari per assolvere i 19 imputati del processo sulla discarica di Bussi

Stamane, è stato pubblicato un articolo che rivela come quattro giudici popolari firmarono un esposto da inviare al Consiglio superiore della Magistratura, chiedendo di essere ascoltati "per un intimo senso di giustizia e di appartenenza a uno Stato che dovrebbe essere integrato da istituzioni democratiche". La denuncia non venne mai presentata: "Qualcuno ha avuto paura di esporsi", racconta una delle giurate al giornalista Antonio Massari. Dunque, la decisione di rinunciarvi perché "o firmavamo tutte o nessuna".

L’esposto si comporrebbe di 5 punti sui quali i giudici popolari chiedevano un approfondimento da parte del Csm. Il primo: la discussa cena del 16 dicembre, tre giorni prima della sentenza, in un ristorante di Pescara tra i giudici popolari e i due togati Camillo Romandini e Paolo Di Geronimo (giudice a latere). In quella occasione, Romandini avrebbe detto che in caso di rivalsa degli imputati i giudici popolari avrebbero potuto perdere tutte le loro proprietà. E nell’esposto si aggiunge anche che Romandini avrebbe detto ad una delle giudici che avrebbe addirittura rischiato di perdere la proprietà del suo locale e "dell’intero stabile di insistenza". 

Il secondo punto riguarda, invece, l’impossibilità di leggere gli atti dell’inchiesta ovvero "l’enorme mole cartacea di documenti, compendio del fascicolo processuale, sottratta alla nostra presa di visione". 

Il terzo punto affrontava una presunta dichiarazione del giudice a latere Paolo Di Geronimo contro l’avvocatura dello Stato, all'ascoltare che le giudici popolari avrebbero voluto un pronunciamento coraggioso in linea con l'avvocatura: "L’avvocato Gerardis - avrebbe detto Di Geronimo - fa una cosa sola: rompe". Le quattro donne non mancano di ricordare che veniva loro "ripetuto e palesato, reiteratamente, e senza altre spiegazioni giuridiche o sostanziali che non si potevano condannare gli imputati, tanto meno per dolo, perché non si poteva fare il processo alle streghe". 

Nell’ultimo punto, infine, si ribadisce che non ci fu alcuna votazione finale per raggiungere il verdetto. "Le sottoscritte conservavano un intimo convincimento diverso da quello dei giudici togati", si legge su Il Fatto, stamane in edicola, "e avrebbero gradito di poterlo esprimere nel corso di una regolare votazione". Votazione che, ribadiscono, non fu mai fatta.

Il Consiglio superiore della Magistratura ha immediatamente aperto un fascicolo per verificare la veridicità delle accuse mosse dai giudici popolari. Un intervento sollecitato anche dall'avvocato Gerardis, intervistata dal Tg3 Abruzzo. "Già 15 giorni prima del verdetto - ha sottolineato - girava la voce di una assoluzione per tutti gli imputati". Erano soltanto voci, però, "non avevano un rilievo penale", ha spiegato Gerardis, auspicando ora l'indagine delle autorità. 

Anche il procuratore capo della Procura di Chieti, Pietro Mennini, ha aperto un fascicolo nei confronti delle due giudici non togate che hanno denunciato la vicenda: i magistrati stanno raccogliendo tutti gli incartamenti per poi predisporre l'invio del fascicolo a Campobasso. Toccherà alla procura molisana individuare eventuali reati a carico degli interessati anche se la pista è quella della rivelazione di segreto della Camera di Consiglio.

 

 

Ultima modifica il Venerdì, 15 Maggio 2015 11:00

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