Uno degli [ormai pochi] vanti culturali dell'Aquila rischia di sparire, già dai prossimi mesi. Sarebbe questo il destino dell'unica sede abruzzese del Centro sperimentale di cinematografia - Scuola nazionale di cinema. Il prestigioso istituto - quella romana è la più antica scuola di cinema del mondo - non rientrerebbe più nei piani della giunta regionale guidata dal presidente Luciano D'Alfonso, il quale dopo l'ultimo rimpasto ha anche mantenuto la delega alla cultura, e dal suo vice Giovanni Lolli.
Ma c'è di più, la Regione Abruzzo non vorrebbe neanche finanziare l'ultimo anno di convenzione (che scade a fine 2016), impedendo dunque agli studenti e alle studentesse della sede aquilana di terminare il proprio percorso di studi, iniziato lo scorso anno. Un'ipotesi che, se si verificasse, violerebbe addirittura la convenzione tra il Centro sperimentale di cinematografia (Csc) e la Regione stessa.
L'istituto, per penna e firma del direttore generale Marcello Foti, ha inviato in questi mesi diverse note alle autorità regionali, che neanche hanno risposto: "Al di là della scelta di rinnovare o meno la convenzione, che è assolutamente libera e legittima da parte della Regione - sottolinea a NewsTown - l'aspetto più grave della vicenda è proprio che il governo regionale ritiene di dover sospendere in modo arbitrario e unilaterale la valenza della convenzione, che deve essere rispettata fino alla conclusione dell'ultimo corso avviato, vale a dire fino a tutto il 2016". Questo comporterebbe un grave danno economico per gli iscritti e per le loro famiglie, soprattutto quelle degli allievi fuori sede, che stanno facendo sacrifici per far studiare e vivere in Abruzzo i propri figli.
Il danno d'immagine sarebbe inoltre a svantaggio della scuola stessa, che ha sedi distaccate in sole altre quattro grandi città d'Italia: Milano, Torino e Palermo, oltre che la storica sede centrale di Roma: "Abbiamo una reputazione internazionale - sottolinea amareggiato Foti - sono appena tornato da Seoul, dove il governo coreano ci ha chiesto di aprire una sede della scuola. Quasi quotidianamente riceviamo proposte per aprire sedi distaccate da quella romana, e invece qui non ci vogliono più. Mi sembra una follia".
Ma perché il governo regionale non vuole più la Scuola di cinema? Ufficialmente, la motivazione sarebbe tecnico-burocratica: i dirigenti di Palazzo Silone ritengono infatti che l'ex presidente Gianni Chiodi, che diede il via al finanziamento all'istituto in seguito alla morte clinica dell'Accademia dell'Immagine, non avrebbe avuto i poteri per farlo, non avendo ricevuto il benestare da parte di una delibera di giunta. In realtà, sembra chiaro che siamo di fronte a una scelta politica: qualora nel bilancio in scadenza il prossimo marzo dovesse essere ufficializzato il taglio, D'Alfonso sceglierà deliberatamente di non rifinanziare l'unica realtà in ambito cinematografico d'eccellenza presente sul territorio abruzzese. Una scelta strategica politicamente scellerata, per un comprensorio, quello aquilano, che soffre da anni complessi di inferiorità dal punto di vista della produzione culturale, rispetto a quello che rappresentava capoluogo d'Abruzzo di qualche decennio fa. La città dei Carmelo Bene e dei Vittorio Storaro, per intenderci.
La titubanza di D'Alfonso e Lolli ha, comunque, già prodotto danni: in estate, infatti, dopo tre anni accademici consecutivi di attività, non è stato riaperto il bando per le nuove iscrizioni. Attualmente sono circa 25 gli studenti e le studentesse, provenienti principalmente da tutta Italia ma anche dall'Europa e da altri continenti, che studiano e vivono all'Aquila grazie al Csc. 11 sono quelli già diplomati - i primi della Scuola di cinema dell'Aquila - di cui un paio hanno già presentato lavori a festival prestigiosi come Locarno e Venezia. Dalla primavera scorsa, inoltre, grazie a un riconoscimento ministeriale i diplomi del Centro sperimentale sono equiparati per decreto a una laurea triennale. Il corso che si tiene all'Aquila è Reportage audiovisivo: un taglio documentaristico, per intenderci, peraltro molto utile alla narrazione in loco di una realtà peculiare ed essenzialmente mutante come L'Aquila.
Il Csc vive di poco più di 525mila euro l'anno, frutto del finanziamento regionale (300mila euro), del Ministro della cultura (200mila), del Comune dell'Aquila (25mila), più le rette degli studenti. La Regione ha finanziato ad oggi il triennio 2012-2015, ma il Centro sperimentale ancora non riceve l'annualità 2011, per il quale fu aperto un decreto ingiuntivo dallo stesso Foti, con un contenzioso vinto, che obbligò l'ente a erogare i fondi. Un istituto che in questi anni ha dimostrato come si possa gestire una scuola di eccellenza con soli tre dipendenti - a differenza della gestione quantomeno dubbia dell'Accademia dell'Immagine - senza rispondere direttamente alla politica.
In quest'ottica, non sorprende il fatto che esponenti del centrosinistra aquilano, come la senatrice Stefania Pezzopane o il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci, non abbiano alzato le barricate, come alacremente accaduto per altre crisi di enti culturali [vedi alla voce Tsa e Isa], che a differenza del Centro sperimentale di cinematografia sono dotati di consigli di amministrazione colmi di operatori culturali autoctoni.
Stefania Pezzopane: "Uccidere il Centro sperimentale di cinematografia è da kamikaze"
A qualche ora dall'articolo pubblicato da NewsTown, ripreso poi da altri quotidiani, arriva la prima reazione politica alle parole, forti, usate dal direttore Marcello Foti. Ed è firmata dalla senatrice democrat Stefania Pezzopane: "Una holding per le attività cinematografiche ed audiovisive per L'Aquila e l'Abruzzo. Questa è la mia proposta. Ma uccidere il Centro sperimentale di cinematografia dell'Aquila è da kamikaze", ha inteso sottolineare Pezzopane.
"Sono da tempo in contatto con il direttore Marcello Foti ed ho chiesto più volte sia al Presidente della Regione D'Alfonso che al vicepresidente Lolli di incontrare i vertici e di affrontare l'assurda situazione del Centro sperimentale, che non può andare avanti senza il sostegno regionale. Siamo di fronte al solito impasse di un importante istituzione didattica e ad un nodo importante: quale ruolo intende avere la Regione per sostenere la cultura in Abruzzo? Spero che questo mio ulteriore appello venga ascoltato".
Non liquidiamo queste cose con superficialità, l'appello della senatrice democrat, sono luoghi preziosi, "e invito tutti a chiedersi perché non si possa far ripartire il settore audiovisivo e cinematografico a L'Aquila. Inteso come cultura, formazione, didattica e attività produttiva coinvolgendo tutti i soggetti in campo, ricostruendo con i fondi disponibili la sede dell'Accademia dell'Immagine a Collemaggio, con La Lanterna Magica e la film commission, con i Festival dell'Aquila e Sulmona ed altro ancora: si potrebbero costituire così una straordinaria holding del cinema e dell'audiovisivo. Se si vogliono sponsorizzare e sostenere nuove iniziative, questo non può accadere ai danni di chi già opera con grandi professionalità. Il Centro sperimentale - ricorda ancora la senatrice - è nato dopo il sisma, grazie ad un accordo tra Regione, Provincia, Comune dell'Aquila e Mibact, per garantire la prosecuzione delle attività legate alla formazione di giovani leve in ambito cinematografico e di produzione di audiovisivi. Rappresenta, dunque, un centro d'eccellenza che va mantenuto in Abruzzo e che costituisce per L'Aquila una riconferma della sua alta qualità culturale. Tutti i luoghi di alta formazione hanno dei costi, apriamo un confronto anche con il ministro Franceschini che tanto sta sostenendo i nostri progetti. Il centrosinistra non faccia come il centrodestra, non chiuda porte ma costruisca ponti di cultura, non solo ponti di ferro e di acciaio".