Venerdì, 26 Luglio 2013 17:34

Brevi consigli letterari per l'estate, i suggerimenti dello scrittore Enrico Macioci

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Ci sono letture più “estive” di altre. Oggi ve ne consiglio tre:

Joyland di Stephen King (Sperling e Kupfer, pagg. 350). E’ il racconto dell’estate che il ventunenne Devin Jones trascorre lavorando in un luna park nella cui casa del brivido è avvenuto tempo prima l’orrendo delitto di Linda Gray, sgozzata dal misterioso fidanzato durante un giro di giostra. In questo romanzo King riprende le atmosfere del giallo già proprie di Colorado Kid (libretto esile ma smisurato del 2005, in cui il Nostro distrugge e rifonda letteralmente un genere, inventando un meta-orrore e un meta-mistero senza fondo), ma torna anche alla tenera rievocazione della giovinezza che permea racconti magici e incantati quali Stand by me o Cuori in Atlantide. Joyland non è un capolavoro, anzi possiede difetti evidenti – manca di polpa, suona a tratti sbrigativo, e alcuni personaggi potevano essere caratterizzati meglio; tuttavia il tocco inconfondibile di King, quella geniale rozzezza che gli consente di trascinare con sé il lettore e che lo ha reso il più grande cantastorie del pianeta, è qui presente e pulsante, è un’energia occulta fra le pagine; così come un pizzico dell’immancabile paura.

Follia di Patrick McGrath (Adelphi, pagg. 296). Gran libro, vicino alla perfetta compiutezza. E’ la storia d’un adulterio ma soprattutto d’un amore che sconfina nell’ossessione – e quale vero amore non è anche un’ossessione?
I due protagonisti, Stella ed Edgar, sono magnificamente tracciati, e Stella mi sembra davvero una delle donne più sensuali della letteratura moderna, con quel suo strascico di carnalità feroce e al contempo malinconica. La vicenda dei due amanti si sviluppa e accelera fino a dare le vertigini benché sia chiaro dall’inizio che sfocerà nella più assoluta tragedia. Il merito principale di McGrath consiste nel non mollare mai la presa e nello sfoggio d’un magistrale scavo psicologico – non a caso la distaccata voce narrante appartiene a uno psichiatra, e la discrasia fra ciò che narra e il modo in cui lo narra costituisce un autentico pezzo di bravura. Forse l’autore, specie verso la fine, esagera nelle contorsioni della trama, che giunge a sfiorare il punto in cui la sospensione dell’incredulità del lettore si rompe; ma il fatto stesso che ciò non appaia come un difetto la dice lunga sulla qualità complessiva del libro.

La ninfa incostante di Guillermo Cabrera Infante (SUR, pagg. 258). Dei tre è il libro che mi ha convinto meno ed è perciò singolare che sia quello in cui ho sottolineato più frasi e del quale ho più citazioni da fare – o forse non è affatto singolare, ma sarebbe un lungo discorso. Si tratta, in soldoni, della storia della giovane e conturbante Estela Morris e dell’amore folle, buffo e senza speranza che il narratore nutre per lei. Il libro, ambientato in un’Avana calda e verdeazzurra, piena di mare e cielo e viali alberati, è fin troppo ricco di dialoghi surreali, comicità, lazzi e giochi di parole. Ma l’autore tra uno scherzo e una divagazione, una fuga e un tradimento, e in mezzo a brani più pomposi che filosofici, è capace di piazzare frasi di fulgida poesia e d’icasticità fulminante, a metà tra sapienza e disincanto. Ecco un esempio: “Il suo sorriso, da questo lato del mare, era come una schiuma che dirompeva dai suoi denti, fuori dalle labbra carnose.” O ancora: “Il sole non tramontò ma cadde con violenza da equinozio. All’improvviso eravamo tra due luci e subito dopo nell’oscurità che faceva risplendere i fari delle auto sul Malecòn, mentre in alto si accendevano i lampioni, e un poco più in là, di fronte a noi, si illuminavano le finestre degli appartamenti e ancora più in alto dei palazzi le innumerevoli stelle: la notte che sveniva sull’Avana, una notte tropicale.” O ancora: “L’amore è come se ti dessero qualcosa che prima o poi ti verrà tolto ma che in realtà non c’è mai stato.” O ancora: “Allora seppi che l’amore non è altro che una coincidenza fatale: trovarsi in un luogo adeguato in un tempo inopportuno, inadeguato e del tutto inospitale. L’amore è un effetto senza causa.” O ancora: “Non ci sono lacrime senza testimoni del dolore.” O ancora, e per concludere: “A lei non interessavano né la luna né le stelle, ma soccombeva nello splendore dell’estate. Ballò per una sola estate.”

di Enrico Macioci

Ultima modifica il Sabato, 27 Luglio 2013 02:01

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