Rielaboro e sintetizzo una serie di osservazioni che si possono leggere per esteso in due pubblicazioni del LHASA - Laboratorio Autonomo di Studi Antropologici (Le vie del fiume – 2000; Fratello Fiume – 2010) e in altri interventi sparsi, anche in rete. Eviterò, per quanto possibile, l'uso di ogni artificio retorico inutile ai fini della riflessione.
Il tema è quello dell'importanza che i corsi d'acqua rivestono, anche nella società attuale, tanto in prospettiva eco-logica quanto in prospettiva eco-nomica, intesi i termini nel loro significato originale, come espressione dell'esigenza di comprensione dei rapporti essenziali che intercorrono tra uomo e ambiente.
In primo luogo, il fiume è uno dei principali artefici del paesaggio, inteso come lo spazio naturale in cui il bacino fluviale incide ed agisce. La presenza di un corso d'acqua di una certa entità e della rete dei suoi affluenti, anche quando siano a carattere torrentizio o addirittura semplici ruscelli caratterizza in modo determinante la natura dei luoghi, da ogni punto di vista (geologico, floristico, faunistico e così via). Modificare il corso di un fiume, o limitarne in modo artificiale la libertà di flusso provoca conseguenze già nell'immediato, che possono divenire macroscopiche nel medio periodo. Non si tratta soltanto di mutamenti "esteriori", ma anche di un cambiamento radicale, le cui forme non possono essere predette con certezza, della "destinazione d'uso" che il territorio si trova a subire e che riguarda tanto la propria specificità naturale, quanto le attività umane ad esso legate.
La presenza dei corsi d'acqua, infatti, contribuisce a determinare in maniera decisiva la storia di una terra, anche dal punto di vista antropico: senza il fiume Aterno, va detto con chiarezza, L'Aquila, Chieti e Pescara (insieme con altri borghi meno popolosi, ma altrettanto importanti nel contesto regionale e nazionale) non sarebbero potuti sorgere nella forma che, nei suoi mutamenti storici, conosciamo e le valli dell'attuale bacino fluviale sarebbero state scarsamente popolate, se non desertiche.
Il capoluogo della montagna e quello del mare non sarebbero esistiti senza il fiume, che tra l'altro costituisce il principale legame, non solo naturalistico, ma anche storico-mitico, tra due città per il resto piuttosto "distanti". Una sorta di "ponte" è dunque l'Aterno, che trascina scorie e memorie, che va tutelato nella sua essenza per essere parte di un progetto comune di sviluppo, piuttosto che, assurdamente, un ostacolo.
Di conseguenza, esiste lungo il corso principale del Fiume e nelle valli laterali del bacino un patrimonio culturale, storico, archeologico di enorme portata, che va salvaguardato a tutti i costi, anche perché, qualora le risorse vengano riconosciute e catalogate con precisione, potrebbero divenire anche elemento trainante per la ripresa e lo sviluppo economico di tutto il territorio, dalla montagna, appunto, al mare.
Basti pensare che, al momento attuale, senza che ci sia stata una vera pianificazione territoriale, si possono enumerare diverse emergenze di valore turistico (quindi economico) oltre che meramente culturale, databili per un periodo che va dal primo millennio avanti Cristo ad alcuni resti di archeologia industriale del secolo scorso.
Molte attività economiche, legate all'agricoltura, all'allevamento, o alla pesca dipendono dalle condizioni di vitalità dell'Aterno e dei suoi affluenti. Si tratta, in alcuni casi, di tutelare e valorizzare prodotti di "nicchia", del tutto originali, in qualche caso e, finché il fiume resta "vivo", perfettamente in linea con le richieste del mercato del prodotto "bio".
In altri casi, si tratterebbe di tirar fuori dall'oblio e riportare in auge specie vegetali che possono risultare una scommessa vincente, anche dal punto di vista commerciale, considerando le esigenze particolari del nuovo mercato alimentare.
A concludere rapidamente: l'Aterno e i fiumi del suo bacino sono veri "tesori liquidi", dal punto di vista ambientale, culturale, economico: a noi che abitiamo questa terra, a partire da chi la gestisce politicamente ed economicamente, il compito di proteggere e valorizzare le loro specificità e sviluppare quelle potenzialità che finora, colpevolmente, sono rimaste inespresse e di cui si può trovare il segno deciso nell'ultima pubblicazione del LHASA, Un fiume di borghi (2013), a cura di Antonio Porto.
di Sandro Cordeschi