Venerdì, 20 Maggio 2016 09:40

Centenario della nascita di Ondina Valla, il sorriso che ha fatto la storia dello sport

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Il 20 maggio 1916 nasceva a Bologna Trebisonda Valla, per tutti Ondina.

Undici anni dopo, il 23 giugno 1927, durante la "Coppa Bologna", manifestazione che vedeva in lizza tutte le scuole elementari del capoluogo emiliano, una giovanissima atleta dai capelli crespi, che correva i 50 metri piani, saltava con grande slancio in lungo (3,52 m) e con un'apprezzabile sforbiciata in alto stupì gli astanti, presentandosi al mondo dell'atletica italiana con la freschezza e la spontaneità, che diventerà poi un suo marchio di fabbrica.

Ondina Valla è stata la prima donna italiana a vincere un oro olimpico, impresa già di per sé ardua ed in più compiuta alle Olimpiadi del 1936 a Berlino, sotto gli occhi di un mondo dominato dagli assolutismi e sull'orlo del secondo conflitto mondiale.

Bolognese di nascita ma aquilana d'adozione, nel capoluogo abruzzese visse la maggior parte della sua vita, sposando il medico Guglielmo De Lucchi, e trovando la morte il 16 ottobre 2006, all'età di 90 anni.

Una donna, prima che un'atleta, considerazione non scontata per l'epoca storica in cui ha vissuto, e durante la quale ha scritto la storia dello sport italiano. Oltre all'oro olimpico, infatti, Valla conquistò 4 ori ai giochi internazionali universitari, 19 presenze in maglia azzurra, 17 titoli italiani, 35 nuovi record nazionali stabiliti e 13 uguagliati. Il record del salto in alto, stabilito il 5 settembre 1937 con la misura di 1,56 metri, resistette 18 anni e 20 giorni, fino al 1955.

ondina vallaMa fu soprattutto l'oro olimpico a darle una popolarità immensa nell'Italia fascista, e anche in quella successivamente liberata dal Duce. Oltre ad essere la prima donna italiana a vincere una gara alle olimpiadi, con la vittoria di Berlino divenne la più giovane atleta italiana a vincere un oro, all'età di 20 anni e 78 giorni. Un record rimasto imbattuto fino ai giochi del 2004.

Dopo aver abbandonato l'attività agonistica, si trasferì all'Aquila negli anni Cinquanta. Nel 1978 subì il furto della medaglia d'oro di Berlino e sei anni più tardi Primo Nebiolo, allora presidente della Federazione italiana di atletica leggera, le donò una riproduzione della medaglia rubata. A lei è intitolata la piscina comunale, alle porte del centro storico del capoluogo abruzzese.

Oggi sono in tanti a ricordarla, anche sui social network. Su Facebook un'agenzia di comunicazione bolognese ha lanciato per il centenario della nascita la pagina Facebook, mentre sarà presto online il sito web a lei dedicato, che raccoglierà documenti importanti sulla campionessa italiana, frutto della collaborazione del figlio, l'aquilano Luigi De Lucchi, e che vuole promuovere iniziative sportive e culturali in nome dell'atleta.

Un'icona da non dimenticare, non solo per le sue gesta in pista, ma anche e soprattutto per il suo sorriso: un bagliore di innocenza, prova della prevalenza dei valori sportivi che la guidavano.

Ultima modifica il Venerdì, 20 Maggio 2016 10:10

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