di Paolo Tella* - Le diverse scuole di pensiero sullo sviluppo locale oggi si confrontano, e si distinguono con chiarezza, avendo a disposizione nuovi elementi di scenario molto dinamici che mettono in discussione i modelli utilizzati fino ad ora; in particolare il modello classico, quello basato sul Marketing Territoriale, mostra i suoi limiti perché non tiene conto né delle evoluzioni culturali interne ai territori, che determinano una forte richiesta di riconoscimento di identità, né tiene conto del crescente atteggiamento delle persone (i potenziali consumatori di turismo, di alimenti, di storia, di oggetti) verso scelte determinate da considerazioni culturali prima che commerciali. Gli stili di consumo si evolvono e cresce il consumo del vino, ad esempio, se “legato” alla storia del territorio di origine e dell’azienda che lo produce.
Marketing Territoriale: il modello classico
Secondo il modello classico del Marketing Territoriale, perché si possa lavorare per lo sviluppo locale sono necessari la partecipazione degli Enti Locali e la loro disponibilità alla modernizzazione; bisogna, inoltre, orientare il marketing territoriale prima verso l’interno, riorganizzando la base produttiva locale, e poi verso l’esterno per acquisire nuovi clienti.
Sono necessari:
- messa a punto di marchi collettivi: perché le specificità di ogni singola azienda non riescono a fare massa rispetto ad un mercato di riferimento estremamente competitivo;
- meccanismi di diffusione della conoscenza all’interno del territorio: perché per aggregare aziende pubbliche e private bisogna diffondere informazioni intorno ad un progetto comune e, una volta creato il consenso, individuato il prodotto, attivata la sinergia, si potrà iniziare la campagna pubblicitaria verso i potenziali clienti. Naturalmente il coordinamento e la gestione delle attività dovrà essere centralizzata per conservare la stessa modalità di relazione e di immagine, sia verso l’interno del territorio che verso i clienti.
Sono inoltre necessari, contemporaneamente:
- rafforzamento del tessuto economico esistente;
- sviluppo di nuova imprenditorialità;
- diffusione competenze;
- disponibilità all’innovazione,
E’ evidente che questi aspetti non possono essere considerati fenomeni di crescita spontanei ma devono essere stimolati ed indotti da scelte politiche di lungo respiro utili a coprire i ritardi culturali delle imprese locali. Un modello di sviluppo basato sull’evoluzione del marketing territoriale si ottiene immaginando, ad esempio, un territorio con musei, siti archeologici, borghi e bellezze naturalistiche, buona viabilità e strutture ricettive adeguate; gli attori presenti che interagiscono sono le imprese, le associazioni culturali e le associazioni di categoria; sono presenti nel modello anche i turisti ed i consumatori intesi come target.
Le attività da svolgere sono: marketing diretto, pubblicità con mass-media, attività di relazioni pubbliche oltre all’utilizzo avanzato di internet. Il marketing diretto si svolge verso i potenziali consumatori, la pubblicità attraverso i mass-media verso le associazioni e di nuovo verso i consumatori, le attività di relazioni pubbliche verso le imprese presenti sul territorio e verso le associazioni. Tutto attraverso un centro di sviluppo che coordina le attività delle imprese, interagisce con le associazioni, mette a disposizione le risorse del territorio, interagisce con i potenziali consumatori interessati a visitare il territorio “consumando” ciò che il territorio stesso offre.
L’intero sistema interagisce ed il suo funzionamento viene automatizzato attraverso l’utilizzo di piattaforme in rete. Sembra che, grazie alla tecnica del marketing territoriale, ogni territorio possa svilupparsi: si tratta solo di destinare un budget adeguato, attuare il progetto operativo ed attendere i risultati.
Ma perché il Marketing Territoriale non funziona? Perché le innumerevoli esperienze in Italia non hanno dato i risultati attesi e solo alcuni territori sono riusciti ad evolversi nel loro insieme? E’ fin troppo evidente che le politiche locali di sviluppo non sono efficaci se stabilite a monte uniformemente e lo diventano solo quando, in alcuni territori, si interviene partendo dall’analisi dell’esistente. Di seguito propongo uno spunto di riflessione.
La società complessiva
Il confine tra il modello classico, quello descritto del Marketing Territoriale, e la modalità attuale non riconducibile a modello, è rappresentabile grazie a due tipologie di analisi diverse:
- la società in cui viviamo è ricca di diversità ed è complessa, la complessità richiede logistica, procedure ed organizzazione: bisogna razionalizzare per organizzare il territorio;
- la società in cui viviamo è ricca di diversità ed è interdipendente, la diversità deve essere rispettata e valorizzata e, questo, richiede rapporti: bisogna comunicare sul territorio ed interpretare per valorizzare.
La prima tipologia di approccio considera che, per organizzare un territorio, è necessaria l’uniformità richiesta dall’utilizzo di un modello che prende molto dall’organizzazione industriale e che considera, di fatto, un territorio come se fosse una vera e propria filiera produttiva; infatti territori diversi verrebbero organizzati nello stesso modo negando tutte quelle specificità culturali che lo caratterizzano. E’ questa la scuola di pensiero che ha generato il piano Marshall proposto nel dopoguerra in Europa come la soluzione organizzativa per la ricostruzione e la ripresa economica di interi Paesi.
La seconda tipologia di approccio, invece, richiede l’interpretazione di un territorio che ci permette di conoscerne l’identità, di lavorare su quello che un territorio ha di diverso dagli altri territori e che costituisce il suo valore distintivo, il suo punto di forza perché unico. In questo secondo caso la comunicazione è indispensabile per garantire la vitalità dell’insieme dei rapporti, formali ed informali, che costituiscono il pluralismo; la comunicazione diventa prioritaria rispetto all’organizzazione.
Quindi “interpretare per valorizzare” rappresenta il nuovo e più attuale indirizzo di lavoro perché solo in questo modo potremo tener conto delle identità e le unicità presenti sia sul territorio che costituenti del genius loci dei suoi abitanti.
La differenza tra locale e globale
In sintesi estrema, ma sarà oggetto di successivo approfondimento, confronto le due tipologie di approccio da un punto di vista economico/organizzativo e di marketing.
Definiamo l’economia locale basata sul rapporto creato tra produttore e consumatore nell’ambito geografico di residenza e culturale di appartenenza, un ambito in cui la localizzazione geografica e la cultura del posto (il “genius loci”) sono coerenti. In sintesi: economia locale = ogni prodotto solo sul suo territorio.
Pensiamo a quante aziende, oggi, lavorano in ottica locale: sono generalmente piccoli produttori che gestiscono aziende di famiglia ed hanno trovato l’equilibrio giusto tra la loro dimensione ed il loro mercato di riferimento spesso coincidente con l’area geografica, più o meno grande, circostante lo stabilimento di produzione.
Definiamo l’economia globale quella basata sul rapporto mediato da terzi ed indipendente da localizzazione geografica e da componenti culturali del luogo in cui si vende il prodotto. In sintesi: globale = lo stesso prodotto su tutti i territori.
Pochissimi di noi sanno in quale luogo vengono imbottigliate e prodotte le famose bevande che acquistiamo, pochissimi di noi sanno dove vengono confezionati i biscotti che troviamo sui banconi della grande distribuzione. Bisogna leggere con molta attenzione le etichette. L’esigenza prioritaria delle aziende produttrici è quella di generare economie di scala; naturalmente la standardizzazione è indispensabile e la certificazione di qualità spinge in questa direzione. Ma se “naturalmente” il sapore del formaggio cambia con le stagioni perché è diversa l’erba mangiata dalle mucche, grazie alla certificazione di qualità il sapore sarà sempre uguale! Ma quale qualità cercano i consumatori? Quella sempre uguale ottenuta standardizzando oppure quella ottenuta senza alcuna manipolazione?
Innovazione e tradizione
La novità portata dalle nuove generazioni digitali è data dalla capacità avanzata di utilizzo della rete e dei social media insieme al fascino culturale dell’anti globalizzazione e del “no-logo”. Il rifiuto della televisione a vantaggio di un palinsesto personalizzato possibile in rete, ha generato consumatori capaci di cercare in maniera specifica ciò che risponde ai propri gusti e stili personali.
Se la scuola classica dello sviluppo ci propone il modello del marketing territoriale e ci dice che bisogna fare massa critica, ossia produrre più prodotti per economizzare i costi e vendere in grande distribuzione, la nuova tendenza rappresentata dalla valorizzazione delle identità ci dice che bisogna fare cultura perché solo facendo cultura si riesce a consumare rispettando le aspettative del consumatore evoluto e, spesso, rispettando l’ambiente e la salute dell’uomo.
Quindi le specificità legate ai luoghi vengono valorizzate, rispettate e messe in rete insieme al loro patrimonio di cultura tacita e, spesso, inconsapevole: il genius loci genera un’offerta disegnata su specifiche caratteristiche locali che incontrano specifiche esigenze, si basa sulla cultura della comunità presente “in loco” e, soprattutto, distante da modelli e formule prodotti altrove. E’ l’incontro di singoli consumatori con singoli produttori che viene favorito da strumenti di ricerca in rete specifici e mirati che permettono di creare la vacanza su misura ma anche la vacanza che non hai mai fatto nessuno fino ad ora.
Sul territorio e’ l’identità collettiva che crea la coesione sociale e che armonizza le dinamiche di decisione tra gli attori dello sviluppo; è l’identità il fattore chiave da recuperare attraverso un percorso di comunicazione all’interno di un sistema di relazioni locali. L’Italia si distingue, ancora oggi, per la cultura del saper fare, nata dai “mastri” artigiani dell’800 e sfociata nel made in Italy; e mentre i fattori economici spingono verso una globalizzazione sempre più esasperata, i fattori culturali valorizzano le produzioni di nicchia.
Il made in Italy si divide: mentre i più grandi globalizzano, i più piccoli e capaci di prodotti unici valorizzano il luogo e la loro storia: nasce il “facto in loco” come nuovo concetto di valore.
*Paolo Tella, nato ad Isernia, in Molise, e residente a L'Aquila dal 1977, dopo proficui studi in ingegneria gestionale ed un master biennale con specializzazione in marketing strategico e relazioni pubbliche, fonda nel 1989 la sua prima società di consulenza in strategie collaborando in trent'anni con oltre 200 aziende private ed Enti Pubblici, in Italia ed all'estero. A seguito del terremoto del 6 aprile 2009 rientra a L'Aquila e contribuisce alla sua ricostruzione fondando il primo Consorzio Etico di Imprese.
Intervento estratto dal libro LA COMUNICAZIONE NELL’ETA’ DELLA DESTRA – Attori e percorsi del nuovo agire sociale, edito da Franco Angeli nel 2001 per la Collana della Comunicazione.