Venerdì, 14 Ottobre 2016 14:07

L'insostenibile leggerezza di Dado: polemiche sulla nuova stagione del Tsa

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Sta facendo molto discutere il programma della nuova stagione del Tsa, il Teatro Stabile d'Abruzzo.

Il cartellone presentato due giorni fa ha sollevato un coro di polemiche. I più perplessi sono soprattutto gli abbonati storici, rimasti interdetti sia dalla scelta dell'ente di dedicare metà programmazione (5 spettacoli su 10) al teatro comico “per andare incontro ai gusti del pubblico” (come ha detto la presidente Nathalie Dompè) sia dagli artisti scritturati. Va bene aprire al teatro comico ma nomi come quelli di Dado (quello del tormentone di qualche anno fa Ciao raga, tutto rego?), Riccardo Rossi e Maurizio Battista sono apparsi stridenti  rispetto alla storia del blasonato Tsa che fu dei vari Carmelo Bene, Gigi Proietti e Antonio Calenda.

I commenti negativi si raccolgono un po' ovunque ma, come al solito, il miglior termometro per misurare gli umori degli spettatori sono i social.

Soprattutto su Facebook, si è scatenata una ridda di reazioni oscillanti tra l'indignato, l'amareggiato e il sarcastico: “Sono abbonata dal 1975, sono venuta a teatro anche quando dopo il sisma ero a Santo Stefano, ma il programma di quest'anno mette a dura prova la mia costanza” scrive una spettatrice; “Non vedevo l'ora che uscisse il programma per potermi abbonare. Oggi dire che sono amareggiata è poco” afferma un'altra abbonata delusa; “Che tristezza...C'è ancora chi, inseguendo incassi facili, confonde intrattenimento e cultura” osserva un'altra (ex) aficionada; e ancora “Probabilmente siamo stati abituati male, ma ciò che noi spettatori "storici " chiediamo è una stagione di prosa di alto livello ovvero costituita da testi importanti rappresentati dai migliori interpreti italiani. La "leggerezza" dovrebbe essere questa: assistere a spettacoli che ci fanno uscire soddisfatti per aver trascorso una serata diversa. Se vogliamo ridere, mettiamo una cassetta di Checco Zalone!”. E c'è anche chi la butta sull'ironia: “Mi stupisce la grande assenza di Martufello”.

Molti hanno trovato di cattivo gusto anche le dichiarazioni rilasciate da Nathalie Dompè in conferenza stampa: “Noi non siamo un ente privato ma un ente pubblico e il nostro dovere è rendere felici le persone ci sostengono, cioè gli aquilani e gli abruzzesi che, anno dopo anno, continuano a confermare le loro presenze. Il programma che abbiamo elaborato, improntato a una maggiore leggerezza, propone contenuti coerenti con le esigenze degli spettatori”.

Anche in questo caso, i commenti si sono sprecati: “Che scarsa considerazione del pubblico”; “Parlare di "leggerezza" riferendola al teatro - o a qualsiasi altra arte - è intollerabile”.

Effettivamente, il concetto espresso dalla presidente Dompè - “Poiché siamo un ente pubblico e non un'azienda privata dobbiamo accontentare i gusti di tutti” - è quantomeno discutibile. E' vero, infatti, il contrario: proprio perché il Tsa è un teatro finanziato con soldi pubblici, non dovrebbe sottostare alle stesse logiche di profitto dei privati né inseguire a tutti i costi i gusti di un pubblico di massa. Ammesso e non concesso, naturalmente, che ciò che il pubblico vuole sia Dado.

Ma il cahier de doléances non è finito qui.

Come abbiamo già scritto due giorni fa, è apparsa piuttosto irrituale (ai limiti dello sgarbo istituzionale), nella conferenza stampa di presentazione della nuova stagione (tenutasi, peraltro, a palazzo Silone, sede della Regione, e non nella sede del teatro a piazza Duomo) l'assenza di Alessandro D'Alatri, il direttore artistico del Tsa. In cinquant'anni di storia del teatro (fondato nel 1963) non era mai successo che un direttore artistico disertasse la presentazione di una stagione e si affidasse, per il suo messaggio inaugurale, a un video registrato (come ha fatto, appunto, D'Alatri).

“D'Alatri aveva impegni promozionali fuori città” è stata la giustificazione data dalla presidente Dompè, chiamata a recitare, davanti ai giornalisti, anche un ruolo che non era propriamente il suo. Il punto, però, è proprio questo: il fatto che il regista abbia scelto di dare priorità ad altri obblighi è indicativo. Ma un ente come lo Stabile avrebbe bisogno di un direttore artistico a tempo pieno e in servizio permanente, presente in città dieci mesi l'anno e non dieci volte.

D'Alatri, oltre a essere un uomo di teatro, è anche un affermato e richiesto regista televisivo. I suoi impegni extra Tsa sono legittimi ma viene da chiedersi: sono conciliabili con i suoi doveri di direttore artistico? Oppure, rispetto a questi ultimi, rischiano di essere soverchianti?

Il problema, peraltro, non nasce con D'Alatri: anche il suo predecessore, Alessandro Preziosi, venne criticato per gli stessi motivi. Tra coloro che non le mandarono a dire all'attore napoletano ci fu la senatrice Pezzopane: “Preziosi come direttore artistico è stato troppo poco presente all’Aquila”.

C'è da dire che nemmeno la presidente Dompè, fortemente voluta, un anno fa, da Luciano D'Alfonso e dal Pd, ha brillato, da quando si è insediata, per presenzialismo.

“Cerco di essere qui ogni volta che posso compatibilmente con i miei impegni aziendali” ha dichiarato, a margine della conferenza stampa rispondendo alle domande dei giornalisti, la Dompè.

Ora, è vero che quella del presidente è una figura diversa dal direttore artistico, con un profilo e dei compiti più istituzionali, giuridico-amministrativi e di rappresentanza che non di conduzione artistica. Ciò che colpisce di queste dichiarazioni, tuttavia, è che, di nuovo, gli interessi del Tsa sembrano passare in secondo piano rispetto a degli obblighi lavorativi personali.

Altri due nodi che il Tsa dovrà sciogliere in futuro sono quello di una dimensione locale ancora troppo asfittica (l'orizzonte di proiezione continua a essere per lo più quello aquilano) e, soprattutto, quello delle produzioni.

Dei cinque spettacoli di teatro di prosa presenti quest'anno, quattro, sulla carta – China Doll (regia di D'Alatri), Tutti insieme appassionatamente (regia di Fabrizio Angelini), Romeo e Giulietta (regia di Andrea Baracco, con Alessandro Preziosi) e Per ciò che è stato (regia di Mauro Santopietro) - sono prodotti dallo Stabile. A ben guardare, però, solo Per ciò che è stato è una produzione “pura”. Le altre sono tutte co-produzioni.

Troppo poco per pensare di rimanere tra le eccellenze degli Stabili italiani: “Il prossimo anno si andrà a verifica al Ministero e tutti i nodi verranno al pettine” ha scritto ieri Antonio Di Muzio sul Messaggero “Per la permanenza nei Tric (teatri a rilevante interesse culturale, ndr) ci vorrà molto, molto di più”.

Ultima modifica il Venerdì, 14 Ottobre 2016 17:09

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