Lunedì, 18 Dicembre 2017 02:29

Il parco archeologico di Amiternum tra asfalto e cemento

di  Giovanni Cialone

Quando ci si affaccia sulla valle dell’Aterno dall’acropoli di Amiternum, balcone naturale su al paese di San Vittorino, lo sguardo spazia sui resti del passato circondati dall’ordinato paesaggio agrario costruito.

Nel raggio di cinquecento metri le tracce di tremila anni di storia sono ancora ben leggibili e recentemente i saggi di scavo del prof. Heinzelmann dell’Università di Colonia hanno confermato la presenza dei Sabini sul colle mentre, nei pressi del cimitero, fanno mostra di sé resti di edifici di epoca repubblicana. A Valle l’età imperiale con teatro, anfiteatro, mausoleo e domus patrizie ma anche i resti delle chiese altomedievali con la basilica longobarda che sta scavando il prof. Redi dell’università dell’Aquila.

Tornando sul colle, le Catacombe paleocristiane con la tomba del Martire Vittorino e la chiesa medievale. In alto sulla collina di Jereone, i resti del dongione normano le mura del castello che fu, tra i fondatori della città dell’Aquila. Insomma un complesso sistema di stratificazioni storiche che hanno resistito al tempo ed alle incursioni, perfino alle invasioni dei Goti e dei Saraceni.

A fare ciò che non è riuscito al tempo ed alle invasioni ci penseranno gli uomini dell’età moderna. La pressione antropica sta modificando questo delicato ed ordinato insieme che avrebbe bisogno di salvaguardia, tutela e valorizzazione.

Prima la strada del G8, poi la Scuola Edile che sta costruendo un orribile capannone a qualche centinaio di metri dal teatro ed a ridosso di una domus, ed oggi la variante alla SS 80. L’Anas, con l’avallo di Comune, Regione e Soprintendenza intende realizzare una nuova strada di tipo extraurbano sull’area archeologica. a poche decine di metri dal teatro e praticamente sopra il mausoleo dove è stato rinvenuto il bellissimo letto da parata conservato nel museo di Montemartini di Roma.

Le istituzioni che dovrebbero salvaguardare e proteggere il patrimonio ambientale storico ed archeologico (e che non lo fanno) hanno il dovere di rispondere alle tante perplessità che questa opera pone. In particolare, la Regione dovrebbe spiegare perché il progetto non è stato sottoposto alla procedura VIA (Valutazione Impatto Ambientale), procedura alla quale si stanno sottoponendo invece, e giustamente, il progetto Anas per la variante di Vetoio e la variante Sud (utilizzando di fatto due pesi e due misure). La stessa Regione dovrebbe chiarire perché il progetto è stato approvato nonostante passi nella zona a conservazione integrale del piano paesistico dell’Aterno che vieta espressamente la realizzazione di strade. La Soprintendenza dovrebbe precisare perché ha rilasciato l’ autorizzazione paesaggistica considerando che sui luoghi insiste anche un decreto di vincolo ministeriale; tra l'altro, ha rilasciato l’autorizzazione archeologica senza aver completato le indagini su tutta l’area e sul contesto.

Non ci si può rifugiare dietro un dito raccontando la storiella che la nuova strada eliminerà l’interferenza tra teatro ed anfiteatro. Non e vero.

La vecchia strada cambierà di gerarchia ma resterà, dovrà infatti servire le varie attività presenti nell’area ed anche per lo stesso parcheggio del teatro. Per collegare teatro ed anfiteatro basterebbe un ponte pedonale in legno, come previsto in progetti di qualche anno fa. La nuova strada, realizzata quasi tutta in rilevato, con ingombri fino a 25 metri, rappresenterà invece una separazione netta ed invalicabile tra la zona archeologica di valle e quella sulla collina. Occuperà una superficie di circa 30.000 mq tra sede stradale e scarpate: la strada esistente impiega una superficie di circa 6500. Quasi cinque volte di consumo di suolo in più.

Mettendo insieme queste considerazioni, il semplice principio di precauzione avrebbe consigliato diverse soluzioni che pur ci sono, sono state più volte affacciate e sono molto meno costose. Si resta comunque in attesa di conoscere le motivazioni che hanno portato all'approvazione di questo disastroso progetto e si chiede alle istituzioni che dovrebbero tutelare paesaggio e beni archeologici di rivedere le loro decisioni.

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