"Presidente, non lasciateci soli ancora una volta": è l'appello del movimento "Italiani senza cittadinanza" al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, per far sì che la legge sullo ius soli non resti chiusa nel cassetto.
Ragazzi e ragazze del movimento - che conta un milione di giovani residenti in Italia senza cittadinanza, la maggior parte nati nel nostro Paese - torna a sollecitare il via libera alla legge che in realtà sembra ormai destinata all'oblio, almeno per questa legislatura. Specie dopo la mancanza del numero legale al Senato nell'ultima seduta prima della pausa natalizia, il 23 dicembre scorso. A Palazzo Madama, al momento di iniziare la discussione sulle pregiudiziali al ddl, erano presenti 116 senatori su 319; nemmeno uno era presente sui banchi del Movimento 5 Stelle e c'era quasi il deserto su quelli dei centristi. Ovvio anche il blocco da parte di Lega e Forza Italia che hanno tentato di affossare la legge sin dalla sua presentazione. Assenti 29 dem (1/3 scarso del gruppo: i presenti erano 69): Mdp quasi al completo (13 su 16).
Il presidente Pietro Grasso, verificato che, visto il grande numero di assenti, difficilmente si sarebbe raggiunto il numero legale, ha fissato la prossima seduta per martedì 9 gennaio alle 17, con all'ordine del giorno "comunicazioni del presidente". Di fatto, è il definitivo stop, in questa legislatura.
"Egregio presidente della Repubblica - si legge nella lettera aperta - il 27 dicembre ricorrono i settant'anni della promulgazione della Costituzione del nostro Paese. In una giornata così bella e fondamentale per le nostre vite e per la nostra democrazia, è nostro dovere ricordarle come molte e molti di noi abbiano imparato a conoscerla tra i banchi di scuola, imparandone i valori fondamentali di libertà, uguaglianza, pace, rispetto, imparando a diventare di fatto cittadini e non più sudditi, secondo gli auspici di Piero Calamandrei e le opportune circolari ministeriali che spingono i docenti a seminare semi di cittadinanza attiva nei loro allievi e nelle loro allieve".
"Tutti e tutte noi l'abbiamo letta, riletta e riscoperta in questo anno di mobilitazione a favore della riforma della cittadinanza - hanno aggiunto ragazze e ragazzi senza cittadinanza - ci siamo riconosciuti profondamente nei suoi valori, e in particolare nell'articolo 3, il cui secondo, magnifico comma, concepito dal padre costituente Lelio Basso, recita 'è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese'. Questo articolo prospetta un orizzonte di riduzione delle diversità e di accesso ai diritti fra le varie componenti della Nazione e di progressivo ampliamento dei diritti e della platea degli aventi diritto come inscritto nell'intelaiatura profonda della Repubblica".
Facendo riferimento quindi alla mancanza del numero legale di sabato scorso in Senato, "concorderà con noi - hanno proseguito i ragazzi, rivolti a Mattarella - che il 23 dicembre la Repubblica ha fallito nella rimozione di questi ostacoli, mantenendo di fatto una distinzione netta tra cittadini e non, basata su una concezione prettamente elitaria ed economica della cittadinanza. La cittadinanza è qualcosa di più di un diritto. La grande filosofa Hannah Arendt l'ha definita 'il diritto ad avere diritti' in quanto solo il riconoscimento della cittadinanza trasforma un individuo in un soggetto giuridico detentore di diritti".
Quindi la richiesta al Capo dello Stato: "Non lasci che questa battaglia, iniziata con le prime mobilitazioni della Rete Nazionale Antirazzista nel 1997, quando molti e molte di noi non erano ancora nati, cada in un nulla di fatto. Anche perché così non è. Il quadro che consegnerebbe al Paese la rinuncia a discutere in aula la riforma della cittadinanza è ben diverso da quello che si presentava all'inizio della legislatura. In questi mesi, forze oscure che puntano a indebolire le ragioni della convivenza e dello stato di diritto sono cresciute, proprio cavalcando le ragioni del fronte del no alla riforma, riattivando la memoria di parole d'ordine che credevamo dimenticate, legate al fascismo e del colonialismo. Qui, non si parla di una battaglia che punta semplicemente alla conquista di un accesso alla cittadinanza più semplificato. Con la nostra battaglia puntiamo ad ottenere, finalmente, il nostro riconoscimento come categoria sociale finora ignorata e dimenticata; con la nostra battaglia puntiamo ad una politica di ampio respiro, al passo con i tempi e che soprattutto sappia riconoscere i cambiamenti sociali e culturali del proprio Paese. Con la nostra battaglia, inoltre, puntiamo ad ottenere un'applicazione ancora più incisiva della nostra Costituzione Italiana".
Intanto, Papa Francesco nella sua omelia di Natale ha sottolineato che "è Gesù che dà a tutti noi il documento di cittadinanza''; e chissà cosa ne penseranno gli esponenti politici di centrodestra, pronti a sostenere le battaglie per i presepi ma incapaci di comprendere il messaggio di potenza che la natività di un escluso, figlio di profughi, ha raccontato al mondo.
"Doveva essere un gesto di civiltà come qualcuno ha detto tempo fa: invece, si chiude nel modo più incivile possibile, lo ius soli non verrà approvato, basta ipocrisie elettorali", le parole di Andrea Iacomini, portavoce dell'Unicef Italia. "È un atteggiamento davvero inaccettabile - ha aggiunto - quando si tratta di bambini e ragazzi. L'Italia ha violato l'art.2 della Convenzione sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza in materia di non discriminazione, è un dato di fatto malgrado le continue raccomandazioni dei Comitati Onu".
"In tanti, però - osserva il portavoce di Unicef Italia - si sono spesi per questa causa. Esiste una buona Italia che come sempre sopperirà alle assurdità dei calcoli elettorali. Saranno quei cittadini della società civile e delle associazioni che continueranno a lavorare seriamente ogni giorno per arginare i danni di questo ennesimo scempio parlamentare e faranno capire a questi 800mila minori quanto essi contino per gli adulti responsabili del Paese. È una brutta pagina della nostra storia repubblicana quella che si consumerà allo sciogliersi delle Camere dopo natale che sul tema della cittadinanza si ripete tristemente oramai da dieci anni. Siamo indignati".
La presidente della Camera Laura Boldrini ha parlato di "promessa mancata"; Avvenire accusa i politici di essere "ignavi e in fuga". C'è, poi, tutta la "tristezza" di don Ciotti - il presidente di Libera e del Gruppo Abele che agli 'ultimi' ha dedicato la vita - secondo cui "quella che si è verificata in Senato è un'inqualificabile diserzione dalla responsabilità. La politica - ha aggiunto il sacerdote - non può essere un gioco di potere sulle speranze delle persone, un'umiliazione dei loro diritti e delle loro aspirazioni".