Vi sarà sicuramente capitato di attraversare via De Nicola, nel quartiere di Pettino, e rivolgere lo sguardo al cielo. Gli osservatori più attenti avranno sicuramente notato alcune paia di scarpe ciondolare dai cavi della monorotaia fantasma.
Non sono state lasciate lì per caso, né sono il frutto di atti vandalici, bensì di una vera e propria espressione artistica: lo 'shoefiti'.
Il termine 'shoefiti' ('shoe' - in inglese scarpa - unito alla parola 'graffiti') è stato coniato nel 2005 dal blogger statunitense Ed Kohler, e indica un forma d'arte dal sapore 'urban', nata ai margini delle metropoli.
Per realizzare la propria opera basta lanciare in aria un paio di scarpe, legate tra loro dai lacci, in modo che rimangano appese a cavi della media tensione, fili della luce elettrica, delle ferrovie o dei tram.
Si tratta di un gesto semplice, una forma di creatività prêt-à-porter che non richiede particolari strumenti o investimenti economici, né lunghi tempi di realizzazione. Scagliando al cielo, con vigore, un paio di scarpe, si può, infatti, realizzare un'autentica installazione artistica, per lanciare qualsiasi messaggio.
I primi avvistamenti di 'calzature volanti' pare risalgano alla fine degli anni '60, negli Stati Uniti, successivamente la moda si diffuse in America del Sud e poi, con l'avvento di Internet, in numerosi altri stati. Tuttavia, le origini di questo fenomeno, tanto affascinante quanto bizzarro, sono ancora avvolte nel mistero, perse tra svariate leggende metropolitane.
Lo shoefiti assume, a seconda dei luoghi e delle culture, i più disparati significati, dalla volontà di lasciare un segno del proprio passaggio alla protesta contro il degrado urbano.
In alcune parti del mondo lo shoefiti simboleggia il passaggio dall'adolescenza all'età adulta, o la perdita della verginità. Per altri è un rito per celebrare la fine della leva militare, o un imminente matrimonio.
Nei quartieri più malfamati dell'America Latina la tradizione vuole che le scarpe vengano appese sui cavi elettrici per segnalare zone adibite a spaccio di droga. Tra i gruppi di giovani ragazzi di strada lo shoefiti è usato per commemorare i compagni morti, magari caduti in scontri tra bande.
In Finlandia, invece, questa street art è divenuta un vero e proprio 'sport folcloristico', tanto che nel 1976 fu organizzato il primo 'Campionato Finlandese di Lancio dello Stivale'. Anche in Nuova Zelanda, lo shoefiti è uno sport molto in voga, soprattutto negli ambienti rurali. Contadini e agricoltori, infatti, si sfidano a lanciare i grandi stivali di gomma utilizzati per lavorare la terra. Taihape, città della Nuova Zelanda centrale, si è addirittura proclamata 'Capitale del Lancio dello stivale di Gomma della Nuova Zelanda' ('Gumboot Throwing Capital of New Zealand').
Il 'lancio della scarpa' è stato interpretato in chiave sportiva anche in Germania, Europa dell'Est, Australia e Russia.
In Medio Oriente, al contrario, la mania dello 'shoe tossing' (lancio della scarpa), non è affatto ben vista. Scagliare le proprie scarpe in aria o mostrare le suole delle proprie calzature a qualcuno è un gesto gravemente offensivo nella cultura araba. Ricordiamo il caso del giornalista iracheno Muntadhar Al-Zaidi, che a Baghdad, nel 2008, ai margini di una conferenza stampa, lanciò le proprie scarpe contro l'allora presidente degli Stati Uniti, George W. Bush. Il giornalista fu immediatamente arrestato.
In Italia lo 'shoefit' pare abbia iniziato a colorare il panorama urbano nel 2009, con i primi avvistamenti a Roma, Firenze e Caserta, per poi espandersi a macchia d'olio lungo l'intera Penisola.
Anche a L'Aquila qualcuno ha colto nuovi stimoli di crescita, almeno in campo artistico.
Lo sbarco della moda made in USA in sempre più numerose città italiane è avvenuta soprattutto grazie ai numerosi blog di shoefiti, che raccolgono foto del fenomeno da tutto il mondo.
Qui, L'Aquila