Quando piogge particolarmente violente causano piene di fiumi e torrenti, molti amministratori comunali chiedono a gran voce interventi per evitare situazioni di pericolo per persone, cose e attività agricole; cosa giustissima, senonché la richiesta spesso è quella di ripulire gli alvei e di effettuare la manutenzione degli argini. Quest'ultima, visto che nel tempo i manufatti pensati per contenere le piene hanno spesso subito danni, può essere necessaria in diversi casi.
"In realtà - spiegano le associazioni Lipu, Stazione ornitologica abruzzese e Altura - gli argini possono anche dare una falsa idea di sicurezza, perché se vengono travolti - e in Italia è accaduto più volte - la piena arriva sulle case in pochi secondi. Sarebbe quindi più opportuno un intervento di allargamento degli stessi per dare possibilità alle piene di espandersi senza danni. A questo proposito andrebbe condotta finalmente e senza ulteriori indugi un'attività di delocalizzazione degli edifici costruiti, a volte, addirittura all'interno degli argini o nelle zone a più alto rischio. Cosa illegale e pericolosissima, come si è visto ripetutamente in Italia, e che purtroppo viene troppo spesso tollerata dai sindaci e dalle altre autorità preposte".
Molte leggi e piani ufficiali, compresi quelli sui rischi redatti dalla Regione Abruzzo, prevedono la delocalizzazione degli edifici più a rischio per risolvere alla radice il problema ed evitare continui interventi spesso dannosi e non risolutivi, "ma a nostra conoscenza in Abruzzo non si è mai proceduto in tal senso", denunciano le associazioni. "Case costruite all'interno delle aree a rischio sono presenti, ad esempio, anche lungo il fiume Saline e il torrente Piomba. Le cosiddette ripuliture significano spesso la cementificazione e sempre la distruzione totale, o quasi totale, della vegetazione arbustiva ed arborea che cresce lungo fiumi e torrenti. I corsi d'acqua vengono così di fatto trasformati in canali".
Questi interventi anziché ridurre i pericoli provocati dalle piene ottengono proprio l'effetto contrario. "Infatti, la massa d'acqua dovrebbe essere rallentata nella sua corsa verso il mare in modo da ridurne la forza distruttiva e di diluirla nel tempo: invece, così facendo la velocità di deflusso viene aumentata, cosa che naturalmente ne incrementa la pericolosità. Inoltre questi interventi provocano danni gravissimi all'ecosistema dei fiumi e dei torrenti. Sulle sponde, crescono infatti alberi ed arbusti che, oltre ad avere un importante effetto regimante, sono di grande importanza naturalistica e paesaggistica e costituiscono un insostituibile ambiente di vita per un gran numero di specie animali, tra cui diversi uccelli, mammiferi, anfibi e rettili, tutelati a livello regionale, nazionale e comunitario, condannate all'estinzione se il loro ambiente viene distrutto. Ma anche le popolazioni di pesci viventi in fiumi e torrenti subiscono gravissimi danni in seguito a questi interventi".
Sul fiume Saline, ad esempio, vi sono importanti formazioni arboree ed arbustive, che andrebbero attentamente tutelate. "Non vorremmo che in alcuni casi dietro a questa campagna nazionale per la canalizzazione di fatto dei nostri corsi d'acqua si celassero interessi collegati alla produzione di cemento e di utilizzo del legname anche per la produzione di cippato".