"Il Terzo mondo non intende organizzare una immensa crociata della fame contro tutta l'Europa. Ciò che esso si attende da quelli che l'han mantenuto in schiavitù per secoli è che lo autino a riabilitare l'uomo, a far trionfare l'uomo dovunque, una volta per tutte. E' chiaro che non spingiamo l'ingenuità fino a credere che ciò si farà con la cooperazione e la buona volontà dei governi europei".
Così scriveva, nel 1962, Frantz Fanon nel suo libro più famoso, I dannati della terra. Pur affondando le sue radici nella drammatica esperienza della rivoluzione algerina (Fanon fu militante del Fronte di liberazione nazionale algerino) il libro divenne tra i principali riferimenti per quanti, allora, erano impegnati nelle lotte di liberazione nazionale contro il colonialismo.
Oggi, con il ritorno di violente forme di razzismo e xenofobia, l'opera di Fanon, un monito contro le derive del nazionalismo e del colonialismo, è tornata drammaticamente d'attualità
La riflessione del pensatore martinicano è stata al centro di un seminario, lo scorso 26 novembre, tenuto alla Facoltà di Psicologia dell'Università degli Studi dell'Aquila da Adriano Voltolin, psicoanalista, docente di Psicoanalisi all'Università di Milano-Bicocca e presidente della Società Critica di Psicoanalisi di Milano.
Professor Voltolin, alla luce del ritorno di violente forme di razzismo e xenofobia a cui assistiamo oggi, qual è l'attualità della lezione di Fanon?
L'attualità di Fanon è mostrata da almeno tre cose che lui intuisce con grande acutezza negli anni 50. Prima di tutto che "i dannati della terra" non era un problema contingente. Oggi sono più di allora. Inoltre, Fanon comprese che il movimento rivluzionario che avrebbe sconvolto gli equilibri, non passava più solamente per le classi operaie dei paesi sviluppati, ma stava attraversando anche il Terzo Mondo. Infine, la sua intuizione sulla parzialità della scienza psichiatrica e psicologica è confermata non solo da una serie di pubblicazioni, più o meno coeve al tempo in cui Fanon scrisse quel testo. La certezza che le scienze non siano neutrali è valida oggi tanto quanto allora.
Nell'opera di Fanon troviamo riflessioni sulle forme di nazionalismo, una parola che oggi è tornata in auge insieme al concetto di sovranismo.
Fanon li aveva già individuati come moti pulsionali di fondo, vivi oggi quanto allora. In una situazione, quella attuale, queste forme di nazionalismo e sovranismo tornano a manifestarsi non solo per ragioni storiche, politiche ed economiche, ma anche perchè la capacità di controllo e di governo della cosa pubblica, soprattutto nei paesi occidentali, è minore di un tempo.
A chi spetta il compito, oggi, di costituire un argine a questo "elemento pulsionale"?
Alle istituzioni pubbliche e alla cultura. Esistono degli studi, anche italiani, decisamente allarmanti rispetto alla trasmissione e alla funzione della cultura che oggi, anzichè sulla solidarietà e sulla comunità, si basa sulla vittoria del singolo a scapito di tutti gli altri.
Questa tendenza riguarda solo alcune fasce sociali o è un problema trasversale?
E' una tendenza che, oggi, accomuna le classi più agiate, come si diceva un tempo, e quelle che lo sono meno. La solidarietà di classe fa acqua da tutte le parti, per molti motivi, non solo psicolgici.
Oggi assistiamo a un indebolimento dei corpi intermedi e delle istituzioni sociali che si occupano di trasmissione della cultura, crede sia possibile demandare questo compito a signoli individui?
E' molto difficile. Il venir meno di corpi intermedi, come erano i partiti, i sindacati, l'associazionismo, ha un peso rilevante. Credo che sia necessario, ma forse questo compito spetterà alle generazioni più giovani, acquisire la capacità di leggere nell'attuale panorama della cultura contemporanea dove essa aggrega e dove no. Oggi si pensa erroneamente che i social network siano capaci di aggregare. Il tessuto culturale è completamente da ricucire.
Al di là degli aspetti strettamente normativi, che analisi si sente di fare del Decreto sicurezza appena approvatio, accusato di stabilire un'equazione, tra migrante e straniero che delinque.
Non conosco approfonditamente la questione, ma il problema è proprio questo. Se io stabilisco un'equazione in partenza so già chi è il colpevole. Di fronte a un fatto di cronaca nera che non riguarda immigrati, ad esempio, viene sempre evidenziata la nazionalità italiana dell'autore del crimine. Una forma di excusatio non petita rivelatrice, però, di questo modo di pensare.