Sabato, 06 Aprile 2019 19:21

'Nati alle 3e32': dieci anni dopo, la storia del comitato cittadino in un libro. Diego Bianchi: "Raccontare la loro tenacia è stata una grande responsabilità"

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Subito dopo il terremoto del 6 aprile 2009, un gruppo di attivisti, donne e uomini aquilani, si è impegnato per dare vita ad un movimento che rivendicava trasparenza e partecipazione della popolazione nel processo di ricostruzione. E' nato così il comitato 3e32 che, in questi anni, ha rappresentato una voce critica imprescindibile nel dibattito pubblico cittadino. 

Dieci anni dopo, gli attivisti hanno pubblicato un libro inchiesta collettivo che torna a far luce su quella terribile notte e su quello che è accaduto dopo, nel 2009 e nel 2010. Dalla scritta 'Yes we camp' che accolse Barack Obama a L'Aquila al G8, dal popolo delle carriole alle manganellate ricevute a Roma sotto casa di Silvio Berlusconi, dalla critica al progetto Case alla battaglia contro l'idea di trasformare la Protezione civile una società per azioni, il comitato 3e32 ricostruisce un pezzo di storia della città, dal parco allestito in via Strinella fino all'occupazione di CaseMatte all'ex ospedale psichiatrico di Collemaggio che il comitato ha contribuito a tenere vivo sottraendolo a 'certe' mire privatistiche. 

Una comunità che ha provato a tutelare la propria città mentre le priorità politiche diventavano altro, giorno dopo giorno, governo dopo governo. E che oggi prova a raccontare come sono andate davvero le cose a L'Aquila, nei mesi dell'emergenza segnati dal "comando" e dal "controllo". Una storia da più parti taciuta, la storia di quello che non dovrebbe accadere e che pure è accaduto. 

"Nati alle 3e32. L'Aquila, cronache dal dopo terremoto" è edito da Round Robin nella collana Fuori rotta. E' stato presentato a L'Aquila il 6 aprile, non poteva essere altrimenti in un affollatissimo auditorium del GSSI, con tanta gente rimasta fuori dalla sala. Oltre alle attiviste e agli attivisti hanno partecipato il giornalista Manuele Bonaccorsi, Sabina Guzzanti e Diego Bianchi, in arte 'Zoro', che ha curato la prefazione. 

Bianchi che, venerdì sera, ha dedicato un pezzo di 'Propaganda Live' a L'Aquila, e che ha seguito le vicende del terremoto in questi anni, ha raccontato di essere arrivato per la prima volta in città nel 2010, un anno dopo il terremoto, fino ad allora 'spaventato' dalla massiccia presenza dei media e dalla enormità dell'accaduto, "una cosa troppo grossa per essere contenuta da una telecamera". E' proprio a L'Aquila, però, che Zoro troverà la sua cifra stilistica, assolutamente originale. "Il rumore delle carriole sbattute sul selciato, la rete che delimita la zona rossa abbattuta, il rinvenimento di effetti personali rimasti ad un anno di distanza nello stesso punto dove erano finiti alle 3e32 di un anno prima, il tentativo di differenziarne lo smaltimento, sono scene che ho filmato, vissuto e ammirato mentre le filmavo", scrive Bianchi nella prefazione al libro. 

"Erano scene di massa, imponenti, di persone stufe di aspettare, che volevano riprendere con sé i propri cocci, le proprie cose, le proprie storie. Persone che avevano deciso, in mancanza di una rappresentanza politica considerata adeguata, di rappresentare sé stesse oltre la retorica che avrebbe accumunato poi i terremotati di tutta Italia". 

Umanamente e professionalmente - riconosce Zoro - "L'Aquila mi ha fatto capire, per la prima volta, quanto sia facile, per la politica e l'informazione, dimenticare, abbandonare, rimuovere un problema quando non è più considerato opportunità". E' stato così, cercando smentite a questa amara verità, che Diego Bianchi ha cominciato a seguire gli aquilani, a prescindere da quanto facessero notizia: "da allora - ha ribadito presentando il libro - ho promesso di tornare, di continuare a tornare". 

Zoro non ha mancato di ricordare alcuni aneddoti curiosi, divertenti: "in piena estate, mi ritrovai gli aquilani a Roma, in pieno centro, a chiedere un trattamento fiscale adeguato alla loro condizione. Furono manganellati dalle forze dell'ordine, e ripensare a quelle maglie imbrattate di sangue, oggi che i terremotati vengono usati come scudo dialettico e propagandistico da chi non vede l'ora di opporli ai migranti fa anche più impressione di quanta ne fece nel tempo. Una manifestazione, quella del 7 luglio 2010, non abbastanza raccontata allora, nella sua gravità, e ancora poco raccontata oggi: ecco perché ho indugiato, nel mio speciale a 'Propaganda', sulle immagini di quella giornata. Che regalò anche momenti paradossali, come quando con i manifestanti, all'improvviso, ci ritrovammo casualmente sotto la sede della Protezione civile nazionale, assolutamente sguarnita, priva di protezione ed era curioso, in effetti. Ricordo un aquilano con il caschetto giallo che entrò nell'atrio con una bandiera nero verde. Pazzesco".

"Continuare a raccontare la tenacia del comitato 3e32 - ha ribadito Zoro nella prefazione - la forza, la gentilezza e il non essere fessi è stata una grande responsabilità, un esercizio di stile, uno sdebitarsi per quello che ho imparato e avuto, ma soprattutto, come sempre, per dieci anni e chissà quanti ancora, la cosa giusta da fare".

Ultima modifica il Domenica, 07 Aprile 2019 11:53

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