I nuovi edifici della Scuola Edile (ente paritetico formato da Ance L'Aquila, Fillea Cgil, Filca Cis le Feneal Uil) sono pronti, a breve saranno inaugurati con “fanfare e piattini”.
Costati qualcosa più di 4 milioni di euro, per la metà circa a carico della Regione e l’altra metà a carico dell'Ente Scuola Edile, sono stati costruiti in area archeologica e a circa trecento metri dal teatro romano di Amiternum. Per carità, tutto in regola. Nonostante l’area sia sottoposta a un vincolo del Mibac (decreto 31/0771985), infatti, ci sono tutte le autorizzazioni: parere paesaggistico, parere archeologico, variante PRG, permesso a costruire.
C’è solo da sottolineare che il decreto di vincolo richiamato testualmente recita: "… considerato che la incontrollata tendenza ad attività di tipo antropico, …adiacente alle rovine di Amiternum, nonché alcuni insediamenti abitativi (di cui alcuni di carattere abusivo) iniziano a turbare l'equilibrio ambientale del complesso; ritenuta l’opportunità di garantire migliori condizioni di tutela che valgano ad impedire modificazioni dell'aspetto esteriore del territorio del complesso paesistico delle zone circostanti le rovine di Amiternum e le pendici del monte Rua che comporterebbero, nell'attuale situazione descritta dal precedente 'considerato', la irreparabile compromissione delle caratteristiche di pregio paesistico individuate; … sono vietati … modificazioni dell'assetto del territorio, nonché opere edilizie e lavori, fatta eccezione per i lavori di restauro, risanamento conservativo nonché per quelli che non modificano l'aspetto esteriore dei luoghi...".
Non sono possibili interpretazioni di sorta. O si decide che il decreto non ha più valore e si modifica o si applicano i dettami dello stesso.
Qualcuno dovrebbe spiegare.
Sottolineando che gli aspetti legati al vincolo sono dirimenti, c’è di più: è stata necessaria una variante in corso d’opera poiché, appena iniziati gli scavi delle fondazioni, come era facilmente prevedibile, sono venuti alla luce resti romani. Che fare? Si è scelto di spostare l'intervento, in accordo con la Soprintendenza, a ridosso dei rinvenimenti. Ci si aspettava da Ance e sindacati, importanti corpi intermedi che dovrebbero avere a cuore i 'beni comuni', almeno la valorizzazione ed una sistemazione consona di quei resti, magari allargando lo scavo e restaurando il tutto. Non sembra sia andata così. Oggi, ad opere esterne praticamente terminate, si vede solo asfalto e cemento.
I citati corpi intermedi sono gli stessi che sentiamo discutere in occasioni 'dotte' di rilancio della città fondato su cultura, ricerca ed innovazione: nei fatti, poi, si fa altro.
Il costruito comprende un grande capannone e, posteriormente, edifici da adibire a foresteria. Sì, proprio un capannone, come quelli che si realizzano nelle zone industriali o artigianali, a modificare completamente lo skyline dell’area, totalmente fuori luogo rispetto al paese medievale di San Vittorino, all’area archeologica adiacente ed al contesto ambientale. Un piccolo 'ecomostro', e gli interventi cromatici sulle facciate non ne attenuano l’impatto.
Insomma, un capannone dentro il quale si farà scuola. Ma perché un edificio non può essere pensato come parte integrante del luogo dove deve essere realizzato? Specialmente quando si tratta di opere pubbliche o opere ad esse assimilabili, è sempre auspicabile perseguire criteri di trasformazione del territorio che non rispondano soltanto ad esigenze di redditività e funzionalità: le regole alle quali attenersi dovrebbero invece rispondere a criteri stilistici non casuali ed adeguati al contesto nel quale si inseriscono i manufatti.
L'Associazione Provinciale Costruttori Edili di L'Aquila che dovrebbe aver curato la progettazione non è riuscita a garantire un risultato adeguato al luogo ed alla funzione.
Giovanni Cialone, Italia Nostra