Martedì, 27 Agosto 2019 18:13

La Perdonanza e l'ambito riconoscimento a patrimonio immateriale Unesco

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Tra pochi mesi sapremo se la Perdonanza celestiniana, iscritta nella 'rosa finale' degli elementi candidati a bene immateriale dell'Unesco, otterrà l'ambito riconoscimento; la valutazione finale verrà effettuata a Bogotà, in Colombia, tra il 9 e il 14 dicembre. 

La 'Festa della Perdonanza celestiniana' è l'unica candidatura presentata dall'Italia; il percorso, coordinato ed istruito dall’Ufficio Unesco del Segretariato Generale del Mibac, ha visto impegnate, per anni, la cittadinanza e le istituzioni della città - ricorderete che, una prima volta, il dossier venne respinto per carenza di documentazione e, ancora, vennero preferite altre candidature al giubileo aquilano -; l'iter si è concluso, finalmente, nel marzo 2018, con la presentazione ufficiale di un dossier nazionale, completamente rivisto, presso il Segretariato Unesco di Parigi.

La Perdonanza Celestiniana quale patrimonio culturale immateriale, trasmesso ininterrottamente dal 1294 a seguito dell’emanazione della Bolla di Papa Celestinino V, è una festa che annualmente coinvolge una vasta parte della provincia aquilana in un itinerario tradizionale che parte dall'Eremo Celestiniano di Sant'Onofrio, alle pendici del Monte Morrone a Sulmona, e attraversa numerosi paesi della Valle Subequana, giungendo infine nel centro della città dell'Aquila, nel quale si snodano i momenti culminanti del 'Corteo della Bolla' e dell’attraversamento rituale della cosiddetta 'Porta Santa' della Basilica di Santa Maria di Collemaggio.

E proprio in questa dimensione storica e comunitaria sta il senso della candidatura: il giubileo aquilano, infatti, esprime, nei suoi diversi momenti, la volontà della comunità locale di mantenere viva una tradizione secolare, elemento fondante della propria identità, in un rapporto che si è fatto 'strettissimo', in questi dieci anni, con la ricostruzione fisica dei luoghi, e della Basilica di Collemaggio in particolare, a seguito del terremoto del 6 aprile 2009, a testimoniare la capacità resiliente di una comunità che è rinata anche attraverso la cura delle sue tradizioni, e della Perdonanza evidentemente. 

Per fare il punto sulla candidatura è stato organizzato un incontro a Palazzo Fibbioni, a poco più di ventiquattro ore dall'apertura della Porta Santa, alla presenza del sindaco Pierluigi Biondi, del vice sindaco Raffaele Daniele, dell'assessore Fabrizia Aquilio, del coordinatore della struttura che ha curato il dossier Massimo Alesii, della Soprintendente Alessandra Vittorini e di Elena Sinibaldi che si è occupata del coordinamento tecnico della candidatura per l'ufficio Unesco del Segretariato generale Mibac.

"Il dossier di candidatura della 'Festa della Perdonanza celestiniana' è stato completato e inviato all'Unesco a marzo 2018; ora, siamo in una fase di valutazione: attendiamo fiduciosi l'esito", le sue parole. "I processi sono gestiti e coordinati da Parigi: c'è un organismo internazionale di valutazione, composto da 12 esperti provenienti da tutto il mondo: a loro è affidata l'analisi dei diversi dossier", ha spiegato Sinibaldi. Che ha aggiunto: "nel momento in cui l'Unesco accetta di valutare una candidatura, non si tratta più di una competizione tra diversi dossier ma di una valutazione di merito del dossier stesso".

In attesa dell'esito che ci si augura sarà positivo, "come Ministero abbiamo il compito di seguire e indirizzare la comunità affinché si avvii un processo solido, progressivo di salvaguardia continuando ad investire a livello locale. La prerogativa per una buona salvaguardia del patrimonio culturale e immateriale, infatti, è continuare a lavorare per sviluppare, a livello locale, processi virtuosi di trasmissione intergenerazionale dei valori della Perdonanza, dei suoi simboli - il fuoco, il cammino, gli oggetti, gli abiti - e della memoria storica ad essa connessa oltre che di partecipazione comunitaria. Va colto il rapporto tra locale e globale che è la quota differenziale che fa un patrimonio immateriale e culturale iscrivibile nella lista rappresentativa dell'umanità". 

Sinibaldi è convinta che la Perdonanza "rappresenti un grande patrimonio, un emblema dell'identità culturale del Paese. Ci siamo subito resi conto di dover cogliere il più possibile ciò che da un punto di vista secolare giaceva in termini di espressioni, tradizioni, significati culturali e sociali".

Ringraziando il Ministero dei Beni culturali "nelle sue diverse articolazioni", il sindaco Pierluigi Biondi si è augurato che il riconoscimento dell'Unesco possa rappresentare il "suggello definitivo sulla Perdonanza, affinché possa finalmente varcare i confini locali ottenendo la giusta attenzione internazionale: d'altra parte - ha aggiunto - non c'è niente di più rivoluzionario del significato insito nella Bolla del Perdono".

Un evento, il giubileo aquilano, legato alla Basilica di Collemaggio evidentemente, che nella sua ricostruzione è divenuta essa stessa patrimonio immateriale delle conoscenze e delle competenze dispiegate per il restauro, "in termini di energie scientifiche, economiche, tecniche, tecnologiche e istituzionali" ha tenuto a sottolineare Alessandra Vittorini. "Dentro Collemaggio, in 23 mesi di lavori, è successo tutto ciò che sta accadendo in città: abbiamo sperimentato le buone pratiche, ci siamo meravigliati delle belle scoperte che stanno caratterizzando l'intero processo di recupero del patrimonio culturale danneggiato dal terremoto. Stiamo riscrivendo intere pagine di storia dell'arte e della città. L'Aquila non è una città qualunque, è nata capitale, candidata a diventare un centro importantissimo".

Vittorini si è riallacciata alle parole del Cardinale Giuseppe Petrocchi, vescovo metropolita della città, che, nel discorso tenuto in occasione dell'accensione del tripode, ha voluto ricordare come all'epoca dell'elezione a papa di Pietro da Morrone L'Aquila fosse una città che si stava rialzando da una distruzione, "prodotta dalla mano dell’uomo e non dalla natura". In effetti, era stata appena fondata (nel 1254), poi distrutta da Re Manfredi (nel 1259), che abbatté le mura cittadine, da poco edificate, e la rase al suolo. "Nel 1266 era cominciata la ricostruzione. Celestino V conosceva bene i terremoti geologici e quelli umani. Sapeva edificare, sul piano edilizio come su quello comunitario: basta guardare la splendida Basilica di Collemaggio (1287) e l’espansione dell’Ordine religioso da lui fondato. Era una città-cantiere, L’Aquila del suo tempo: come quella di oggi. Certo, le tecnologie sono diverse, ma lo spirito che percorre questa formidabile impresa è uguale: la stessa tenacia che non si arrende davanti alla devastazione, e riparte da capo, nonostante tutto! È identica la volontà di mobilitare le risorse, morali e civili, per ricostruire la Città nel cuore della gente, garantendo così che l’edificazione delle case avanzi in parallelo con la coscienza di essere un popolo compatto, che fa e non subisce la storia". 

E' il filo rosso che sottende alla candidatura. 

 

Ultima modifica il Martedì, 27 Agosto 2019 21:21

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