Sabato 23 novembre a Spazio Rimediato torna la stagione "Tutto il superfluo necessario" con Avrei Voluto essere Pantani.
Scritto e interpretato da Davide Tassi, con la partecipazione straordinaria di Alessandro Donati e la regia di Francesca Rizzi, lo spettacolo è un vero e proprio atto di denuncia nei confronti del doping e del "Sistema" che da anni lo incentiva e lo protegge. Un sistema fatto da medici sportivi, allenatori, Istituzioni sportive e multinazionali farmaceutiche che usano il doping e la salute dell'atleta per i propri interessi: le medaglie e le sponsorizzazioni.
Marco Pantani è una delle vittime di questo sistema, una vittima eccellente, un eroe tragico che, dopo essere giunto a livelli di popolarità che vanno oltre il ciclismo e lo sport, viene usato dalla stampa e dalle Federazioni prima per mostrare i muscoli nei confronti di una fantomatica lotta al doping e poi per continuare a spremere l'immagine del pirata fino all'ultima goccia. Pantani, diversamente da tanti altri ciclisti, non riesce ad accettare di essere strumento, vorrebbe ribellarsi al sistema ma non ne ha la forza e si perde nel buio della depressione e della cocaina, fino ad annientarsi, fino a distruggere l'icona e con essa l'uomo.
Davide Tassi conduce lo spettatore oltre l'apparenza, oltre quella miriade di libri, articoli e trasmissioni sportive che negli ultimi 11 anni hanno cercato e cercano di distrarre l'enorme massa di appassionati e tifosi verso un complotto che, a loro dire, legherebbe la squalifica di Madonna di Campiglio del 1999 alla morte avvenuta a Rimini il 14 febbraio del 2004. Un complotto che continua a non fornire elementi su movente e colpevoli ma che riesce comunque ad evitare che si parli di una piaga che a molti fa comodo continuare a tacere: doping e corruzione del mondo dello sport, un business che fattura quanto quello della cocaina (a cui peraltro è strettamente legato).
Accanto a Davide Tassi, in questo lungo viaggio, c'è Sandro Donati. Personaggio famosissimo, prima come allenatore della nazionale di atletica e oggi come vera e propria icona mondiale della lotta al doping, (attualmente è allenatore del marciatore Alex Schwazer) Donati, che ha collaborato alla stesura del testo ha partecipato spesso attivamente allo spettacolo, interpretando se stesso in un passaggio cruciale.
Davide Tassi interpreta un ciclista. Uno tra i tanti incontrati e intervistati dall'autore e attore nel lungo cammino di studio e analisi del testo. Il protagonista (di cui non si svela mai il nome) ha corso insieme a Pantani fin dai tempi dei dilettanti ed ha condiviso con il campione romagnolo tutte le stagioni sportive che lo hanno visto prima trionfare e poi eclissarsi. Poco dopo la morte di Pantani ha smesso di correre.
Oggi vive isolato, quasi emarginato; per molto tempo ha voluto ricordare solo i momenti esaltanti del ciclismo, le trasferte, le gare, i compagni e le grandi tappe del Giro d'Italia e del Tour de France, quelle in cui Pantani riusciva a riportare gli spettatori indietro nel tempo, al ciclismo più antico, più selvaggio, in cui divorava ogni centimetro di strada come fosse l'ultimo. Per molto tempo ha cercato di nascondere prima di tutto a se stesso il problema del doping. Lo ha come cancellato dalla sua memoria: cercando di convincere gli altri è quasi riuscito a convincere se stesso. Ma dentro di se, nel suo subconscio, c'è una parte che non dimentica, che non si cancella e che fa rumore nella sua coscienza. È come uno squillo che lo sveglia dal torpore, che gli provoca dolore e un'enormità di dubbi: sullo sport che ha praticato, sulle sue reali capacità e sui segni che il doping potrebbe aver lasciato sul suo corpo, su quello che potrebbe accadergli da un momento all'altro. È un dolore che lo tormenta e che con il passare degli anni diviene insostenibile al punto da dover scegliere se ascoltarlo ed elaborarlo, come si fa con un lutto, o zittirlo per sempre, perché alcool e droghe non bastano più ad alleviarne il peso.
Durante questo suo cammino interiore, ripercorre la storia di Marco Pantani, la loro amicizia fin dai tempi dei dilettanti, le grandi imprese del pirata, il suo essere protagonista sempre, anche quando forse sarebbe convenuto rimanere nell'ombra, gli incidenti, le vittorie del 1998, la squalifica di Campiglio, il declino e la morte. Il cammino interiore del protagonista e la storia di Pantani sembrano non riuscire ad incrociarsi mai. Almeno fino all'incontro con Alessandro Donati.