Martedì, 06 Ottobre 2020 16:35

Jane’s Walk L’Aquila su NewsTown: l'intervista a Silvia Frezza (Donne TerreMutate)

di  Quirino Crosta

Ben trovati e ben trovate a tutte, di nuovo, dopo la breve pausa dal nostro itinerario virtuale iniziato a maggio.

Nelle due precedenti uscite della nostra rubrica abbiamo dato spazio all’edizione Street Science della Jane’s Walk; oggi ricolleghiamo i due percorsi e ci avviamo alla conclusione del primo e all’inizio del secondo.

Anticipiamo allora che, in continuità con questo cammino virtuale sul territorio della conca aquilana, proseguiremo con quello fatto in presenza durante lo Street Science: vi racconteremo cioè le nuove interviste che riprenderanno uno ad uno i temi emersi e presentati nell’articolo di lunedì scorso.

Oggi ci fermiamo sulla quinta e penultima tappa, dalla Baronia a Navelli, che custodisce il quinto presidio Slow Food, quello del Cece di Navelli. Qui spenderemo qualche riflessione insieme a Silvia Frezza, dell’Associazione Donne TerreMutate.

Insieme a Silvia parleremo di Terre Mutate e Biodiversità: benvenuta Silvia nella rubrica e iniziamo col raccontarci.

Grazie e bentrovate e bentrovati anche a voi. Inizio una riflessione in medias res. Nell’immaginario delle TerreMutate navigano metafore e simboli che connotano narrazioni e saperi tradizionali e innovativi. Percorrendo le nostre terre mutiamo con loro e per loro, restituendo significati e valori che contraddistinguono l’operatività di donne che entrano in relazione con realtà varie e diversificate restituendo di volta in volta uno dei sensi della vita.

Non a caso la Jane’s Walk ci rimanda alla memoria di una donna, e al femminile, per le donne, abbiamo inteso raccontare questa lunga passeggiata.

Le donne hanno da sempre valorizzato e rivendicato, in particolare, il senso della diversità, inteso come la capacità di riconoscere il valore aggiunto di visioni “altre”, attraverso la quale mutare e costruire scenari alternativi. In questa direzione la Jane’s walk di oggi intende incontrare e interpretare le aspettative di una comunità che muta e vuole trasformarsi insieme, che punta a vivere una dimensione collettiva verso un orizzonte d’attesa che coniuga denotazioni e connotazioni, dando valore e significato a quello che siamo e quello che agiamo.

Prendiamo la parola forse proprio in questo senso?

Il legame delle donne mutate con le loro mutate terre, quelle della conca aquilana, si rintraccia nella narrazione della reciproca cura e nella pratica della sussidiarietà. Una sussidiarietà che porta a tessere reti fertili con il territorio, le risorse, i luoghi e le storie che lo contraddistinguono. E’un agire con le altre e per le altre favorendo e salvaguardando percorsi di biodiversità, a favore di significative esperienze biografiche che ci hanno insegnato a mutare per preservare, a mutare per includere, a mutare per sostenere e innovare.

Come possiamo spiegare allora il significato delle Donne nelle Terre Mutate?

L’inoltrarsi nelle terre mutate favorisce la tesaurizzazione di saperi materiali e immateriali, consente di attingere a saperi e tradizioni che si sono stratificati nel tempo e che oggi possono tornare a far parte del nostro presente attraverso il filtro dell’innovazione: un’innovazione che sa guardare al futuro e diventare propositiva attraverso narrazioni biodiverse.

Cosa rappresenta il pensiero della Jacobs in questa ottica?

Percorrere con Jane Jacobs i sentieri mutati delle nostre mutate terre ci restituisce il senso del vivere in comune esperienze solidali che acquistano valore nel momento in cui facciamo rete e diamo loro voce, sostegno e diffusione per una ritrovata solidarietà.

In attesa di riprendere alcuni dei temi hai toccato nelle prossime uscite, cosa ci potresti lasciare per mantenere questo legame che abbiamo costruito lungo un cammino di Terre Mutate?

Nell’ottica della cura delle relazioni con le più giovani generazioni e di una coerente narrazione intergenerazionale, proponiamo l’ascolto della “Filastrocca dei sentieri invisibili” della scrittrice Sabrina Giarratana:

Certi sentieri io non li vedo, se me li dici io non ci credo.

Ma ad occhi chiusi posso sentirli e se mi perdo posso scoprirli:

sono i sentieri che non pensavo, portano in posti che non guardavo.

Come tesori stanno nascosti, portano al cuore di tutti i posti.

Sono i sentieri forse più belli, io scopro il mondo se scopro quelli.

Grazie Silvia!

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