Venerdì, 28 Ottobre 2022 00:04

Santoro affolla Colacchi con "Non in mio nome", una voce fuori dal coro

di  Tommaso Cotellessa

Ieri sera la libreria Colacchi era gremita di persone per la presentazione del libro “Non in mio nome” di Michele Santoro, il quale è stato intervistato da Massimo Liofredi, già direttore di Rai 2.

Quello presentato ieri è un pamphlet che dà voce ad un’opinione che non sembra possibile esprimere, Santoro affronta il tema della guerra in Ucraina, dell’ambientalismo, della modalità di fare politica e fare giornalismo, della necessità di un serio nuovo modo di parlare alla gente e fare inchiesta.

Santoro è un fiume in piena e proprio con questa voglia di esprimere la propria opinione non esclude la possibilità di un suo coinvolgimento all’interno di un processo per la nascita di un nuovo soggetto politico.

“Di certo non farò un partito da solo” precisa il giornalista, ma constatando la presenza di un enorme vuoto politico non si sottrae alla possibilità di doversi “sporcare le mani”. Il vuoto descritto da Santoro è dovuto alla vocazione adottata dal Partito Democratico schiacciato sull'establishment e dalla conclusione della mutazione dei cinque stelle da movimento a partito.

In “Non in mio nome” l’autore mette per iscritto la sua opinione sulla guerra fra Russia ed Ucraina che sta sconvolgendo questo mondo e questo tempo. Santoro ha deciso di pubblicare il libro prima dell’ultima campagna elettorale all’interno della quale, sottolinea il giornalista, non si è parlato di guerra o comunque se n’è parlato in un solo modo. A posteriori, passata la campagna elettorale e visto l’esito, Santoro sostiene che non c’è nulla nel testo di cui si debba pentire ma che anzi oggi può confermare ogni sillaba, cosa non da poco per un libro, in particolare in questo presente così rapido e sfuggente.

Quella proposta da Santoro non è una ricetta o una soluzione, e nemmeno una verità calata, ma è l’invito a guardare il mondo e la società da una diversa prospettiva. Dare ascolto a tutte le opinioni prescindendo dall’imposizione di una fantomatica maturazione che impone un pensiero al quale aderire in maniera dogmatica o fideistica.

Una certezza però il giornalista la pone: bisogna porre fine a questa tragica e assurda guerra. Questa è la priorità!

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