“Resistenze” è il progetto del Consultorio AIED L'Aquila che vede protagonista la scrittrice abruzzese Donatella Di Pietrantonio, Premio Campiello per il romanzo L'Arminuta, David di Donatello per la migliore sceneggiatura non originale dell'omonimo film insieme a Monica Zapelli, semifinalista al Premio Strega con Bella mia e finalista, sempre allo Strega, con Borgo Sud.
Nel contributo video realizzato per il progetto, Donatella Di Pietrantonio, insieme alla Psicoanalista SPI del Consultorio AIED L'Aquila, Valentina Nanni, affronta il tema delle Resistenze, al plurale, per includere la nostra storia, le lotte che oggi, a pochi passi da noi, si consumano incredibilmente sotto gli occhi del mondo, ma anche le lotte interne delle persone che incontriamo nella nostra quotidianità e quelle dei personaggi resistenti che la penna della scrittrice è riuscita brillantemente a produrre.
Tanti i temi toccati nella video intervista. Di Pietrantonio ha parlato della difficile costruzione dell'identità quando ogni senso di appartenenza è perduto: “Quelle condizioni anche traumatiche che se non ti uccidono, se non ti annientano come individuo, ti permettono non solo di sopravvivere ma anche di sviluppare una forza e una resistenza particolari. Se riesci a sopravvivere a delle condizioni stressanti, come possono essere quelle offerte dalle famiglie che io racconto, diventi per necessità molto più forte, molto più resistente”.
“A me interessa come una donna, un uomo, che si trova ad affrontare delle condizioni non favorevoli alla sua crescita – continua la scrittrice - riesca invece a volgere questi dati sfavorevoli in un modo positivo, cioè come riusciamo poi nella vita a trasformare anche il trauma, a trasformare il dolore senza cancellarlo, senza rimuoverlo perché quello non è possibile. Ma soprattutto non sarebbe sano negare il dolore, non è sano perché poi trova altre vie per esprimersi e per riaffermare la sua presenza nella nostra vita. Quello che invece mi interessa è proprio questa modalità tutta umana di mutare qualcosa in qualcosa d'altro, quindi conservare il dolore ma costruirci sopra, farne qualcosa che ci rende più ricchi, più umani”.
La dott.ssa Valentina Nanni spiega il senso del progetto di cui è curatrice, soffermandosi sulla doppia valenza del termine resistenza: “In Psicoanalisi, l’idea di resistenza è associata ad una forza che si oppone ad una possibilità di cambiamento, una difesa della mente a tutela dello stato di cose attuale, nel timore di una sofferenza più grande. Abbiamo necessità, talvolta, di difenderci resistendo a ciò che ci fa paura, a ciò che temiamo potrebbe nuocerci, correndo tuttavia il rischio di uno stato di immobilismo. Ma resistere è anche mantenersi vivi e vitali. Allearsi con la vita, tendendosi salde ad essa. Resistere per evolvere, per mutare, per dare spazio al cambiamento, alla resilienza, alla trasformazione. È di questo che abbiamo parlato con Donatella Di Pietrantonio, in un dialogo che generosamente lei ci ha regalato offrendo spunti preziosi sulla nostra possibilità di stare al mondo”.
Particolarmente toccante è il momento in cui, nel video, la dott.ssa Nanni chiede un commento sulla recente sentenza della tragedia di via Campo di Fossa: “Come aquilane e aquilani – chiede la dott.ssa Nanni - abbiamo rivissuto, con Bella mia, il tema del lutto, lo strappo alla vita, il dolore, la rabbia, la malinconia, il nascere di nuove relazioni, una nuova sorellanza oltre la morte. Questi erano i pensieri che evocavano i personaggi del suo romanzo fino a ieri. Oggi, invece, si aggiunge un nuovo elemento: una sentenza shock ci dice che questa sorella che lei descrive nel suo libro, morta nel sisma del 6 aprile 2009, un po' se l'è cercata ed è responsabile al 30% della sua morte. Colpevole di dormire in casa sua. Colpevole di aver dato ascolto alle rassicurazioni dello Stato. Lo stesso Stato che, per mezzo dei suoi grandi esperti, invitava allora a bere un bicchiere di Montepulciano, oggi condanna, nelle aule di un Tribunale, chi a quelle parole ha creduto. Lei ha scritto “per i genitori restare nati è a volte solo un modo per conservare la memoria dei figli".Ma io le chiedo, come si fa a restare nati quando la morte della persona cara avviene non una, ma più volte e in diversi modi e, infine, di quella morte, i morti stessi sono anche riconosciuti colpevoli?”.
“Io credo – risponde Di Pietrantonio - che quando arriva un attacco ad una persona cara, viva, sia una cosa dolorosa a cui si reagisce, ma forse è ancora più doloroso quando questo attacco arriva a un proprio caro morto che quindi non si può difendere e noi genitori, parenti, cittadini dell'Aquila siamo chiamati a quella difesa. Se poi l'attacco arriva addirittura dalle Istituzioni, dalla Giustizia, penso che questo sia veramente inaccettabile e quindi avevo i brividi pensando a questi genitori, al dolore, all'indignazione che possono ancora provare nel vedere questa conversione da vittime a colpevoli. In fondo molti erano giovani, in fondo queste persone hanno avuto il torto di essersi fidate, di essersi affidate alle autorità competenti che continuavano a ripetere di restare nelle case. Quest'autorità, oltretutto, era la Commissione Grandi Rischi, quindi la massima autorità chiamata a pronunciarsi sul tema. Peraltro la Commissione Grandi Rischi non è stata condannata. Quindi, assolta la Commissione Grandi Rischi – colpevole, lo sappiamo, di aver rassicurato quando non ce n'erano gli elementi, perché la verità scientifica è che non si poteva prevedere un terremoto di quelle proporzioni ma non si poteva neanche prevedere che non ci fosse – e colpevoli al 30% le vittime che hanno creduto che le case fossero sicure”.
Il ringraziamento a Donatella Di Pietrantonio per il regalo fatto all'intera comunità aquilana nelle parole della presidente del Consultorio AIED L'Aquila dott.ssa Alessia Salvemme: "Resistenze è un progetto che nasce come naturale prosecuzione della Maratona Letteraria. Le parole che Donatella Di Pietrantonio ci ha regalato danno speranza, restituiscono uno sguardo umano, una lettura altra che è possibile fare quando ci si trova a vivere situazioni difficili. I suoi personaggi, infatti, danno speranza a chi si trova ad affrontare la durezza della vita e ci insegnano come sia possibile comunque "restare nati". A volte invece, come accade a Vincenzo, uno dei personaggi dell'Arminuta, restare nati non è possibile e non è possibile neanche sopravvivere. Per dare speranza a tutti i Vincenzo, c'è bisogno di essere comunità. Nessuno e nessuna dovrebbe essere lasciato/a solo/a perché un Paese che resiste, un Paese vivo è quello che dà voce e garantisce una vita dignitosa anche ai poveri, ai fragili, ai sofferenti e agli sfortunati e a chi vive situazioni di ingiustizia”.