Federico Palmaroli, in arte Osho, ieri ospite a L’Aquila nei locali della libreria indipendente “Colacchi” ha commentato, davanti ad una folta ed interessata platea, alcune vignette del libro pubblicato per Rizzoli dal titolo “Come dice coso” “Le radici di Osho sono la romanità prima di tutto” ci spiega. “Tutto nasce da un tormentone, una frase con la quale si vuole raccontare in maniera ironica la realtà politica e poi viene accostata una foto che nell’effetto combinato provoca la risata”
Detta così sembra semplice la ricetta del successo dei meme di “Osho” ma dietro c’è impegno e lavoro nell’osservare la realtà e poi la politica, che fa da sfondo a tutto quanto. “L’idea di fare foto-battute, forse, nasce dal fatto che quand’ero piccolo sfogliavo Grand Hotel dal parrucchiere de mi madre” ci racconta Palmaroli. Ci siamo poi accorti che sul braccio di Federico Palmaroli c’è tatuato Filippo Tommaso Marinetti e allora gli abbiamo chiesto quanto del padre del Futurismo italiano ci fosse nelle sue battute. “C’è il gusto della beffa” ci ha risposto.
E alla domanda su cosa non farebbe mai una battuta non ha avuto esitatazione, “non farei mai una battuta su di una tragedia, sull’evento drammatico e su tutto ciò che gli gira intorno, non come fa Charlie Hebdo, ecco”. Ci ha rivelato poi che non ama particolarmente il termine “meme” col quale si identificano le sue creazioni. Un ospite gradito a L’Aquila, Palmaroli è la seconda volta che ci fa visita. L’autore romano ha portato alla libreria “Colacchi” una sorta di “best of” delle sue vignette più efficaci raccontando la genesi e l’evoluzione del suo stile che si basa sull’ironia su fatti di cronaca, politica e rapporto fra politica e comicità e di alcuni aneddoti sulle reazioni dei politici alla sua ironia, “ogni tanto me telefonano” ci dice, “ma questo nun va bene perché significa che non so’ abbastanza cattivo”.