«I nostri vini sono schietti e squisiti soltanto quando sono un prodotto artigianale: sono preziosi soltanto quando non sono pregiati». Così scriveva Mario Soldati in Vino al vino, indimenticabile libro nel quale lo scrittore e regista torinese raccolse alcuni reportage scritti andando in giro per l'Italia nel periodo immediatamente successivo al boom economico (fine anni Sessanta/primi Settanta) alla scoperta delle tradizioni e del patrimonio enologico e gastronomico del Belpaese.
L'interesse di Soldati non era – o non era tanto – quello di compilare un repertorio di varietà regionali. Egli intuì perfettamente - tanto da usare questa intuizione come chiave di lettura/espediente narrativo – che le pratiche di cucina e, in senso lato, tutto ciò che ha a che fare con il cibo (modi di produzione, tecniche di trasformazione, modalità di consumo, ritualità conviviali) non solo costituiscono un decisivo tassello del patrimonio culturale di una società ma in molti casi rivelano meccanismi fondamentali dell'agire materiale e intellettuale degli individui.
«Dietro i concetti di naturale e di naturalità non c'è solo la volontà di produrre dei vini che contengano la minore quantità possibile di solfiti e di componenti chimici; c'è un approccio, una visione politica» spiega Luca Paolo Virgilio, trent'anni, aquilano, membro, insieme ad altri tre suoi coetanei, dell'associazione culturale “DinamicheBio”, ideatrice e organizzatrice della fiera del vino artigianale Naturale, la cui seconda edizione si è chiusa ieri con un ottimo riscontro di pubblico e di presenze.
L'approccio di cui parla Luca è quello orientato alla riscoperta delle tradizioni (al plurale) e alla tutela dell'equilibrio dell'ecosistema e delle biodiversità.
La fiera, ospitata nella bella cornice di palazzo Santucci, a Navelli, ha visto la partecipazione di oltre cinquanta aziende vitivinicole artigianali provenienti da tutta Italia.
Il programma della tre giorni è stato arricchito anche da degustazioni guidate abbinate a seminari di approfondimento sul vino e sul cibo. Uno di questi ha avuto come relatori d'eccezione l'enogastronomo Alessandro Bocchetti e il professor Francesco Sabatini, uno dei più importanti linguisti italiani, presidente onorario dell'Accademia della Crusca.
Il tema del seminario è stato il cibo inteso come strumento di identità culturale. Sabatini, che ha natali abruzzesi (è originario di Pescocostanzo), ha parlato in particolare del rapporto tra tradizione e modelli alimentari globalizzati. Quando si parla di cibo il tema dell'identità viene spesso utilizzato in senso apertamente reazionario, per difendere il proprio orticello e chiudere la porta agli altri. La verità, però, è che le tradizioni alimentari non restano mai uguali a se stesse ma cambiano nel tempo, modificandosi al contatto con tradizioni diverse.
Le identità, le tradizioni si inventano, cioè si trovano, si costruiscono. Le origini, le radici, di per sé non ci dicono nulla: sono condizioni necessarie ma non sufficienti a spiegare i fenomeni.