Domenica, 05 Ottobre 2014 14:34

'Festival della Montagna': si è discusso anche di cultura della sicurezza

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Non si poteva non parlare anche di sicurezza nella giornata conclusiva del 'Festival della Montagna'. A farlo in mattinata, nell’Auditorium del Parco del Castello, l’associazione “Mario e l’arte di volare Onlus" nata a seguito del grave incidente di un anno fa, a Campo Imperatore, che ha causato la morte di Mario Celli, giovane medico aquilano di 32 anni, travolto da una valanga.

Partendo da quello che è successo, l’associazione si pone lo scopo di promuovere la cultura della sicurezza in montagna. “La valanga è un mostro prevedibile” hanno sottolineato i relatori, tra cui alcuni membri del soccorso alpino, in apertura dei lavori.

Ciò nonostante, ogni anno le valanghe provocano 150 vittime tra l’Europa e il Nord America, 100 in Europa e 20 in Italia. Negli ultimi tre anni in Abruzzo ci sono stati sei morti (tutti in provincia dell’Aquila), una media di due morti l’anno, “che costituisce il 2% delle vittime di tutta Europa pur non avendo l’Abruzzo il 2% delle montagne europee”.

I relatori hanno poi ricordato che sul sito della Regione Abruzzo è pubblicato un catasto delle valanghe dal quale si evince che sul Gran Sasso i decessi sono avvenuti esattamente sui pendii dove più frequentemente avvengono gli eventi valangosi.

Tante sono le così dette trappole euristiche che fanno cadere lo sciatore in una sbagliata valutazione del pericolo: l’eccesso di familiarità e di determinazione, il consenso sociale, l’effetto emulativo, la competitività sociale, l’euforia.

Per far fronte alle valanghe ed agevolare i soccorsi, negli ultimi anni si sono sviluppate tecnologie legate anche ai comuni telefoni cellulari, muniti di GPS. E’ il caso ad esempio di GeoResq la cui prima applicazione è avvenuta proprio sul Gran Sasso.

La vista e l’udito rimangono di certo le prime armi da utilizzare per soccorrere chi viene travolto da valanga. Poi c’è l’utilizzo dell’ARTVA, l’apparecchio ricetrasmittente utilizzato nella ricerca. Fondamentale infatti è il livello di “auto” soccorso della comitiva. Questo perché la così edetta curva di sopravvivenza indica che è nei primi 18 minuti che si salva il 92% di investiti da valanga, un tempo nel quale è impossibile arrivino i soccorsi del 118.

Basti pensare che successivamente, dai 18 ai 35minuti, la percentuale di salvataggio crolla dal 92 al 30%: riesce a sopravvivere solo chi si sia trovato provvisto di una sacca d’aria tra la neve che consenta all’incidentato di non morire di asfissia. Oltre quel tempo, per sopravvivere è necessario ci sia la presenza di un canale d’aria diretto con l’esterno. A quel punto, i maggiori fattori di rischio l’ipotermia e l’ arresto cardiaco. Più passano, più diventano pericolose le stesse operazioni di disseppellimento, delicatissime. E’ necessario infatti evitare quella che in alcune ambienti viene chiamata la “morte da soccorso” dovuta all’estrazione stessa, momento nel quale può verificarsi l’ arresto cardiaco.

Ieri, il vice Presidente della Giunta regionale Giovanni Lolli aveva ricordato la necessità di utilizzare i soldi stanziati per il Gran Sasso anche per la tecnologia Gasex, un metodo per far staccare volontariamente le valanghe quando necessario. Questo ovviamente non dappertutto ma nei fuori pista serviti dagli impianti dei Valloni e di Valle Fredda.

Ultima modifica il Domenica, 05 Ottobre 2014 15:23

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