Sabato, 06 Dicembre 2014 11:11

Chi non ha mai avuto un sogno nel cassetto?

di 

Alessandra, 14 anni dell'Aquila, racconta la realizzazione del suo sogno: aver visto nel capoluogo abruzzese Valentina D'Urbano, la sua scrittrice preferita, presentare il suo ultimo libro. Buona lettura

di Alessandra Leone - Chi non ha mai avuto un sogno nel cassetto? Penso che ognuno di noi si sia fatto in quattro, almeno una volta, pur di realizzare quel sogno che tanto desiderava veder avverato. Come tutti, quindi, anche io ne ho avuto uno, il mio sogno si chiamava Valentina D'Urbano.

"Ale, leggi Il Rumore dei tuoi passi di Valentina D'Urbano, è un bellissimo libro e mi ha presa un sacco!" mi diceva Francesca, la mia migliore amica, "Fidati, te ne innamori!". Perché no?, pensavo. Alla fine abbiamo gli stessi gusti, quindi dovrebbe piacermi.

Casualmente, la mattina dopo, durante la lezione di Italiano, la professoressa ci comunicò che da lì a un mese ci avrebbe interrogati su un libro da leggere, a nostra scelta. Poi ci chiese di comunicarle i titoli e io scrissi alla lavagna "V. D'Urbano, Il rumore dei tuoi passi". La voce di una mia compagna di classe, Gaia, risuonò per tutta l'aula: "Te lo presto io!!!". Solitamente odio farmi prestare i libri, perché mi piace avere ciò che leggo nella mia libreria personale, sempre a portata di mano. Quella volta però, distrattamente, accettai.

La sera del giorno dopo iniziai a leggere. "I gemelli, ci chiamavano. Dicevano che eravamo uguali, anche se non ci assomigliavamo per niente", mi innamorai da lì, dalla prima pagina, dalla prima parola. Dalla prima lettera. Capii da subito che quel libro mi sarebbe rimasto dentro e lei, con il suo modo di scrivere, non sarebbe mai più uscita da me. Continuai a leggere, imperterrita, le pagine di quella storia che un po' era anche mia. Giorno e notte, a scuola e a casa; a volte provavo a staccarmi ma invano: tre minuti dopo ero di nuovo seduta sul letto a leggere, era più forte di me. In due giorni finii il libro; dovetti abbandonare i miei compagni di viaggio, Bea, Alfredo e tutti i loro amici. Un vuoto incolmabile mi piombò addosso quando lo chiusi definitivamente, quando lessi l'ultima parola. Mi ha sempre messo tristezza dover riporre un libro nella libreria; è lo stesso sentimento di quando metti la parola "fine" alla tua storia, come se una parte di te venisse strappata via. Non vedere più il libro sul mio comodino era troppo dura, fu così che lo rilessi una seconda volta, a distanza di due giorni, senza dire niente a nessuno.

Da lì a pochi giorni uscì Acquanera, altrettanto bello, altrettanto emozionante, ma completamente diverso dal primo romanzo. Diciamo che era la medicina per la ferita che Il rumore dei tuoi passi mi aveva lasciato. Solo che ne aveva aperta un'altra, forse più profonda.
Mi ero innamorata, avevo perso la testa, in quel modo succede raramente. Non parlavo d'altro, i miei discorsi erano diventati di una monotonia assurda, chi mi stava attorno faticava a stare dietro alle mie problematiche da fan impazzita.

2 ottobre 2014, data di uscita di Quella vita che ci manca, il suo terzo romanzo. Il mio primo pensiero quando uscii da scuola fu chiamare tutte le librerie dell'Aquila, mi dissero che le copie sarebbero arrivate poco dopo pranzo. Andai in libreria che gli scatoloni erano ancora chiusi, fui probabilmente la prima in tutta la città a comprarlo. Valentina tornava al punto di partenza: cornice di due dei suoi romanzi, il primo e l'ultimo, appunto, la Fortezza è un quartiere degradato in cui l'unico modo per sopravvivere è l'illegalità. Protagoniste erano due famiglie con storie diverse, ma con lo stesso problema: erano in qualche modo incastrati nel quartiere e, quando provavano ad andar via, c'era qualcosa che li teneva bloccati.

Già sicura di quanto mi sarebbe piaciuto, chiamai mio padre: "Ho un'idea geniale! Contattate Volta La Carta e proponete un'incontro con l'autrice!". "Tu sei tutta pazza!!!", riuscì così a smontare tutti i film mentali che mi ero fatta fino a quel momento. Lasciai stare; primo tentativo fallito, decisi che non ce ne sarebbero stati altri. Infatti non tirai più fuori il discorso. Non io.

Era il 7 ottobre e vedevo che mio padre e la sua ragazza, Giorgia, parlottavano tra di loro, stando attenti a non farmi sentire cosa stessero dicendo. Dopo il mio ennesimo tentativo di farmi notare, proruppi con uno "scusate, ci sono anche io!", ma niente. Non funzionò. Continuavano a parlarsi all'orecchio come fanno due bambini in prima elementare. Mi arrivò un messaggio, lo aprii. Giorgia mi aveva appena mandato una foto. Eravamo una di fronte all'altra e lei mi mandava screenshot di conversazioni?

"Ciao Giorgia, grazie per l'invito sarò felice di partecipare..." no, non poteva essere. Si stavano prendendo gioco di me. Alzai lo sguardo, erano lì davanti che sorridevano e no, non era uno scherzo. Avevano davvero invitato Valentina D'Urbano nella mia città. Per me. L'avevano fatto davvero e io non potevo esser loro più grata di così.

Il conto alla rovescia partì quando mancavano 45 giorni all'evento. Tra sorrisi, pianti, ansie e veri e propri scleri, la app del countdown sul telefono arrivò finalmente a segnare "un giorno mancante". Sentivo che sarei scoppiata di felicità da un momento all'altro, sentivo che, in un modo o in un altro, al giorno dopo non ci sarei arrivata viva. Mi sbagliavo: ero più viva del solito, avevo un pezzo di vita che di solito mancava. Sentii che quel 22 novembre sarebbe stato il più bel giorno della mia vita.

Andai a prendere le mie amiche di Sulmona alla stazione, insieme ci dirigemmo alla galleria commerciale presso la quale si sarebbe tenuta la presentazione di Quella vita che ci manca. Attendemmo l'arrivo della scrittrice facendo qualche partita a biliardino e un giro per negozi. La vidi da lontano scendere dalla macchina, le mie gambe iniziarono a tremare, provai a non darlo a vedere, con risultati davvero scarsi. Il mio sogno era a pochi metri da me.

Entrò nella galleria, io e le mie amiche eravamo poco dietro di lei. Aspettavamo il momento adatto per andarla a salutare. Le andai incontro seguita da Francesca, Ilaria e Camilla. "Ehi! Tu sei Alessandra, vero?". La abbracciai, annuendo. Sapeva il mio nome, mi aveva riconosciuta dalle foto su Facebook.

Sedemmo in un bar e chiacchierammo un po', aspettando le cinque per poter cominciare la presentazione. Presi il posto in prima fila, di fronte alla sedia su cui si sarebbe seduta la mia scrittrice preferita. Lei e Giorgia uscirono dal corridoio e si sedettero una a fianco all'altra, davanti ai nostri occhi. La presentazione si basò su alcune domande che Giorgia pose a Valentina, in seguito passarono la parola a noi fan, chiedendoci se avevamo qualcosa da dire o qualche domanda da fare. Presi il microfono e cercai di descrivere al meglio i sentimenti che avevo provato leggendo i suoi libri. Poi le chiesi se c'era un motivo per il quale nei suoi libri si nota una forte mancanza della figura paterna. Lei mi ringraziò innanzitutto e mi spiegò che non c'era un motivo e che in tutti e tre i libri c'è sempre qualcuno che prende il posto del padre, amico o fratello maggiore che sia. Ci permise poi di fare delle foto insieme a lei e autografò i libri a chiunque lo desiderasse.

La presentazione è andata oltre ogni aspettativa, non ci sono parole per descriverlo. Lei è stata molto disponibile e ha dimostrato di essere una persona fantastica. Se prima potevo dire di essermi affezionata a lei attraverso ciò che scrive, adesso posso dire di esserlo perché l'ho conosciuta di persona ed è una persona migliore di quanto mi aspettassi.

Questa è la storia di come è nato il mio sogno, di come si è evoluto nel tempo e di come, grazie a mio padre, a Giorgia, a Francesca e a Valeria (che ringrazio infinitamente per avermi concesso quest'occasione) si è realizzato.

 

Ultima modifica il Sabato, 06 Dicembre 2014 11:33

Articoli correlati (da tag)

Chiudi