Oggi entrare a palazzo Sciarra, a Roma, equivale a tuffarsi in un vortice di volti, oggetti e colori sbiaditi dal tempo, che appartengono a quasi cento anni fa, ai tempi dei nostri nonni, alle cronache americane dagli inizi della prima guerra mondiale fino agli anni '70.
È questo l'arco cronologico che copre American Chronicles, la retrospettiva di uno dei più grandi illustratori e pittori statunitensi del ventesimo secolo, Norman Rockwell e, nonostante sia stata inaugurata un mese fa, il 10 novembre, sono già stati staccati centinaia di biglietti.
Muovendosi tra i corridoi e le sale del palazzo di via del Corso, sembra quasi di sentire l'odore di polvere sulle copertine del Saturday Evening Post o di patire il dolore e l'attesa delle famiglie americane durante la seconda guerra mondiale. Fino ad innamorarsi e condividere la determinazione della bambina afro-americana di 6 anni al suo primo giorno di scuola (The problem we all live with - Il problema con cui tutti noi conviviamo, 1964).
E sono proprio i bambini il mezzo con cui Rockwell dialoga con l'osservatore. Sono le loro espressioni di gioia, curiosità, paura, indifferenza, trepidazione, che veicolano emozioni positive in contesti di grande disagio sociale. Come le persecuzioni razziali, la guerra, la fame, la disgrazia. Incastonati in ambienti sempre familiari e rurali, che scaldano il cuore e danno anche un calcio agli stinchi, perché non è mai tutto allegro e gioviale come sembra.
Non è difficile riconoscere tra le pennellate dell'artista i volti dei suoi cari, soprattutto dei tre figli e del fratello, che usa ogni qual volta abbia bisogno di un modello. Rockwell, infatti, ordina i vestiti, rigorosamente sartoriali, trova l'ambientazione delle sue opere e dà il via al processo di creazione che non lo impegna mai per troppo tempo, giusto quattro o cinque mesi.
Il suo realismo romantico è godibile attraverso le 323 copertine del Saturday Evening Post, ma anche dalla sua collaborazione con Look e con il mondo del cinema, per cui ha disegnato diverse locandine di film. A corredo numerose fotografie e video che aiutano il visitatore a immergersi nel pensiero dell'artista e a contestualizzare il periodo storico.
La mostra, per la prima volta in Italia è stata curata da Stephanie Plunkett (chief curator del Norman Rockwell Museum) e Danilo Eccher (direttore della Gam di Torino) e si inserisce alla perfezione nel clima natalizio che pervade tutta la capitale.
E tra una cioccolata calda e un acquisto per le stradine del centro, una parentesi culturale sembra quasi d'obbligo.