Mercoledì, 03 Giugno 2015 20:48

La ricerca delle bellezza: perché abbiamo bisogno (anche) di modelle troppo magre

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La moda ha sempre dettato legge. La società con i suoi mali, i suoi sogni e le sue ambizioni ha intessuto uno stretto rapporto con la moda che si è fatta portavoce delle esigenze estetiche di uomini e donne.

Dalle donne minute dal look androgino degli anni Venti fino a quelle curvy degli anni Cinquanta, legate alle voglia di riscattarsi dalle ristrettezze alimentari del secondo dopoguerra; passando per un ritorno al fisico asciutto e sportivo degli anni Sessanta ed un rinnovato amore per le curve negli Ottanta, arriviamo ai più vicini anni Novanta. Nell'era delle grandi top model si afferma l'idea di donna che stretta nei suoi jeans a metà fra il grunge ed il rock rappresenta una bellezza asciutta, semplice ma al tempo stesso eterea ed irraggiungibile. Un'esaltazione della magrezza, un corpo scevro da ciò che non serve come a delineare una mentalità determinata, pronta a rispondere alle prove che il nuovo millennio avrebbe portato.

Gli anni Novanta sono stati però, anche gli anni della diffusione o, per lo meno, della "rivelazione" all'opinione pubblica dei disturbi alimentari, prima fra tutti anoressia e bulimia. Dopo che lo stereotipo femminile della "donna oggetto" si è così intrinsecamente annidato nella televisione, è venuta spontanea la creazione di tali figure. Naturalmente le modelle univano alla bellezza, una grazia e un'eleganza che le distingueva dalle ragazze dei quiz televisivi e dei "balletti" di prima serata ma, in fondo, il risultato sembrava essere lo stesso: un modello sbagliato, un'icona falsa.

Rimane negli occhi, in questo senso, l'immagine di Isabelle Caro, modella anoressica ritratta in maniera provocatoria dal fotografo Oliviero Toscani. La campagna "Nolita", realizzata dal fotografo milanese per il gruppo Flash&Partners, destò allora sostenitori e oppositori, fuori e dentro il mondo della moda. Una cosa però è certa: i 31 kilogrammi della modella, viva nella sua nudità, sembravano gridare dall'alto dei manifesti delle città italiane che ormai la moda esigeva verità. Su quali siano i regimi alimentari delle modelle, non vogliamo né possiamo soffermarci, ma certamente molte di loro erano e sono costrette a diete restrittive per mantenere simili canoni di magrezza.

E mentre sulle passerelle si consumavano (e si spegnevano) le polemiche, sulle strade delle città le donne "normali" non se la passano meglio. La bellezza della donna si imponeva nella società come un requisito a dir poco indispensabile, in qualsiasi campo. Se da una parte si ergeva forte e sicura di sé la "donna in carriera", dall'altra le si chiedeva, non solo di mantenere ben saldi e intoccabili i suoi ruoli di mamma e moglie, ma anche quello di detenere una certa e necessaria bellezza.

Negli ultimi anni la donna sta cercando di liberarsi da alcuni stereotipi che la attanagliano: complice il diffondersi del web e di un modo non così "frontale" di porsi verso qualunque tipo di questione, come avviene invece con la televisione. Resta, però, la necessità di affidarsi a dei modelli estetici, a delle "donne simbolo" che dettino ancora una volta legge su "ciò che è bello".

Premettendo che affidarsi a tali figure è un comportamento "umano" e psicologicamente comprensibile. Ciò che dovremmo chiederci è il perché.

Nei giorni scorsi, le autorità di Londra hanno vietato una pubblicità della maison Yves Saint Laurent perché la modella ritratta (nella foto) sarebbe "troppo magra, se non scheletrica". "Le sue costole sporgono...e le gambe sono molto sottili", si legge nella "sentenza" della Advertising Stanrdards Authority.

Il caso non è isolato nel suo genere. Negli ultimi anni le case di moda hanno seguito il flusso della coscienza popolare, dimostrando un'apparente sensibilità al tema. Nel 2013, Karl-Johan Pesson, amministratore delegato di H&M, colosso svedese della moda low cost, ha detto in un'intervista: "Ci sono molte modelle che sono troppo magre e sottopeso, anche se ce ne sono altre che sono magre al punto giusto, e continueremo a lavorare con quelle finché esse appariranno giovani e in salute".

Il dibattito sulla questione è aperto, tanto da scomodare persino il Parlamento francese. Lo scorso aprile è stata letteralmente bandita per legge l'eccessiva magrezza dalle passerelle d'oltralpe: la Camera bassa dell'Assemblea nazionale ha approvato la normativa promossa dai socialisti nell'ambito della lotta all'anoressia. Eliminare, dunque, "chiunque abbia una massa corporea al di sotto di un certo livello", per evitare che donne così magre diventino icone per le giovanissime.

Sulla base di quanto detto finora, è senz'altro giusto affermare che la malattia, indotta da ragioni socio-culturali, non può rappresentare un'icona di bellezza. E' facile però scivolare su questa convinzione e chiedere unicamente che le case di moda adottino donne "più vere": non una taglia 36, non una 38, facciamo una 42 o giù di lì. Saremmo davvero felici e soddisfatte se si diffondesse nella coscienza comune un "modello più reale"? E soprattutto: esiste un modello "reale"?

Certo, camminado per la città, possiamo stimare una media delle taglie che le donne indossano ma consultare dati statici non significa indagare la realtà. La realtà è che la bellezza della donna sta nella sua complessità, nelle fisicità diverse: fisicità che non dipendono da eccessi o restrizioni di diete ipo o ipercaloriche. Fisicità che si configurano semplicemente come un requisito che la natura impone.

Che le modelle debbano tendere verso la bellezza è fuori discussione, se non per un fatto culturale, per un'esigenza di mercato. Dovremmo però, semplicemente, distinguere il mondo della moda, o in generale dallo spettacolo, dalla realtà. Standardizzare la bellezza ai canoni del nostro tempo, se da un lato può apparirci rassicurante perchè genuflessa all'accettazione della società, dall'altro non ci renderà felici.

La ricerca della bellezza fa parte dell'essere umano ma dobbiamo imparare ad apprezzarla e a trattarla nel modo giusto: smetterla di tendere verso un modello estetico, accettare la nostra fisicità e cercare di valorizzarla. Compiti che valgono non solo per le "giovanissime" che tiriamo in ballo in questi discorsi, ma anche e soprattutto per le donne adulte.

Se riuscissimo davvero ad abbandonare l'idea del raggiungimento di una bellezza stereotipata, plamata dal desiderio di una società ancora per molti versi "uomocentrica", una modella troppo magra non sarebbe un problema.

Ultima modifica il Giovedì, 04 Giugno 2015 12:39

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