Venerdì, 05 Luglio 2013 12:15

Transumanza a piedi: da Anversa alle cinque miglia, la magia del mondo contadino

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Quattro ragazze arrivate in Abruzzo da Milano, raccontano la loro transumanza. Un fine settimana a piedi, con più di 500 pecore, da Sulmona al pascolo sul Piano delle Cinque Miglia, zona tratturale a valle di Roccaraso. Attraversando Anversa degli Abruzzi, le Gole del Sagittario, Castrovalva, Frattura Vecchia e Scanno. I loro passi scanditi dalla campanelle e dallo scricchiolio dei rami, lontano dalla vita cittadina e dai problemi di ogni giorno, tra paesaggi meravigliosi che sono la ricchezza del nostro territorio. 

“La notte del 6 aprile 2009 eravamo in Francia. Mio padre, allevatore di capre, ci svegliò all’alba per dirci che c’era stato il terremoto a L’Aquila. Erano giorni che c’erano leggere scosse e noi non ci preoccupammo, e tornammo a dormire. Al risveglio ci rendemmo conto di cosa era successo e iniziò una rincorsa ai cellulari per capire se tra i 309 morti c’erano anche i parenti di Isa. Dopo ore prendemmo la linea, tutti salvi, ma la paura fu terribile. Non lo auguro davvero a nessuno”.

Ludo, francese, marito di Isabella, aquilana, ci racconta la storia del suo terremoto seduto sulla veranda della casa di paglia di Pescomaggiore, frazione dell’Aquila. Il Progetto EVA nasce dopo il sisma, con la costruzione di 5 case ecosostenibili, antisismiche e immerse nella natura delle colline. L’architetto Paolo Robazza arrivò da lontano per insegnare come costruirle: ci abitano 3 famiglie e una è in arrivo. Negli anni sono arrivati tanti volontari per aiutare nella costruzione dell’ecovillaggio. Oggi, sfidando l’aridità di quelle terre senz’acqua, ci sono piccole coltivazioni di farro, grano saraceno, zafferano e ortaggi dall’orto sinergico. Pochi metri più in là, 25 abitanti popolano le rovine dell’antico borgo di Pescomaggiore.

Proprio durante queste fresche sere si svolge una manifestazione teatrale tra le ombre delle antiche grotte su cui sorgono le storiche case (Nell’oscurità delle grotte, ndr). Con le mie amiche, in viaggio da Milano, gustiamo i panini nel bosco e ascoltiamo quest’uomo pacato che ha scelto di vivere tra le rovine e studia la natura selvaggia abruzzese, accettando tollerante la scandalosa burocrazia italiana.

Sì, perché L’Aquila indigna nelle viscere. Alle catastrofi naturali ci si riesce ad abituare, nonostante le difficoltà, ma le vie buie e deserte del centro storico, le impalcature che reggono palazzi grandiosi che cascano a pezzi, i militari poco più che maggiorenni che fanno i pali ai cartelli della ‘Zona Rossa’, sono una ferita nel cuore. “Per tenere in piedi le rovine dell’Aquila, sono stati spesi tutti i soldi pubblici arrivati dopo il terremoto, spesi subito senza poter recuperare niente poi. Qui è tutto fermo, il centro è deserto, ma la speranza non muore mai”, ci racconta una ragazza abruzzese che era venuta a L’Aquila a studiare ed è rimasta anche dopo.

Il 2009 è l’anno Zero di molte persone, c’è un prima e c’è un dopo, come un lutto importante in famiglia, poi la vita di colpo cambia e in qualche modo si deve ricominciare, e nella voce delle persone si ascolta vivo l’orgoglio di chi è rimasto o di chi addirittura è tornato a vivere a L’Aquila. 

foto 5Un nuvoloso giovedi di fine giugno, e fresche del racconto sulla transumanza dello scorso anno da parte di un’avventurosa nonna cremonese, tre amiche ed io, dopo varie ore di treno, arriviamo a Sulmona, importante centro nel cuore dell’Abruzzo. Qui il terremoto non ha fatto danni e le terre sono molto più floride, grazie agli innumerevoli corsi d’acqua che scendono dalle montagne. Ci aspetta Nunzio, famoso nella zona per la sua azienda agricola di allevamento ovino. In realtà, dopo il terremoto, l’economia stentava a riprendersi e Manuela, venuta tanti anni fa dalla Toscana per lavorare con le pecore, si inventò la bellissima iniziativa ‘Adotta una pecora’, fiore all’occhiello de La Porta dei Parchi. Mantenendo a distanza una delle centinaia di pecore, si ricevono in cambio i prodotti del lavoro: formaggi, lana, carne. Da tre anni, invece, la transumanza a piedi, antica attività contadina e fulcro economico e sociale della vita delle persone per molti secoli, è diventata un’attività pubblica e aperta a chiunque voglia immergersi in un fiume di pecore.

Proprio un fiume. La prima impressione è stata questa: la mattina successiva, dopo aver dormito nello spettacolare borgo di Anversa degli Abruzzi, circondato da montagne selvatiche, alle 7 in punto si apre un cancello ed escono 524 pecore, non una di meno, pronte a partire insieme ad uno strano gruppetto di una trentina di persone. Famiglie, ragazzi, qualche americano arrivato in Abruzzo per vie traverse, bambini, woofers (giovani volontari provenienti dalla rete WWOOF), un cavallo, 15 cani un po’ addormentati e ovviamente i pastori. Di pastori italiani ne sono rimasti ben pochi, il lavoro è duro, immagino sia difficile sostenere la solitudine durante i mesi al pascolo, oltre ovviamente al lavoro quotidiano. I nostri pastori, infatti, sono rumeni, arrivati in Italia con tutta la famiglia e vivono in azienda. Il padre è maestro formaggiaio e produce delle delizie incredibili che ci accompagnano per tutti e tre i giorni: ricotta, pecorini, formaggi con le erbe e con il peperoncino, scamorze, caciottine. Uno dei due pastori ha 16 anni e due occhi di ghiaccio penetranti, parlava pochissimo ma a volte, in questi giorni, lo abbiamo sorpreso a guardarci per parlare (o sparlare?) di noi con suo fratello, nella loro lingua. Immagino che ai suoi occhi sembravamo un po’ pazzi: avevamo pagato (poco, per il vitto e l’alloggio) per andare a fare quello che faceva lui, accompagnandolo nel suo lavoro, che probabilmente svolgeva un po’ controvoglia, pur sempre da sedicenne.

foto 1Il primo giorno, attraversiamo il paesaggio selvaggio delle Gole del Sagittario, descritto da D’Annunzio nella tragedia “La fiaccola sotto il moggio”, per raggiungere il piccolo borgo di Castrovalva, incastonato sopra le Gole e dipinto dal pittore olandese Escher, che si innamorò dell’Abruzzo e si ispirò. Svalichiamo una montagna e arriviamo a Frattura Vecchia, antico borgo pastorale quasi abbandonato. Dopo aver camminato per ore ci buttiamo tutti sul prato a riposare. Le pecore rimangono a qualche centinaia di metri più in là a pascolare.

Spostarsi a passo di pecora è emozionante e al tempo stesso rilassante. Si muovono lente, mangiando in continuazione l’erba che trovano. A volte qualcuna rimane indietro e appena se ne accorge corre all’impazzata ad una velocità che non ti aspetti per raggiungere il gregge (in inglese flock: in giro con gli americani è una parola che si usa spesso). Non mi ero mai soffermata sul significato della parola gregge, fino a questi giorni. Una massa uniforme che si muove come un oggetto unico, oscillante, che mai si dissolve. Ogni componente segue quello davanti a sé e si ferma, se quello davanti si ferma, per poi riprendere insieme, con tutte le altre pecore. E’ davvero una sensazione particolare finirci in mezzo (fino ad oggi, vissuta solo guardano i film, nelle scene esilaranti di automobili bloccate da un gregge di passaggio), soprattutto se segui quel ritmo scandito dal tuo singolo movimento ma intonato con quelli degli altri, senza poterlo modificare perché è il gregge che ha quella velocità e non ognuno dei componenti. Il significato sociologico del comportamento del gregge che richiama alle follie collettive, a personalità poco carismatiche, non ha mai sfiorato i nostri pensieri durante questi giorni. Al contrario, tutto sembrava naturale e scandito dal ritmo degli animali che volentieri si spostano in cerca di pascoli più verdi.

Arriviamo al Lago di Scanno, a forma a cuore; antico lago formatosi duemila anni fa dalla ‘frattura’ della montagna sovrastante, creando una diga naturale. Visitiamo il borgo, a 1100 metri di altitudine, nato dall’economia pastorale e dove ancora oggi si incontrano le anziane con i costumi tipici, di lana, pesantissimi. E’ un paese matriarcale, gli uomini per tanti mesi all’anno erano lontani con le pecore, e le donne si occupavano di tutto. Ceniamo abbondantemente (il cibo è una costante, gli spuntini e i pranzi sono frequentissimi, accompagnati da un vino rosso cerasuolo) e dormiamo in tenda o in agriturismo. La domenica camminiamo per qualche ora nei boschi per raggiungere la meta: un ampio e splendido pascolo sul Piano delle Cinque Miglia, zona tratturale a valle di Roccaraso. Qui le pecore si fermeranno fino ad ottobre, quando si potrà partecipare alla transumanza del rientro invernale.

Le mie amiche ed io partiamo subito per L’Aquila, dove proviamo ben più complicate emozioni.
Questa esperienza abruzzese è consigliata a tutti. Sia per i racconti cosi umani e cosi vivi che rimarranno per sempre dentro di noi, sia per le lunghe ore di cammino in cui si riesce a portare la mente ai propri passi costanti, scanditi dalla campanelle e dallo scricchiolio dei rami, lontano dalla vita cittadina e dai problemi di ogni giorno. Ma anche per ritrovare il senso delle nostre radici italiane, fatte di terra, di fatiche e di incredibile cultura.

Un grazie particolare a Viaggi e Miraggi che promuove l’iniziativa.

di Paola Tierri

 

Ultima modifica il Sabato, 06 Luglio 2013 12:41

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