Prevalentemente maschili, concentrate a Milano, Roma e Torino, e dedite per la gran parte alla fornitura di servizi alle imprese.
È l’identikit delle startup innovative italiane che emerge dall’ultimo rapporto InfoCamere (con dati aggiornati a dicembre 2015) e dalla prima piattaforma web interattiva delle neo imprese ad alto contenuto di innovazione, realizzata e lanciata da Aster, il consorzio pubblico-privato dell’Emilia Romagna per la ricerca e sviluppo e per il trasferimento tecnologico.
Dal dossier viene fuori un Paese, l'Italia, in fermento - in cui le imprese tecnologiche sono in crescita - ma ancora molto lontano da nazioni come Francia, Germania e soprattutto Regno Unito, soprattutto per ciò che concerne capitalizzazione e giro di affari.
I numeri
In Italia le startup iscritte alla sezione speciale del registro delle imprese sono 5 mila 154, metà delle quali sono localizzate in cinque regioni: Lombardia (1127), Emilia Romagna (577), Lazio (502), Veneto (385) e Piemonte (354).
La provincia con il più alto numero di start up è Milano (761), seguita da Roma (434) e Torino (267). Ma guardando la classifica dell’incidenza, sul totale delle società, emerge un diverso e inedito triangolo industriale: Trento, Trieste e Ancona.
Cifre che stanno a indicare una scarsa concentrazione e una certa dispersione. Se da un lato è positivo il fatto che la voglia di provare a fare impresa sia trasversale a geografie e settori, dall'altro ciò comporta una carenza di hub in grado di competere ad esempio con città come Londra o Berlino.
Anche il Sud non sta a guardare: le regioni più dinamiche sono Campania (309), Sicilia (246), Puglia (200).
L'Abruzzo si colloca un po' più indietro, con 113 start up. Andando a leggere questo dato a livello provinciale, viene fuori che la provincia con il maggior numero di imprese innovative è quella dell'Aquila (36), seguita da Pescara (34), Chieti (22) e Teramo (21).
Dimensioni ridotte e scarsa crescita
Un altro tallone d'Achille che deve scontare l'Italia, oltre a quello della dispersione geografica delle startup, è rappresentato dalla loro scarsa dimensione.
Le oltre 5 mila startup censite danno lavoro a 5.351 persone, il che significa che in media in ogni startup lavorano appena 2,8 persone. Il giro d’affari, nelle startup che hanno reso noti i propri bilanci, è di 119 mila euro ma la metà non arriva a 25 mila.
E qui veniamo al secondo punto dolente: le startup "scale up", cioè le aziende innovative che crescono oltre una certa dimensione, raccogliendo almeno un milione di dollari di finanziamenti. In Italia sono 72, contro le 399 del Regno Unito, le oltre 200 di Francia e Germania. Ma, se rapportiamo il dato al Pil, siamo sotto anche alle 40 del Portogallo.
Il problema principale si chiama mancanza di capitale di rischio. Dopo anni di crisi (2013 e 2014), però, lo scorso anno il venture italiano ha mostrato segni di ripresa. Si sono viste operazioni all’altezza degli standard esteri, come i 16 milioni di euro raccolti da Moneyfarm (piattaforma online di consulenza finanziaria) o i 10 milioni per DoveConviene, che ha digitalizzato i volantini promozionali dei negozi.
E all'orizzonte ci sono anche gli annunciati investimenti pubblici: la Cassa depositi e prestiti ha messo a disposizione 100 milioni di euro con cui integrare i fondi venture e la stessa cosa ha fatto Invitalia, mettendo sul piatto 50 milioni.
Settori merceologici, giovani, donne
Sotto il profilo settoriale, il 72% delle startup innovative fornisce servizi alle imprese (in particolare, prevalgono le seguenti specializzazioni: produzione software e consulenza informatica, 29,9%; attività di R&S, 15,4%; attività dei servizi d’informazione, 8,1%), il 19% opera nei settori dell’industria in senso stretto (su tutti: fabbricazione di computer e prodotti elettronici e ottici, 4%; fabbricazione di macchinari, 3,4%; fabbricazione di apparecchiature elettriche, 2,2%); il 4,2% delle startup opera nel commercio.
Il peso delle nuove imprese innovative sulle società di capitali del comparto è più elevato della media (pari allo 0,33%) nei servizi alle imprese (1%) e nell’industria in senso stretto (0,43%). In particolare, si evidenzia che il 22,5% delle società di capitali che operano nelle attività di R&S sono startup innovative; rilevante è anche la quota di startup innovative fra le società dei servizi di produzione di software (6,3%).
Le startup con una compagine societaria a prevalenza femminile sono 678, il 13,2% del totale delle startup innovative, contro un rapporto del 16,6% se si prendono in esame le società di capitali femminili sul totale delle società di capitali. Le società in cui almeno una donna è presente nella compagine societaria sono 2.277 (44,3% del totale startup, quota inferiore a quella delle società di capitali con presenza femminile, 50%).
Le startup a prevalenza giovanile (under 35) sono 1.236, il 24% del totale, una quota pari a poco più di tre volte rispetto a quella delle società di capitali con prevalenza giovanile (7,1%). Le società in cui almeno un giovane è presente nella compagine societaria sono 2.043 (39,7% del totale startup, contro un rapporto del 14% se si considerano le società di capitali con presenza giovanile).