Esportazioni a picco (specie nei settori a valore aggiunto), saldi “demografici” delle imprese negativi, boom della disoccupazione giovanile, un’emigrazione solo parzialmente compensata dai nuovi arrivi di cittadini stranieri.
E’ un quadro a dir poco preoccupante quello dipinto dagli indicatori economici della provincia dell’Aquila forniti dalla Cgil, illustrati in conferenza stampa dal segretario provinciale della Camera del Lavoro Francesco Marrelli e da Luigi Antonetti, segretario provinciale Filcams.
Sono cifre che disegnano uno scenario di crisi profonda del territorio, per fronteggiare il quale il sindacato chiede l’immediata attivazione, da parte della Regione Abruzzo, di un tavolo istituzionale per disegnare una nuova strategia per il futuro della aree interne.
“Gli indici economici della provincia dell’Aquila descrivono una situazione di criticità e di fragilità dell’intero territorio” afferma Marrelli “Anche i settori trainanti, che vedevano una condizione anticiclica durante la crisi economica, hanno subito negli anni forti rallentamenti. Infatti se partiamo dal dato delle esportazioni, il cui valore era pari a 996.939.306 euro nel 2008, dobbiamo registrare una drastica diminuzione fino ai 603.233.103 euro nel 2018, con una riduzione del 39,5%. Nello specifico, per quanto concerne i settori trainanti, quali ad esempio sostanze e prodotti chimici; articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici; computer, apparecchi elettronici e ottici; apparecchi elettrici; mezzi di trasporto; attività professionali, scientifiche e tecniche; attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, il dato risulta ancora più allarmante passando da un valore del 2008 di 690.271.507 euro ai 426.795.197 euro del 2018, con una riduzione pari al 38,17%”.
“Sul fronte delle imprese inoltre” continua Marrelli “si riscontra una preoccupante inversione di tendenza tra iscrizioni e cessazioni dal 2014 in poi. Infatti fino quell’anno le iscrizioni al registro delle imprese risultavano maggiori rispetto alle cessazioni. Nell’anno 2009 risultavano 1918 iscrizioni contro 1473 cancellazioni, con un andamento che è rimasto simile fino al 2013; nel 2014 tuttavia, l’anno in cui questa tendenza ha subito una drastica inversione, ci sono state 1715 cancellazioni contro 1567 iscrizioni, e tale andamento si è protratto fino al 2017 con 1614 cancellazioni rispetto a 1478 iscrizioni di nuove imprese. Dal 2014 al 2018, in conclusione, siamo passati da 26.690 attività iscritte del 2014 a 26.358 del 2018”.
Le cose non fanno meglio sul fronte occupazionale: “Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni), che si attestava nel 2008 al 25,5%, è balzato nel 2018 al 31,1%. A ciò si aggiunga che il tasso di disoccupazione riferito a tutte le persone con oltre 15 anni è passato dall’8,3% del 2008 al 9,8 % del 2018. Tra l’altro la popolazione lavorativa ha subito in dieci anni un invecchiamento esponenziale passando dal 31,3% degli occupati tra gli over 54 (le persone occupate dai 55 ai 64 anni) del 2008 al 57,9 del 2018. L’unico indice che subisce una crescita nel periodo 2008-2018 è quello riferito agli addetti delle società cooperative, conseguenza anche di esternalizzazioni si servivi pubblici o utilizzo di detta tipologia di società negli appalti, che passa dal 3,5% del 2008 al 4,3% del 2018”.
“La provincia dell’Aquila” osserva Marrelli “già prima del sisma aveva subito pesantemente le conseguenze della crisi economica, laddove dai 124.000 occupati del 2007 si era passati ai 117.000 del 2008. Successivamente, dopo il terremoto, il numero di occupati in provincia è sceso al picco minimo di 107.000 al 31 dicembre 2014, con calo complessivo di 17.000 posti di lavoro. Oggi infine, secondo i dati Istat, stimiamo che il nostro territorio ha perso a partire dal 2007 circa 10.000 occupati (al 2018 risultavano circa 114.000 lavoratori) con un recupero parziale ma ancora lontano da un’effettiva ripresa occupazionale”.
“La nostra dunque” nota il segretario provinciale della Cgil “è una provincia che vive una grave condizione di spopolamento delle aree montane dovuta alla scarsità di lavoro e di servizi offerti alla collettività. Si stimano, sempre secondo dati Istat riferibili al decennio 2009-2019, circa 10.200 residenti in meno in tutta la provincia, e nel solo triennio 1° gennaio 2016-1° gennaio 2019 un delta negativo di meno 4208 residenti. Tutto ciò è dovuto anche a un saldo naturale tra mortalità e natalità costantemente in negativo, ma ciò che dovrebbe maggiormente preoccupare la politica e le istituzioni sono i saldi migratori dei capoluoghi di provincia per trasferimento di residenza intraprovinciale ed interprovinciale".
"Nel periodo analizzato 2012-2017 si riscontra che l’andamento dei trasferimenti verso province della stessa regione è costantemente in negativo ed è così caratterizzato: 2012 saldo -275, 2013 saldo -99, 2014 saldo -106, 2015 saldo -192, 2016 saldo -130, 2017 saldo -69, per un saldo totale di -871. Tale andamento negativo riguarda ancor più i trasferimenti in province di altre regioni: 2012 saldo -201, 2013 saldo -85, 2014 saldo -137, 2015 saldo -258, 2016 saldo -178, 2017 saldo -293 per un saldo totale di -1152. Si tenga presente che se il dato sullo spopolamento non assume ad oggi un carattere di assoluta drammaticità è per il saldo positivo dei trasferimenti dall’estero che continua, nonostante tutto, ad avere andamenti positivi. Infatti dal 2012 al 2017 risulta un incremento di trasferimenti dall’estero verso la nostra provincia come di seguito ripartiti: 2012 +243, 2013 +220, 2014 +182, 2015 +172, 2016 +303, 2017 +452, per un totale di 1772 nuove iscrizioni dall’estero”.
“Ricordiamo infine” continua Marrelli “che tutte le problematiche che abbiamo trattato riguardano il nostro territorio provinciale, che per estensione rappresenta il 50 % dell’intera superficie regionale e gran parte delle aree interne dell’Abruzzo. Da anni la Cgil dell’Aquila sollecita la necessità e l’urgenza di definire una vera e propria “Strategia per le Aree Interne dell’Abruzzo”, una strategia che affrontando i nodi degli investimenti per l’occupazione, per i servizi e per le infrastrutture, che inverta una tendenza ormai decennale di uno spopolamento continuo e inesorabile”.
“Le aree interne” conclude Marrelli “devono rappresentare un potenziale motore di sviluppo per l’intero territorio regionale, non solo per le ricchezze ambientali che offrono ma soprattutto per le capacità e la storia delle comunità che stabilmente vi risiedono. Per tale ragione bisogna immediatamente avviare un tavolo di confronto con la Regione Abruzzo che tenga presente le priorità da affrontare come lo sviluppo industriale e gli investimenti per i settori produttivi, la tutela e la conservazione ambientale e la messa in sicurezza del territorio attraverso una seria politica di interventi di prevenzione contro le calamità naturali, l’implementazione dei servizi essenziali e indispensabili”.