Giovedì, 23 Marzo 2023 16:14

CRESA: tra gap e buoni posizionamenti l'analisi dei divari territoriali in Abruzzo

di  Redazione

 Il CRESA, Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della Camera di Commercio del Gran Sasso, ha analizzato i divari territoriali tra Abruzzo, Centro-Nord e Mezzogiorno esaminando cinque tematiche relative alla coesione socio-economica, ricchezza misurata con il Pil pro capite, valori delle risorse umane come istruzione e competenza, occupazione e di attrattività di flussi demografici giovanili, che rappresenta, insieme ai diritti di cittadinanza che verranno trattati nel Temi e problemi 2/2023, una delle direttrici fondanti del PNRR.

In linea generale si rileva l’esistenza di ampi gap strutturali tra Mezzogiorno e Centro-Nord aggravati da mancanza di tendenze di convergenza e la presenza di diversità in ambito sub-meridionale dovuti a fattori di collocazione geografica e di marginalità territoriale. L’Abruzzo rispecchia in pieno tale situazione: si colloca in posizione intermedia tra il Centro- Nord e il Mezzogiorno per la posizione di confine con il Centro e cresce a due velocità, con le aree interne che mostrano maggiori difficoltà rispetto al resto del territorio regionale.

L’Abruzzo riporta un Pil pro-capite di 24,4 mila euro, pari al 132,1% del Mezzogiorno e al 73,1% del Centro-Nord, che la posiziona a capo della classifica delle regioni meridionali, con un andamento ventennale crescente ma in modo più debole del resto del Paese.

L’Aquila e Chieti registrano i valori più elevati (superiori a 26 mila euro), Pescara (25 mila euro) e Teramo (24 mila euro) valori inferiori ma non distanti dalla media regionale.

I livelli d’istruzione abruzzesi sono molto migliori non solo di quelli meridionali ma anche di quelli centro-settentrionali. Il 22,5% dei residenti tra i 25 e i 49 anni ha fatto al più la terza media (Mezzogiorno: 32,8%; Centro-Nord: 24,5%) e il 29% ha conseguito un titolo di studio terziario (Mezzogiorno: 22,6%; Centro-Nord: 27,6%). L’incidenza di giovani con basso titolo di studio è superiore solo al Trentino-A. A. (18,8%), al Friuli V.-G. (21, 0%) e all’Umbria (21,2%) e quella di laureati è più bassa del solo 30,8% del Lazio. Anche le variazioni su base decennale sono simili a quelle dell’area più avanzata del Paese. A livello provinciale è Teramo a registrare la quota maggiore di giovani poco istruiti e la minore di laureati.

In Abruzzo il grado di competenza in matematica degli studenti di terza media (VIII grado) è lievemente superiore alla media nazionale (rispettivamente 194,6 e 194,2 contro il 178,5 del Meridione) e in netto miglioramento negli ultimi dieci anni tanto che la regione precede nella classifica non solo quelle del Mezzogiorno ma anche il Lazio. Pescara e Teramo riportano i punteggi più elevati (superiori a 195), seguiti dall’Aquila (194,3) e Chieti (193,5). L’incidenza dei bassi livelli di competenza in matematica degli studenti meridioni frequentanti il V superiore (XIII grado) nell’anno scolastico 2021-è del 67%, vicino al doppio del Nord e ai tre quarti del Centro e dell’Abruzzo, quella degli alti livelli è del 15,8% pari a quasi la metà del Centro e della regione e a quasi un terzo del Nord. L’Abruzzo si posiziona al 2° posto della graduatoria delle regioni meridionali preceduta dal solo Molise. Le quattro province fanno registrare valori dei bassi livelli analoghi a quello medio regionale, per quanto riguarda invece la fascia alta spicca L’Aquila (27%), seguita da e Pescara e Chieti (entrambe intorno al 26%) e infine Teramo (25%).

Nel 2021 in regione il tasso di occupazione giovanile (25-34 anni) è del 62,4%, 16,7 p.p. superiore al Mezzogiorno e 10 p.p. inferiore al Centro-Nord, con un andamento di lungo periodo meno decrescente del resto del Paese. L’Abruzzo si posiziona al primo posto tra le regioni del Sud e Isole grazie al valore particolarmente elevato di Teramo (71,3%) seguito a distanza da Pescara (64,2%), Chieti (60,3%) e L’Aquila (53,0%).

L’indice migratorio regionale è meno negativo del Mezzogiorno: nel 2020 ogni 100 movimenti anagrafici l’Abruzzo ha perso 14 residenti tra i 25 e i 34 anni per flussi interni extra-regionali (Centro-Nord: +22; Meridione: -42) e 56 per quelli esteri (Centro-Nord: -49; Meridione: -53) con un andamento tra il 2005 e il 2020 decrescente peggiore anche di quello della circoscrizione di appartenenza pur restando a capo delle regioni del Sud e Isole.

Si rilevano per il 2020 contrazioni intorno al -6% a Pescara e al -10-11% nelle altre province. Il Mezzogiorno è spinto dei bassi livelli di ricchezza e di competenza (con ripercussioni negative sulla qualità del patri- monio di conoscenza e, quindi, sul capitale umano) e dalle difficoltà occupazionali dei giovani verso una robusta mobilità in uscita che rappresenta essa stessa una forte minaccia per il futuro.

La regione si pone nel complesso in posizione intermedia tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ma nell’ultimo decennio mostra in diversi campi minore velocità di sviluppo rispetto alla circoscrizione di appartenenza.

La minor “vivibilità” comporta un forte declino demografico che rappresenta il vero vulnus per lo sviluppo. La popolazione meridionale e abruzzese, al contrario di quella centro-settentrionale, si è contratta negli ultimi dieci anni a causa della denatalità, che non è compensata dall’allungamento della vita, e dai flussi verso altre aree e si stima che, a condizioni invariate, nel 2050 registreranno un’ulteriore contrazione che sarà quasi quadrupla rispetto alla media delle altre regioni. Inoltre nel Sud e Isole e ancor più in regione più rapido è l’impoverimento della struttura demografica.

Scende il peso dei giovani sul totale dei residenti e aumenta la quota di over 65 con previsioni di ulteriore peggioramento. Severo è il pericolo che tali fenomeni, se non saranno attuate efficaci politiche per arginarli, porteranno gravi conseguenze: il Mezzogiorno vedrà precipitare la popolazione in età attiva e, quindi, anche la forza lavoro necessaria per sostenere quella che è stata ed è la ricchezza sua e, grazie alle migrazioni, anche dell’area centrale e, in misura anche maggiore, settentrionale. Inoltre, all’aumentare della popolazione anziana aumenterà anche la domanda di servizi sanitari e socio-assistenziali la cui offerta già allo stato attuale, come si vedrà in uno dei prossimi numeri di Temi e problemi, nel Meridione appare insufficiente e inadeguata ed è destinata a peggiorare al diminuire del gettito fiscale che la finanzia.

Il ritardo del Mezzogiorno, insomma, potrebbe provocare quello che la SVIMEZ ha definito uno “tsunami demografico” e le risorse del PNRR rappresentano un’occasione irripetibile che il Paese tutto non può permettersi il lusso di perdere. Una delle sei missioni del PNRR è, infatti, “Inclusione e coesione” con uno stanziamento di quasi 30 miliardi di €.

Al suo interno sono previsti "Interventi speciali di coesione territoriale", per la riduzione dei divari tra le diverse aree del paese: demografici, sociali economici e di servizi tra zone interne/rurali, montane, periferiche e urbane e nello sviluppo delle competenze, degli investimenti. I due interventi attraverso i quali si prevede di conseguire tali obiettivi sono il Piano per la resilienza delle zone interne, periferiche e montane (830 milioni di euro) e i Progetti per lo sviluppo del Sud (1,1 miliardi di euro). A ciò si aggiunge il Fondo complementare che prevede 2,5 miliardi di euro di cui 1,8 milioni per interventi nelle aree del terremoto 2009 e 2016, 300 milioni per il miglioramento dell'accessibilità e della sicurezza delle strade delle Aree interne e 350 milioni in favore degli ecosistemi per l'innovazione al Sud in contesti urbani marginalizzati.

Ultima modifica il Giovedì, 23 Marzo 2023 22:41
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