Venerdì, 29 Novembre 2013 17:14

Le donne afghane chiamano l'Italia. Intervista a Mobina, di Rabia Balkhi Radio

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La violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani. Per questo ogni anno si celebrano i cosiddetti 16 giorni di attivismo: ricorrenza che lega il 25 novembre - giornata internazionale contro la violenza sulle donne - al 10 dicembre, data in cui si celebrano i diritti umani. Donne e uomini in tutto il mondo, in questi giorni, si mobilitano per ricordare che la violenza, in tutte le sue forme, richiede l’intervento delle istituzioni, primi garanti della difesa dei nostri diritti.

ActionAid ha invitato in Italia una delegazione di donne afghane per incontrare i nostri politici. Si tratta di tre parlamentari e la Vice-Ministra del Ministero Affari Femminili, accompagnate da Maliha, che si occupa di diritti delle donne per l’ufficio di ActionAid a Kabul, e Mobina, direttrice di Radio Balkh. Una visita che si svolge nel quadro del progetto “Stop alla violenza contro le donne” che ActionAid porta avanti nella provincia di Herat in Afghanistan. Il progetto prevede non solo servizi di supporto alle donne che subiscono violenza, ma anche attività di pressione politica sulle istituzioni afghane e italiane.

Tra i vari incontri istituzionali, giovedi 28 novembre - alla Camera dei Deputati - i parlamentari italiani e afghani hanno discusso del futuro dell’Afghanistan: a breve le truppe internazionali lasceranno il paese e in un contesto dove ancora dominano guerra e povertà è necessario che l’Italia faccia la sua parte per garantire che i diritti delle donne siano priorità dell’agenda internazionale.

NewsTown ha incontrato Mobina Sai Khairandish che collabora con ActionAid sui progetti per i diritti delle donne. Da nove anni dirige la Rabia Balkhi Radio (RBR), una delle prime stazioni radiofoniche indipendenti nate dopo la caduta del regime talebano e conduce un programma in cui si forniscono informazioni e consulenze legali sui casi di violenza e discriminazione.

Una delegazione di donne con ruoli e competenze diverse e una battaglia comune: la promozione dei diritti delle donne in Afghanistan. Qual è lo scopo del vostro viaggio in Italia?

Nel luglio di quest’anno, le Nazioni Unite hanno pubblicato una analisi delle aree di maggiore e minore successo in termini di promozione e tutela dei diritti delle donne in Afghanistan. La valutazione è stata che negli ultimi 10 anni si sono fatti notevoli passi avanti ma che esiste un clima di “estrema e persistente violenza” nei confronti delle donne. La transizione verso il ritiro delle truppe internazionali è una grande sfida e siamo qui per chiedere al Governo italiano di continuare il lavoro congiunto in difesa della popolazione afgana.

Cosa può fare il nostro paese per le donne afghane? Quali le azioni necessarie per promuovere i diritti delle donne e contrastare la violenza?

A luglio del 2012, in occasione della Conferenza di Tokyo, il Sottosegretario agli Affari Esteri Staffan De Mistura si è battuto per includere nella dichiarazione finale riferimenti specifici a impegni per promuovere e tutelare i diritti delle donne afgane. Quello che ci aspettiamo è che il Governo italiano continui a sostenere queste iniziative anche dopo il 2014. Inoltre è importante che i diritti delle donne non siano oggetto di contrattazione nelle negoziazioni di pace e che le donne costituiscano almeno il 30% dei partecipanti in tutti i processi di pace e di riconciliazione e in tutti i processi decisionali.

L'Afghanistan è un paese che vive un importante periodo di transizione: nel 2015, con il ritiro delle truppe internazionali, inizierà il così detto "decennio della trasformazione". Quali criticità vive oggi il paese e quali le speranze e i timori per i prossimi anni?

Il rischio più grande è il peggioramento della instabilità in Afghanistan. In particolare noi donne temiamo che, per tentare di mantenere la stabilità, vengano perseguiti degli accordi con gruppi armati di opposizione che mettano in discussione i diritti acquisiti dalle donne in questi ultimi anni.

Negli ultimi anni c'è stato un miglioramento, almeno dal punto di vista legislativo, nella tutela dei diritti delle donne. Cosa si è fatto, invece, per garantire sistemi di sostegno alle donne vittime della violenza come l’assistenza medica, sociale, psicologica o legale?

Nel nostro paese, affermare la nostra identità di donna comporta difficoltà e rischi. Il nostro ruolo all’interno della società non è riconosciuto.. Gli uomini non tollerano che lavoriamo fuori dalle mura domestiche. Anch’io ho dovuto combattere con forza, sia durante i miei studi che per avere il riconoscimento ufficiale del ruolo di consulente paralegale. A lungo le autorità si sono opposte. Finché lavoravo a titolo volontario il mio ruolo era più accettato, quando ho voluto rendere pubblico il mio impegno, anche per dare più efficacia al mio lavoro, sono sorti molti problemi. Adesso la realtà dei centri di ascolto e assistenza è riconosciuta e rispettata ma rimane il problema dei fondi e della continuità del nostro lavoro, che è un altro modo per tentare di impedirlo.

Spesso, le donne subiscono violenza negli ambienti domestici. Come succede anche qui in Italia. Come abbattere il muro del pregiudizio e della paura?

Mi stupisce sapere che anche in altri paesi, in cui la condizione della donna è sicuramente più tutelata, ci sono ancora situazioni così drammatiche. Io ho capito che cedere alle minacce è la cosa peggiore da fare. Ma da soli non è facile opporsi. Bisogna che le donne si uniscano e siano sempre più determinate a combattere per il cambiamento. Per se stesse e per altre donne che hanno meno risorse e che ancora vivono nella paura.

Ultima modifica il Sabato, 30 Novembre 2013 09:32

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